“Marce! Quanto vuoi per scolpirmi una bella stele funeraria?”
L’artigiano smise di sbattere lo scalpello sulla lastra di nenfro che aveva davanti e guardò quell’inaspettato cliente negli occhi.
“Hai intenzione di morire presto? Perché altrimenti con tutto il lavoro che ho, saranno i tuoi nipoti che pianteranno la tua stele!”. Rise sarcastico lo scultore spolverandosi il viso imbrattato di polvere.
“Non è per me, è un dono! Avanti dimmi quanto mi costa una stele, anche piccola…”
“Posso sapere per chi è?”
“Per il fratello della mia sposa!”
“Tua moglie non ti da tregua eh? E comunque non ho tempo e costa più di quanto tu possa pagarla!”
“Avanti amico, ti pagherò al prossimo raccolto!”
“Al prossimo raccolto potresti essere morto tu oppure io e poi lo sanno tutti che come contadino non vali niente! Con quella gamba che ti ritrovi prepari il terreno nel doppio del tempo! Intanto però i miei figli devono mangiare!”
“Qualche tempo fa non ti saresti azzardato a parlarmi così!” rispose Hirumina guardandolo dritto negli occhi solo come una volta sapeva fare.
“Le cose cambiano… adesso però devo continuare a lavorare!” Marce si rimise di buona lena a scolpire.
Hirumina sentendosi deriso ebbe un impeto di rabbia che represse, riabbassò la testa e fece per andarsene sconsolato e più zoppicante del solito.
Fuori della porta della bottega, gli cadde l’occhio su un pezzo di pietra grigiastra abbastanza grosso, adagiato nel mucchio di quelle da gettare via. Rientrò dentro.
“Che vuoi ancora?” Disse lo scalpellino.
“Ti servono quelle pietre là fuori?”
“No, sono scarti”
“Posso prenderne una?”
“Fai quello che vuoi basta che ti levi di torno”, borbottò Marce riprendendo il lavoro.
Hirumina sorrise, tornò a casa, prese l’asino e dopo pochi minuti era ancora là alla bottega per sistemare la pietra sul dorso dell’animale.
“Vuoi scolpirla tu?”, gli chiese la moglie al ritorno.
“Perché no?”, rispose lui.
“Ne sei capace?”
“Ce la siamo fatta questa domanda quando tuo padre naufragò con tutto il suo carico di spezie? E quando tuo fratello morì e gli esattori si portarono via anche le sue armi? Ce lo siamo chiesto quando io mi sono dovuto inventare contadino e tu pescatrice di molluschi? Se siamo stati in grado di sopravvivere, io sarò capace anche di onorare la memoria di Auvele!”
Velcha lo guardò con le lacrime agli occhi. “Fai quello che devi fare…”.
Così Hirumina pose la stele nel mezzo del capanno adibito a deposito degli attrezzi e cominciò a squadrarla per bene. Gli girò intorno diverse volte e poi quasi colpito da un’illuminazione prese il martello e lo scalpello. Velcha dal suo giaciglio lo sentì sbattere e parlare per tutta la notte.
“Auvele, ti ricordi quando arrivai in armi da Perusia insieme agli altri cento per unirmi all’esercito di Vetluna per combattere i barbari al confine settentrionale? Diventammo subito amici e mi accogliesti nella tua casa! Tuo padre era ricco allora! E come era bella tua sorella! Hai visto? Ho mantenuto la promessa, al mio ritorno l’ho sposata, nonostante tutto quello che è successo!”
Al fuoco delle torce, scolpiva e ricordava i vecchi tempi, quando entrambi erano giovani soldati irruenti e pieni di vita. Scolpiva senza sosta, asciugandosi le gocce di sudore che gli imperlavano la fronte. Quando il sole spuntò dalle colline, aveva terminato l’opera. Era coperto di polvere bianca che gli pizzicava nel naso e gli rendeva amara la bocca.
Prese la stele e la portò fuori per guardarla meglio alla nuova luce del giorno.
“Auvele, mi salvasti la vita, io sono rimasto zoppo ma tu in cambio hai dato la tua… avrei voluto fare di meglio per ricordarti.”
Mentre diceva questo, non si era accorto che Velcha si era avvicinata silenziosamente.
Si voltò ad ammirare la sua sposa, ancora bellissima nonostante la pelle, una volta fresca e morbida come la rugiada del mattino, ora fosse resa scura dal sole e bruciata dal salmastro.
“E’ molto brutta, vero?” disse rivolto a lei.
La sposa guardò la stele e lesse l’iscrizione poi gli rivolse occhi commossi, si avvicinò e abbracciò Hirumina.
“No, al contrario, è molto bella… andiamo a depositarla davanti alla tomba di Auvele, così anche il suo ricordo rimarrà per sempre”.
(La stele di Auvele Feluske è conservata al museo di Vetulonia - GR)