«Dovrà ghiacciarsi l'inferno prima che io…»
«Allora siamo a posto. L'inferno è già ghiacciato.»
«Cosa? Come è successo? Chi è stato?»
«Non lo so, quando sono arrivato era già così.» Poi grida: «Se non sai guidare prendi l'autobus!» e mostra un poderoso medio alla ragazzotta sulla vecchia panda sgangherata, mentre la supera invadendo tre quarti di corsia opposta.
«Eppure lo sanno tutti: nell'inferno ci sono le fiamme. "Brucerai nelle fiamme dell'inferno." Lo dice anche il prete.»
«Eeeh, sai benissimo che quelli non sono affidabili. Parlano solo di cose che non hanno mai visto.»
«Ma cosa dici?»
«Fidati. O parlano di cose che non hanno mai visto, oppure di matrimoni e figli, che loro non hanno. Ottengono punti extra per quello. Fanno dei corsi apposta per essere convincenti. È una questione di marketing, di vendere il prodotto.»
«Il prodotto?»
«Sì, il paradiso.» Allarmato molla il volante e mi afferra il braccio. «Non dirmi che vuoi andarci pure tu!»
«E certo che ci voglio andare, si capisce!»
«Vedi? Anche tu sei vittima del marketing. Dimmi un po': com'è questo paradiso, lo sai?»
«È un posto bello.»
«Bello, suvvia… così così. Per non parlare del rumore.»
«Quale rumore? Nessuno mi ha mai parlato del rumore.»
«Eppure è evidente. Pensa a quante vecchie che con le vocette stridule cantano i salmi cercando di sovrastarsi a vicenda ci sono in una singola chiesa. Ora moltiplicalo per tutte le chiese del mondo e per venti secoli. Quello è uno dei rumori tipici del paradiso.»
«Oddio, sembra terrificante.» Poi colgo il resto della frase. «In che senso "uno dei rumori"? Che altro c'è?»
«Le campane, ovviamente. E il salmodiare continuo di alcuni preti. E ti viene chiesto di aderire a non meno di sette diverse diocesi, per vivacizzare le tue giornate.»
«Perché sette?»
«E io che ne so? Sono usanze. I musulmani hanno settantadue vergini e i cristiani hanno le chiese. Per facilitarti le cose hanno organizzato anche i pulmini: ti caricano e nel viaggio hai il gruppo delle suore dell'oratorio, scalmanate e armate di chitarre e tamburello. Così non ti addormenti nel viaggio. Tu patisci il mal d'auto?»
«Se non mi hai visto dar di stomaco per come guidi tu, una risposta dovresti già averla, mi pare. Quello appena passato è il terzo rosso che bruci di oggi, tra l'altro.»
«Oh, a me il rosso piace. Rosso come la pelle del mio capo.»
«Ma è davvero così? Come lo descrivono? Con le corna, la coda e tutto il resto?»
«A volte. Quella è solo l'alta uniforme, non la usa spesso. È dannatamente scomoda: le corna si impigliano dappertutto e con quella coda non ci si può accomodare sul divano.»
«Oh. Non avevo mai pensato alla comodità. Ma quindi che aspetto ha?»
«È un bell'uomo, se devo essere sincero. Non sai quante donne e o anche uomini, da noi non discriminiamo, al contrario di quelli là, gli muoiono dietro.»
«Dovevi proprio usare il termine "muoiono"?»
«Dai, è un modo di dire. Comunque tornando a noi: allora, ci stai? Ti basta una firmetta e ti prometto quello che vuoi. Anche il primo posto a Sanremo.»
«Uh, Sanremo mi piacerebbe, ma io non so cantare.»
«Pfff… che problema c'è? L'autotune lo abbiamo inventato apposta.»
«Cioè è opera vostra?»
«Certo! Altrimenti certa gente, stonata e troppo pigra per dedicare tempo e impegno a qualcosa, non avrebbe avuto possibilità di registrare nulla! Sai quanto è difficile, quanto studio c'è dietro al sapere azzeccare una nota, all'educare la voce, all'imparare le tecniche di gestione del fiato e delle corde vocali per non arrivare a cinquant'anni e non riuscire più a cantare neppure "buon compleanno"? Così invece anche l'ultimo degli ultrà ha la sua grande occasione: la voce viene automaticamente cambiata e riportata alle note corrette. Vedrai è facilissimo.» Ammicca. «Allora, affare fatto? Sanremo lo vinci tu?»
Mi accorgo che questo è in effetti un sogno che avevo sempre creduto al di là delle mie possibilità. Ora è a un passo. Un passo piccolissimo. D'improvviso una splendida mont blanc si materializza nella mia mano e, rapito dal sogno, firmo una pergamena dall'aria antica e serissima.
Fatto.
«Perfetto. Fosse l'ultima cosa che fai, vincerai Sanremo. Garantito.»
«In che senso "l'ultima cosa che faccio"?»
«È solo un modo di dire. Tranquillo. Sabato trionferai.»
«Ma non sono neppure iscritto.»
«Ora lo sei.» Frena di colpo e mi fa scendere, mentre alcuni paparazzi mi vengono incontro con fare famelico. Sono davanti all'Ariston e non ho idea di come ci sia giunto. Ero convinto di essere a Bologna.
Smonto dall'auto e prima che questa riparta, mi sento gridare: «Ci vediamo Domenica! Vedrai, tutto quel ghiaccio ti piacerà!»
Ma l'improvvisa ondata di flash che mi accecano e la selva di microfoni e cellulari che mi si parano davanti alla faccia cambiano le mie priorità.
Non mi interrogo sull'ultima frase dello strano tizio. Ho un festival da vincere.
Fosse l'ultima cosa che faccio.

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