Forse credevamo in un ritorno
dei maestosi vecchi tempi.
Forse speravamo
che, alla fine,
non li avremmo mai perduti.
Nell’attesa,
cercavamo il loro aroma
nelle acustiche di Patience,
nelle storie di Tondelli,
e nei dialoghi surreali
delle scene di Pulp Fiction.
Come tossici sbroccati
in piena crisi di astinenza.
Come anime amputate
che recuperano i pezzi.
Zingari errabondi
lungo strade di memorie.
Ladri esistenziali
in condomini popolari.
I giorni a mille all’ora
sulle rive dello Stretto.
Fame di esperienze
e relazioni incandescenti.
Sete di tormenti
e commozioni spirituali.
Dioniso era tutto.
Lo sperma del dolore
che ignorava i nostri uteri.
La chimica mentale
che incendiava i nostri corpi.
Noi in un baricentro.
E nessun limite all’intorno.
Di vortici e Pierrot.
La tua malinconia come uno scotto da pagare.
Le vite a doppio senso
sotto i cieli di Settembre.
Albe gocciolanti che sapevano di Pimm’s
e stelle decadenti che sparivano nel blues.
Zucchero e fuliggine.
Estasi e tabù.
L’amore a ricalcare Dottor Jekyll n’ Mr. Hyde.
I cuori claustrofobici.
Le luci travolgenti.
Mentre Kurt era un profeta.
E i nostri ossimori un destino.
E adesso il mondo è spento.
Adesso ogni città
è un distillato di silenzio.
E i mesi non vissuti sono carichi pendenti.
Che tanto, prima o poi,
ritorna tutto al capolinea.
Tranne i vecchi tempi.
Quelli proprio no.
Quelli se ne sbattono.
E quando ti salutano, ti mostrano, beffardi,
il solito biglietto
prima classe sola andata.
Lasciandoci irrisolti
tra Wes Anderson e il West.
Tra le dure simmetrie e le atmosfere pallide,
ovattate.
Degli amori che si apprestano a sfumare.
Tra le crisi di governo e un’altra crisi umanitaria.
Migrazioni disperate a piedi scalzi nella neve
per provare solo a esistere.
Nel sole d’Occidente.
Tra AstraZeneca e Moderna.
Tra Stellantis ed E.T.
Coi segnali provenienti
su da Proxima Centauri.
E gli sguardi all’infinito a ricercare un qualche Dio.
Le verità.
Le sue risposte.
O a sperare nell’avvento,
sconvolgente,
del signore delle stelle.
(Gennaio 2021)