La vita non era mai stata facile per Jay. A San Diego, per quelli come lui, niente era facile.
Andava avanti solo perché il pubblico lo applaudiva e gli mostrava tutto il calore possibile quando ballava, saltava e si esibiva.
Nelle giornate più cupe restava in silenzio ad ascoltare l’oceano.
Il rumore delle onde che s’infrangevano sulla baia, la schiuma bianca della risacca che inghiottiva il fine arenile color avorio e rammentava l’intenso blu degli abissi.
Nulla era più come prima, ma Jay non se ne lamentava. Mai.
Il giorno in cui lei arrivò a Jay mancò il fiato. Bella, elegante, sinuosa, non vi erano sufficienti aggettivi per descriverla.
Danzava con grazia e i suoi salti erano perfetti, uno stacco da vera artista.
Kay lo notò subito e ammiccò un leggero sorriso passandogli accanto.
Durante le prove le assegnarono un partner che non era decisamente alla sua altezza. Lo notarono subito tutti. Jay era pronto, sapeva, sperava, di essere chiamato a danzare con quella magnifica creatura. Erano fatti l’una per l’altro.
Il pubblico impazzì.
Jay e Kay: la coppia perfetta.
Una sera d’estate, mentre la luna era già alta nel cielo scuro, non si sa come, si ritrovarono nella piscina. Attorno nessuno.
Kay lo accarezzava delicatamente, nuotando leggera e veloce. Lui sentiva la pelle bagnata e fredda e gli sembrò di impazzire.
Tutto accadde in un attimo: il canto dell’oceano.
Kay lo spinse al fianco, nuotando sempre più veloce. Un colpo di reni e spiccò il salto. Jay la seguì.
Si trovò sospeso in aria, come se stesse volando. Non capiva.
Kay sorrise nel volo. L’oceano. L’oceano.
L’oceano si aprì e li accolse tra spruzzi di schiuma bianca che formarono una sottile pioggia marina nel cielo scuro e sereno.
Il giorno seguente su tutti i giornali si lesse: “J e K, le due orche del parco acquatico Sea World di San Diego, sono fuggite stanotte”.