LA PUBBLICITÀ MODERNA: GLI ANNI ‘60
Di seguito ripercorriamo in maniera sintetica i principali momenti dell’evoluzione pubblicitaria facendo riferimento all’evoluzione della situazione competitiva.
Gli anni sessanta
Per la prima volta in Italia la classe media ha una disponibilità economica che eccede quella necessaria per fronteggiare i consumi di prima necessità e tutelarsi da eventuali accadimenti futuri, esiste quindi, una quota di denaro che può essere destinata a consumi “voluttuari” finalizzati a migliorare la qualità della vita.
Alla pubblicità viene chiesto prevalentemente di far conoscere il prodotto.
Alla fine degli anni cinquanta anche la televisione italiana cominciò a trasmettere messaggi pubblicitari, ma mentre all’estero, avveniva attraverso spot e sponsorizzazioni, in Italia si percorse una strada assolutamente originale.
La pubblicità fu ammessa, ma esclusivamente all’interno di uno spazio dedicato, “Carosello”.
Alle aziende che intendevano usufruire di questa nuova opportunità, venne richiesto di gratificare lo spettatore, che si riteneva venisse “disturbato” dalla presenza della pubblicità, con qualcosa che avesse una connotazione spettacolare. In tal senso venne imposto che i filmati fossero composti da: 100 secondi di spettacolo (in cui il prodotto non poteva assolutamente essere presente) e 35 secondi per il cosiddetto “codino” commerciale.
I film d’animazione realizzati per Carosello, diedero vita a personaggi di fantasia che si sono imposti stabilmente nell’immaginario collettivo.
Negli esempi che seguono si può notare la differenza di comunicazione a secondo del pubblico che si vuole colpire.
Nel 1° caso “AVA” dei detersivi vediamo come il personaggio di Calimero sia il veicolo per forzare la domanda in quanto nel prodotto venduto vengono inserite le figurine che muovono la domanda in quanto oggetto di desiderio da parte dei bambini e quindi le mamme che si trovano a scegliere preferiscono accontentare il desiderio dei propri figlioli.
Negli altri due casi vediamo come sia differente il modo di veicolare la comunicazione.
Nel 2° caso “BIO PRESTO” è chiaramente riferito ad un pubblico che ancora lava a mano e che non usa la lavatrice quindi il valore aggiunto a questo prodotto rispetto agli altri dello stesso settore è che già in ammollo stacca le macchie quindi facilita il lavoro già faticoso del lavaggio a mano.
Nel 3° caso “DIXAN” è chiaramente riferito ad un pubblico che invece lavava i propri indumenti con la lavatrice, che in quel periodo nonostante il boom economico, è un indicatore di benessere. Ma nella lavatrice non si può usare il normale detersivo perché farebbe troppa schiuma, quindi serve un detersivo con questo valore aggiunto, cioè non fa schiuma e quindi preserva la lavatrice da malfunzionamenti e ne garantisce indirettamente la conservazione negli anni
Nell’esempio che segue vediamo come invece il benessere sia procurabile anche attraverso l’attenzione nella scelta del prodotto da consumare. Vediamo infatti una foto da una vacanza e un messaggio indirizzato al coniuge che è rimasto in città a lavorare.
Nel testo si legge come viene esaltato il fatto che il prodotto comprato sia naturale come quello che farebbe la propria consorte e quindi si fa passare il messaggio che anche la produzione industriale è naturale e genuino come le cose fatte in casa.
In quest’altro esempio vediamo invece la differenza di comunicazione tra una nuova bevanda gassata alla cola e la sua storica ed affermata rivale da soppiantare.
Salta subito all’occhio come sia diverso il tipo di comunicazione usata.
Nel caso della Pepsi Cola ci si vuole rivolgere ad un pubblico differente da quello tradizionale, più emancipato, giovane, che ha altre attenzioni rispetto al pubblico che invece consuma Coca Cola.
Nella pubblicità della Pepsi vediamo appunto immagini fotografiche invece di illustrazioni come nella Coca Cola, si parla di nuova “generazione” mentre nell’altra si riconferma la tradizione “non c’è niente come una Coca Cola”. Il messaggio di Pepsi Cola è “siamo diversi” il messaggio della Coca-Cola è “noi siamo la tradizione e la sicurezza”.
Dopo gli anni del boom economico, tuttavia, il mondo della pubblicità dovette attraversare in tutti i paesi industrializzati una crisi che era economica, ma soprattutto culturale. I pubblicitari, infatti, subirono numerose critiche da parte degli intellettuali, dai giovani e da numerose persone che all’epoca condividevano le ideologie anticonsumistiche. Queste ultime, infatti, rimproveravano a chi promoveva i prodotti di creare negli individui bisogni di consumo “falsi” e “superflui” Nel 1964-65, anche in Italia arrivarono i primi segnali di tale contestazione verso il mondo della pubblicità.