Chicco era un simpatico orsetto bianco. Il suo pelo era liscio e morbido. Sul suo muso spiccava un piccolo e lucido naso nero e due occhietti, altrettanto neri, furbi e accattivanti. Chicco era un orsetto speciale: si, lui era un peluche. Se ne stava tutto il giorno seduto sopra alla mensola più alta nella vetrina del negozio di giocattoli della signora Sofia.
Una soleggiata mattina di maggio, Caterina, accompagnata dalla zia, passò davanti alla vetrina di quel bellissimo negozio. Fra due giorni avrebbe festeggiato il suo sesto compleanno e la zia le aveva promesso un regalo speciale. Caterina incollò il naso al vetro e scrutò con attenzione tutto ciò che vi era esposto. Dopo qualche minuto la bambina alzò il suo sguardo che si incrociò con quello di Chicco.
“Lui! Voglio lui!” Esclamò in preda ad un’incontenibile gioia. Entrarono nel negozio.
La signora Sofia prelevò Chicco dalla mensola e sparì nel retro per prendere la scatola, nella quale lo avrebbe riposto. Quando Caterina capì l’intenzione della signora urlò:
“No! Non lo metta lì dentro. Potrebbe soffocare. Lo terrò fra le mie braccia.”
Così per tutto il tragitto che la separava da casa, la bambina strinse sul suo cuore il tenero orsetto.
Una volta giunta nella sua cameretta, posò Chicco sul letto e si sdraiò accanto a lui.
Ad un tratto udì una voce: “Grazie per avermi evitato il trasporto in scatola. È piuttosto scomodo e poi si soffoca là dentro.”
Caterina sobbalzò: “Chi ha parlato?” Chiese intimorita.
“Sono io, il tuo Chicco.”
Caterina spalancò gli occhi: “Lo sapevo che eri speciale.”
Iniziò così la loro grande avventura: Chicco e Caterina non si separarono più. Giocavano molto insieme e la bambina confidava al suo peluche i segreti, le gioie e i dolori che un bambino di sei anni poteva manifestare.
La mamma di Caterina, in un primo momento, si preoccupò che la figlia non cercasse più la sua compagnia, passava tutto il suo tempo con quel pupazzo a parlare, raccontare ed inventare storie. Certo, lei aveva più tempo per se stessa e Chicco, in fondo, era un ottimo babysitter. La mamma non sapeva, non sapeva nulla del loro segreto.
Ogni sera Caterina posava Chicco nel suo letto e prima di chiudere gli occhi diceva: “Buonanotte, Chicco.”
Gli anni trascorsero velocemente e nonostante Caterina badasse al suo peluche in modo encomiabile, la bianca pelliccia di Chicco iniziò a perdere un po’ del suo primitivo candore. Le loro chiacchierate iniziarono a diradarsi, fino al giorno in cui terminarono. Non che ci fosse alcuna colpa da parte di entrambi, ma forse, pensò Chicco, dopo tanti anni gli argomenti si esauriscono. Caterina era sempre molto impegnata: la scuola, la danza, il catechismo, le amiche… il fidanzato… il matrimonio… Il matrimonio!?! Eh, già, Caterina si era sposata ed era andata ad abitare a qualche isolato più lontano dalla casa in cui era nata e cresciuta.
Un giorno la mamma la pregò di aiutarla a sistemare le vecchie cose nella soffitta e Caterina accettò con piacere. Mentre cercavano di trovare una collocazione alle cose più utili e a riempire i sacchi delle cose da gettare, come per magia, Caterina si ritrovò il vecchio Chicco fra le mani. La sua pelliccia non era più bianca, ma aveva assunto un colore paglierino, sembrava un’arachide, nonostante al tatto fosse sempre lo stesso Chicco che ricordava. Il lucido naso nero era divenuto ormai opaco, ma gli occhi erano sempre vispi e intelligenti.
“Oh, Chicco!” Disse Caterina “Quanto tempo è passato! Ti ricordi le nostre chiacchierate?”
“Si, me le ricordo. Eccome se me le ricordo! Che bello rivederti. Raccontami che cosa hai fatto in questi anni.” Ribatté prontamente Chicco, senza rancore alcuno e con una incontenibile voglia di parlare. Caterina però lo mise nel baule dei ricordi e chiuse il coperchio: “Buonanotte, Chicco.” Non lo sentiva più.
Il tempo passò ancora. Caterina era diventata mamma e la sua bambina avrebbe compiuto sei anni fra qualche giorno. Voleva che anche sua figlia avesse un regalo speciale per quel giorno, proprio come era accaduto a lei anni prima. Vagò nelle strade del centro alla ricerca di qualcosa che potesse colpire l’attenzione della bambina, ma nulla sembrava andare bene. Ad un tratto fu colta da una folgorazione! Andò nella soffitta di sua madre, aprì il grosso baule dei ricordi e tirò fuori il vecchio Chicco. Pensò di fasciarlo, ma poi ricordò che a lui non sarebbe piaciuto soffocare nella scatola. Posò il peluche sul letto di Giulia e aspettò.
Quando la bambina entrò nella sua stanza notò subito il nuovo arrivo e fu amore a prima vista. Giulia non si accorse neppure che l’orsetto era, seppur in ottime condizioni, già stato usato e un po’ sciupato.
“Che bel regalo mamma. Grazie tante.” Disse stringendolo al cuore “Lo chiamerò..”
“Chicco.” Suggerì lui.
“Chicco? Si, lo chiamerò Chicco.”
Caterina corrugò la fronte: come poteva sapere quel nome? Baciò la figlia e prese Chicco fra le sue mani, baciando anche lui. Fu allora che sentì: “Grazie Caterina.”
In quel momento capì tutto. Non era stato frutto della sua fantasia: Chicco parlava davvero!
Parlava a tutti coloro che sapevano ascoltare, a coloro che erano buoni e sinceri, a coloro che, seppur cresciuti, conservavano l’animo di un bambino.