Dopo qualche settimana notammo che Militiadis si trovava sempre più spesso a passare di lì, non diceva nulla, passava e basta ma guarda caso sempre nel momento in cui c’eravamo noi. Mi spiego meglio. Ritrovarci alla fonte funzionava di solito così: la prima che usciva per attingere l’acqua, passava a chiamare le altre per cui i nostri incontri non avvenivano sempre alla medesima ora. Questo ci fece pensare subito che il rosso si appostasse e spuntasse fuori al nostro arrivo facendo l’indifferente.
Era evidente che aveva puntato una di noi! Quante congetture e quante risate facemmo per un po’ alle sue spalle! Finché un giorno Militiadis si decise, stavamo tornando per la via e si affiancò ad Aneitha sfruttando il fatto che noi eravamo rimaste un po’ indietro e si offrì di portarle la brocca. Con nostra estrema sorpresa, Aneitha accettò. I giorni seguenti cercammo di dissuaderla ma poi dovemmo cedere all’evidenza: il rosso aveva intenzioni serie perché dopo breve tempo andò a parlare con il padre di lei e fu molto convincente visto che si accasò. Fu impiegato nella produzione dei vasi di terracotta, l’attività di famiglia, ma con scarsi risultati; le sue mani erano più abili ad impugnare le armi che a maneggiare coi vasi, così il padre di Aneitha lo dirottò in altre attività di fatica visto che i cocci rotti cominciavano ad essere troppi.
Un'altra sorpresa però era in agguato. Ricordo molto bene quella mattina fredda alla fine di gennaio in cui ero andata sulla spiaggia a raccogliere conchiglie per farne dono al tempio; come potrei dimenticarla? Fu in quell’occasione che parlai per la prima volta con Deuxippo, il dio con lo stallone nero, l’uomo che mi faceva arrossire al solo pensiero, l’inavvicinabile e l’inarrivabile guerriero dalla chioma d’oro. Se ne stava seduto su un tronco piaggiato, portato dalle onde, con lo sguardo perso al di là del mare, il cavallo lasciato libero dietro di sé. Avrei dovuto andarmene, invece mi avvicinai cercando di far credere che fossi interessata solo ed esclusivamente alle conchiglie che la mareggiata dei giorni precedenti aveva trascinato a riva.
Non credevo che potesse rivolgermi la parola, ma lo fece ed in modo imbarazzante, visto che mi ricordò i precedenti.
“Ah, chi si vede, la ragazza dal turpiloquio facile!”
Tirai dritta, meravigliandomi solo un po’ del fatto che conoscesse abbastanza bene la mia lingua.
“Aspetta!” si era alzato e mi aveva raggiunto. “Scusami!”, aggiunse e poi: “Come ti chiami?”
“Mi chiamo Ramtha…” dissi arrossendo come al solito.
“Siedi un po’ qui con me, Ramtha… è bello guardare il mare in tempesta!”
Mi sedetti con lui e mi raccontò dell’equivoco delle settimane precedenti, di come sono gli usi greci nei confronti delle ragazze, di come non fossero libere come noi di andare in giro da sole, il che aveva fatto pensare ai suoi uomini che noi non fossimo delle ragazze per bene e si scusò.
Mi scusai anch’io perché anche noi avevamo dei pregiudizi nei loro confronti e per questo tutti li avevamo isolati. Aveva bisogno di parlare con qualcuno ed aveva trovato me, fu corretto e gentile. Quella sera tornai a casa con la convinzione che quello era stato solo un episodio e non lo avrei mai più incontrato, tuttavia tornai a cercare conchiglie anche il giorno seguente e l’altro ancora e lui, era lì.
Cosa facevamo? Parlavamo. Mi raccontava dei suoi luoghi di origine, del suo mare, della sua gente, mi narrava storie fantastiche che avevano come protagonisti i suoi dei. Scoprii che erano simili ai nostri ma avevano compiute gesta più strane ed audaci. I nostri incontri divennero quasi un appuntamento fisso, ed io ogni giorno ero sempre più innamorata. Allo stesso tempo cercavo di disilludermi: era evidente che quell’uomo, che non cercò mai di sedurmi, mi considerava solo una ragazzina che dava lui l’opportunità di poter annegare nei racconti la terribile nostalgia che lo stava tormentando. Era proprio questo aspetto umano di Deuxippo che me lo faceva amare ogni giorno di più.
Arrivò velocemente il mese di marzo e la navigazione stava ricominciando, complice il tempo che andava progressivamente migliorando ed il mare, che di pari passo diventava sempre meno pericoloso. Il porto aveva cominciato a rianimarsi anche di imbarcazioni da carico più grandi; mio padre aveva dato ordine ai suoi marinai di preparare la nave. Di lì a breve sarebbero ripartiti tutti per poi tornare con le mercanzie più varie e preziose. Era passato quasi un anno dall’arrivo degli stranieri ed un mese dal mio primo incontro ravvicinato con Deuxippo e sapevo che presto sarebbe ripartito insieme ai suoi uomini. Quest’idea mi faceva soffrire ma sapevo che non potevo farci niente, mi sarebbe rimasto di lui solo il ricordo delle sue belle storie, del suo viso dai lineamenti perfetti, della sua voce suadente e dei suoi lunghi capelli lucenti. Ogni giorno pregavo gli dei perché non facessero arrivare la bella stagione. Presto sarebbe andato via e sarebbe partita anche la speranza che si accorgesse di quanto il mio cuore era perduto. Farmi avanti? Avrei potuto, se solo ne avessi avuto il coraggio ma avevo paura che mi avrebbe considerata sfacciata, dopo tutte quelle cose che mi aveva raccontato sull’educazione delle ragazze in Grecia e forse avrebbe riso di me, oppure si sarebbe fatto una cattiva opinione. Ero ormai rassegnata. Una mattina vidi arrivare a casa mia Aneitha tutta trafelata, l’unica che aveva intuito quanto tenessi a Deuxippo, per avvertirmi che il gruppo era in partenza e lui, come comandante, aveva radunato gli uomini. Militiadis naturalmente sarebbe rimasto lì, ma gli altri, si stavano già preparando. Non poteva partire senza almeno salutarmi. Corsi al porto a perdifiato ma arrivata là non c’era più nessuno. Pensai di essere giunta tardi e mi accasciai a sedere su del fasciame mentre le lacrime cominciarono a scendere a fontana. All’improvviso una voce: “Perché piangi?”
Non potevo crederci, gli dei mi avevano ascoltato! Deuxippo non era partito! Mi alzai e gli corsi incontro avvinghiandogli le braccia intorno al collo e continuando a piangere ma stavolta per la gioia.
“Andiamo” mi disse.
“Dove?” gli risposi io guardandolo negli occhi.
“Da tuo padre”.
“E perché?”
“Diventerai mia moglie”
Rimasi di stucco, mentre il cuore mi sobbalzava in petto. Il matrimonio in Grecia era cosa che si decideva tra uomini, ma in quel caso di sicuro non avevo nulla da obiettare.
Gli sorrisi e ci avviammo insieme. Diventai sua moglie nonostante la diffidenza di mio padre.
Seppi poi che il giorno stabilito per la partenza, Deuxippo convocò i suoi uomini e disse loro che erano liberi di scegliere il loro destino e che lui comunque sarebbe rimasto. Quindi aveva già deciso. Ma quegli uomini erano tutti come parti di uno stesso elemento, avevano condiviso esperienze e combattuto l’uno a fianco dell’altro sfidando ogni volta la morte. Perciò anche gli altri Greci non erano partiti, ognuno di loro si impegnò a vivere come poteva, alcuni sposarono ragazze del luogo.