Guardai la targa sulla porta. Non c’è che dire: altisonante!
STUDIO LEGALE TAN-GENTILI & MAZZETTA
Una bella targa dorata fissata con quattro distinte placche dorate anch’esse e lucidate a specchio così che io, lì davanti fermo e impalato, mi vedevo riflesso con la testa grossa e le gambette fini…
Beh, ma con una targa simile si doveva entrare! Con una targa simile non dovevo temere niente! Nulla mi poteva scalfire grazie alla tutela dello STUDIO LEGALE TAN-GENTILI & MAZZETTA!
Così suonai al citofono, un coso complicatissimo con lettere e numeri. Lo studio corrispondeva al codice 1024DE567. Digitai guardando alternativamente i numeri in alto nella casella illuminata e quelli in basso, sulla modernissima tastiera blu, ad occhi strizzati, come un vecchio mezz’orbo.
Si sentì un cicalino. Una cosa tra il Bolero di Ravel e Aria sulla Quarta Corda di Bach. Passarono quei tre, quattro secondi che sono d’uopo, ohibò.
“Prego mi dica”
Per giunta! Nessuno mai aveva risposto al citofono con
“Prego mi dica”, rimasi un po' stordito.
“Eccomi, sono Rossi per l’avvocato Gentili!”
Passarono un paio di secondi, che sono d’uopo, ohibò.
CLANG e s’aprì appena appena il gran portale. Ma con mia sorpresa non ero da solo. Alle mie spalle, con gli occhi a fessura e la bocca rifatta, c’era una gran signora con un cane minuscolo nel taschino della pochette.
La feci passare facendo finta che non le guardavo il sedere e lei mi precedette, facendo finta di non accorgersene. È tutta una cosa tra gentiluomini e gentildonne che voi non potete capire.
Così al terzo piano scese. Si voltò di trequarti e soffiò tra le labbra più simili ad un Luna Park estivo:
“Buona giornata!”
Ah che ambiente! Che eleganza! Che lusso questo palazzo!
L’ascensore in silenzio salì fino al quinto. Scesi e davanti a me, senza dover fare un passo, c’era lo STUDIO LEGALE TAN-GENTILI & MAZZETTA, con la sua porta di noce, lo zerbino con l’orlo, il profumo d’incenso e la segretaria impettita, con due enormi sise lustre tra le falde del colletto della scamiciata. Una ragazza falsa magra dalla carnagione talmente chiara che m’abbagliò.
“Il Signor Rossi?”, lo pronunciò come si pronuncia un cognome comune.
“Sono io, per l’avvocato Gentili!”, dissi e mandai la pancia indietro.
“Prego favorisca!”
Ah, che modi! Che finezza in questo STUDIO LEGALE! Non si tratta di quegli studi legali grigi, con le sedie di legno anni ’60, il fumo stagnante che fumarono prima della Legge, raffermo tra i faldoni, posato sulle scrivanie.
C’era anche la musichetta di sottofondo. La cosa bella è che non si vedeva da dove provenisse. Una di quelle musiche indefinibili, né brutte né belle, ma che ti fanno muovere il piedino e ti fanno sentire considerato.
Attesi poco, in verità mi passò veloce il tempo. Trovai sul tavolo di vetro un'interessante rivista da diporto, “Lo jacht di lusso”, che sfogliai continuamente, prima dall’inizio alla fine e poi al contrario. Mi soffermavo sulle foto di salotti lussuosi in radica di noce e sulle belle ragazze in essi ritratte, adagiate sui canapé… donne finissime, dai capelli lunghi e cascanti sulle schiene armoniose. E su pubblicità di orologi bellissimi, complicatissimi e costosissimi.
Guardava l’ora da uno di quegli orologi l’avvocato Gentili. Lo aveva al polso che brillava.
Era seduto nella posa classica di un avvocato seduto. Non troppo assorto ma nemmeno troppo svagato. La mano poggiata sulla scrivania e il braccio leggermente piegato, come uno che va sempre di fretta e che ti concede, ohibò, una Grazia che devi cogliere al volo prime che svanisca.
Gli esposi il mio problema. Guardò l’agenda. Guardò me. Guardò alcune carte filigranate che aveva innanzi. L’avvocato Gentili guardava continuamente. Poi parlò.
“Il suo problema non è di facile soluzione, tuttavia potrebbe esserlo…”
Ah, questo è strano, pensai. Ma non lo dissi. L’avvocato era sempre sul punto di congedarti.
“C’è una casistica del suo quesito abbastanza nutrita… per cui non escludo che… non mi fraintenda. Si può fare e no… con una certa… ponderatezza!”
“E fare cosa, avvocato?”, mi azzardai a dire.
L’avvocato Gentili guardò il cronografo. Dovetti chiudere gli occhi per il brillio che ne veniva.
“Ma come cosa… lei si prende gioco di me… devo guardare le carte, preparare un prospetto! Ah! Noi facciamo un preventivo, chiaramente. Stia tranquillo! Non spolpiamo il lavoratore!”
Vedi che bello? Non spolpano il lavoratore! E hanno la barca di diporto! E hanno l’orologio di lusso! Bene: significa che il loro lavoro lo sanno fare, che sono metodici, pignoli. Paga sempre la controparte, si vede!
E questo ti da una gran fiducia e ti gonfia il petto d’orgoglio.
Sei certo che qualcuno si prenderà cura di te e ti difenderà a spada tratta contro i Draghi che la vita ti mette davanti! Così chiamò la segretaria, la quale si mise seduta su un alto sgabello con le cosce accavallate. Così si perde la cognizione del tempo e dello spazio, di dove ti trovi e chi sei.
“Prenda appunti signorina! Prenda appunti! In base alla Legge 234 del giugno 2012 comma TER…” e tu ti perdi, tra le penne stilografiche allineate sulla bella scrivania ai cui lati si stagliano due teste marmoree di leoni. E guardi le tette marmoree della segretaria, che prende appunti.
E quando te ne vai e scendi le scale a piedi perché ti senti fiducioso e pieno di energia, persino la Tangenziale ti sembra più bella; pure le bestemmie dei furgonisti espressi ti sembrano più digeribili.
“Stai attento sai… io sono curato dallo STUDIO LEGALE TAN-GENTILI & MAZZETTA, non scherzare col fuoco!".
Così apri il finestrino e persino il blu cobalto dell’aria dalle parti del Tiburtino Terzo ti sembra un refolo dolomitico.