Cosa ci faccio sul bordo di un ponte abbandonato alto un centinaio di metri, tutta imbragata?
Torniamo un po’ indietro nel tempo… in una estate di tanti anni fa, avevo raggiunto alcuni miei compagni di scuola di Liceo che passavano parte delle vacanze a lavorare in un centro di Banjee Jumping.
La location era di già di per sé molto affascinate: Triora, un paesino del primo entroterra ligure nella Riviera di Ponente, con una popolazione di circa duecento anime, ma ricco di storia e con un passato importante, in quanto conosciuto anche come il Paese delle Streghe, per via di alcune controverse e oscure vicende accadute nel 1500.
L’atmosfera antica e misteriosa che si percepiva tra i vicoli medioevali, dove il tempo sembrava essersi fermato, faceva da contraltare a quella festosa, goliardica, fresca e indisciplinata e che si respirava nell'appartamento che era stato affittato dai gestori del Bage Jumping e dove alloggiava tutto il team.
I lanci venivano fatti da un ponte chiuso al traffico in ferro e cemento, il ponte di Loreto, alto un centinaio di metri posto a strapiombo su un sinuoso torrente.
Per gioco, per scommessa, per una sfida con se stessi o solo per moda o per noia, erano in tanti i clienti che si avvicendavano sul ponte.
Ma soprattutto loro, i ragazzi del team si dilettavano nel lanciarsi nel vuoto anche più volte al giorno.
E io? Io li accompagnavo e poi li guardavo prima lanciarsi chi più impavido chi un po’ meno, e poi li osservavo mentre rimbalzavano ripetutamente a testa in giù, a volte dall'alto, mentre me ne stavo anche io sul ponte, a volte dal basso, mentre mi rinfrescavo nel ruscello sottostante.
Tutte le volte cercavano di convincermi a lanciarmi, ma io… io no, non mi butto, sono una persona prudente e razionale... non amo rischiare… non mi butto dal ponte, ma non mi butto neppure nella mischia, non mi butto verso l'ignoto, non rischio, non oso...
Così dopo tanti anni ripenso a quei salti mancati, e penso che sì, mi sarei dovuta buttare, e scopro e realizzo così di non aver vissuto appieno…
E quindi eccomi di nuovo su questo ponte, guardo con un po’ di timore e vertigine lo strapiombo sotto i miei piedi, ma rivedo anche la me stessa di allora e penso che ora sì, sono pronta a rischiare, a mettermi nuovamente in gioco, ad osare…
Spicco il volo, lancio un urlo liberatorio e mi sento finalmente libera, felice e pronta a ricominciare finalmente una nuova vita e ad affrontare nuove sfide e nuove avventure.