L'aveva conosciuta giocando online, uno di quelle app dove sfidi un avversario random con messaggistica incorporata. A volte vinceva lui, più spesso vinceva lei. Era incuriosito dal fatto che i punteggi fossero sempre molto simili, e dal fatto che il suo nickname fosse bruttaxyz. Il suo era leo3959. Niente a che vedere con il suo vero nome. Al termine di una partita molto combattuta, dove aveva vinto per un pelo, fu lei a mandare un messaggio:
bruttaxyz: Bravo, segnati la data sul calendario
leo3959: Perché? Non è mica la prima volta che vinco
bruttaxyz: No, ma è la prima volta che ti scrivo
leo3959: E a cosa debbo l'onore?
bruttaxyz: Abbiamo giocato molte volte. Mai un messaggio, e soprattutto non mi hai mai chiesto se sono veramente brutta
Avrebbe voluto farlo chissà quante volte, in realtà non ne aveva mai avuto il coraggio Sempre lì, con l'indice a 5 cm dal tasto Invia, che poi traslava sul canc canc canc canc canc canc canc. Un'ottima metafora per la sua vita, tasto invio intonso, migliaia di canc.
leo3959: Perché non mi interessa
bruttaxyz: Saresti il primo. Come ti chiami?
leo3959: Pinocchio
bruttaxyz: Ah Ah Ah. Bella questa, un bugiardo reo confesso. Dimmi, come ti chiami?
Non rispose. Lasciò il gioco e riprese a leggere il libro. Il Signore delle Mosche. Troppo descrittivo per i suoi gusti, ma la storia decisamente interessante e coinvolgente.
bruttaxyz: Ehi perché non rispondi?
leo3959: Scusa, stavo leggendo
bruttaxyz: Cosa?
leo3959: Il Signore delle Mosche
bruttaxyz: Bella trama, i ragazzi naufraghi, i buoni e i cattivi. Descrizioni un po' troppo lunghe però, non trovi?
Sorrise ripensando a come tutto cominciò. Lunghi mesi di chiacchierate, di risate virtuali e reali, di partite lasciate a metà per dar spazio ai messaggi. Interessi simili, discussioni interminabili sui libri, sui film. Le stesse passioni ma visioni divergenti sui temi morali, lei decisa, pura, lui più cinico e fatalista. Di comune accordo non si scambiarono cellulari o email.
Fu lei, dopo più di un anno, la prima a proporre un incontro:
bruttaxyz; Senti ma tu hai una ragazza?
leo3969: Ancora? Ti ho già detto che non rispondo a queste domande
bruttaxyz: E manco le fai. Perché non ti interessa
leo3969: Ecco, appunto.
bruttaxyz: Sei proprio un pinocchio. Voglio incontrarti.
Rimase di stucco perché stava per scriverlo lui. E dopo una serie di tira e molla l'appuntamento fu fissato. Vivevano in due regioni diverse ma confinanti, dalla parte opposta però. Fu lui a proporre l'autogrill, “campo neutro, e se le cose vanno male ce la filiamo in fretta”. uno di quelli con il ponte ristorante tra le due carreggiate, accessibile quindi da entrambi i sensi di marcia, più o meno a metà strada. In realtà 150 Km per lui, un centinaio per lei.
bruttaxyz: Complimenti, una location molto romantica. Invitiamo anche i camionisti?
leo3969: Volevi un posto comodo e poco impegnativo.
bruttaxyz: Sì, sì va bene, non tentare di giustificarti. Ci troviamo a metà ponte, alle 16. Sii puntuale. Indosserò un foulard rosa e pantaloni neri. Il resto non so ancora. E tu?
leo3969: mutande bianche e calzini idem, il resto non so ancora
bruttaxyz: sei un cretino. Mettiti un paio di jeans, camicia chiara e giacca sportiva blu
La giacca dovette andare a comprarla. Si fece consigliare la taglia dalla commessa. Si guardò allo specchio. Boh. Non era alto, non era basso, non era grasso, non era magro, non era bello, non era brutto. Non era, ecco quel che era.
Arrivò all'appuntamento con due ore di anticipo. Parcheggiò, attraversò tutto il ponte ristorante, arrivò alla sponda opposta e cercò un punto di osservazione per vedere il traffico in arrivo. La maggior parte delle macchine senza passeggeri, solo i guidatori, maschi, poche femmine. Nessuna donna con i pantaloni neri. Alcune famiglie. Una decina di minuti prima delle 16 arrivò una macchina guidata da un giovane, una ragazza come passeggero. Stavano discutendo animatamente e continuarono anche quando scesero dalla macchina dirigendosi verso l'autogrill. La donna indossava dei pantaloni neri, attillati. Un maglioncino grigio. Capelli neri, sciolti. Era indubbiamente bella. Mentre discuteva armeggiò con la borsetta e tirò fuori un foulard rosa, lo indossò con un solo giro attorno al collo.
Il ragazzo si fermò al bar, la ragazza salì le scale verso il ponte ristorante. Lui aspettò tre minuti, poi si avviò con passo dubbioso. La ragazza col foulard rosa stava guardando il traffico dell'autostrada. Sentendosi osservata si girò, lo vide, lo squadrò dal basso vero l'alto, sorrise, aspettò che la raggiungesse.
“Non hai i calzini bianchi”, commentò. “E tu non sei brutta, quindi siamo pari. Come si chiama il tuo ragazzo?”
“Mi hai visto arrivare allora. Ecco perché sei salito dalla stessa parte mia e non da quella opposta. Da quanto mi aspettavi, spione?” “Solo mezz'ora", mentì. "Allora, come si chiama?” “Si chiama Nicola. E non è il mio ragazzo, è mio fratello”.
Tirò un sospirone di sollievo così plateale, così liberatorio che la ragazza si piegò in due dalle risate.
“Sei proprio uno scemo” disse prendendolo sotto braccio. “Vieni, te lo faccio conoscere. Non ha voluto che venissi da sola. A proposito tu come ti chiami?”. “Nicola”. “Nicola, ti presento Nicola” disse sorridendo scendendo le scale, sempre tenendolo sotto braccio. “La giacca comunque ti sta da cani, l'hai comprata 30kg fa?” “L'ho comprata stamattina, era l'unica taglia disponibile, la commessa ha detto che sembrava fatta su misura per me”. La risata della ragazza accompagnò la discesa verso il bar, attirando gli sguardi dei clienti e quello di suo fratello. che alzò il braccio per farsi individuare, l'espressione rilassata vedendo la sorella tranquilla e sorridente. Lei rispose con lo stesso gesto per dire ti ho visto. Si fermò sull'ultimo gradino. “Nicola“, sussurrò. Si volse verso di lei, gli sguardi si incrociarono. ”Non mi hai chiesto come mi chiamo”. Non ne ho bisogno, pensò lui. Ti chiami Felicità.