Anna stava preparando il pranzo di ferragosto nella casa colonica di famiglia a Torre del Lago.
Era una tradizione che si tramandava di generazione in generazione e nessun membro della famiglia ci aveva mai rinunciato.
Persino Agnese, la figlia, stava rientrando un giorno prima dalle vacanze con il fidanzato per non perdersi la giornata.
Il fratellino di Agnese, Matteo, l’avrebbe aspettata nascosto dietro la porta d’ingresso per fare alla sua amata sorella un bel gavettone d’acqua che tanto lo faceva divertire.
La lunga tavola era già pronta dalla mattina presto, apparecchiata di tutto punto come Anna amava fare.
In cucina vassoi colmi di antipasti riempivano ogni possibile piano d’appoggio.
Il pentolone d’acqua era già sul fuoco che bolliva.
Gli uomini erano tutti intorno al barbecue e il marito di Anna, insieme al figlio maggiore Giacomo, aveva fatto tanta di quella brace fumante che avrebbe potuto grigliare un maiale intero.
Anna decise di riposarsi un po’ in attesa del ritorno della figlia e si sedette sullo scalino in pietra della soglia di casa che dava sul giardino.
La giornata era splendida, la campagna emanava profumi di aghi di pino e di erba appena tagliata e mentre si inebriava di questi profumi, Anna osservava i nipoti che sbraitavano sul prato in costume da bagno rincorrendosi l’un l’altro con i fucili ad acqua. Li guardava ricordando gli anni in cui c’erano sua figlia Agnese e suo figlio Giacomo che giocavano e urlavano allo stesso modo e avrebbe voluto rivederli così, piccoli e spensierati che ruzzolavano nel prato insieme a lei. Una lacrima di nostalgia per quei figli ormai grandi e autonomi scendeva lentamente sulle sue guance, quando improvvisamente il trillo del telefono la fece sobbalzare e tornare al presente. Si alzò di scatto e corse al telefono:
“ Ciao mamma, buon ferragosto! Come vanno i preparativi?”
“ Ciao Agnese, qua è tutto pronto, aspettiamo solo te! Dove sei?”
"Abbiamo trovato un po’ di traffico, ma siamo già a Genova. Pensiamo di essere a casa tra un’oretta”.
“Ok amore, non preoccuparti, vi aspettiamo, andate piano!”
“Certo mamma. Matteo è già pronto con i gavettoni?”
“Prontissimo! Vedessi quanto è eccitato…”
“ Abbraccialo forte e digli che sto arrivando. Salutami tutti! A tra poco Ma, ti voglio bene!”
Anna si affacciò in giardino ed urlò a tutti che Agnese entro un’ ora sarebbe arrivata a casa.
Asciugò i bambini e cambiò loro il costume bagnato, poi rientrò in cucina per gli ultimi preparativi e riaccese il fornello a fuoco lento per riscaldare il sugo già pronto. Nel frattempo ascoltava le ultime notizie alla tv e mentre toglieva il tegame dal fuoco, si girò verso lo schermo richiamata da un urlo continuo di un uomo: “ Oh Dio, oh Dio, oh Dio Santo, mi sento male, mi sento male”, urlava l’uomo mentre scorrevano le immagini del crollo di un ponte. Il cronista accompagnava le immagini dicendo che era appena crollata una lunga porzione del viadotto Morandi su cui corre l’autostrada A10 di Genova precipitando al suolo per circa 100 mt, inghiottendo con sé le auto che lo stavano attraversando e schiacciando tutto ciò che c’era sotto.
Di colpo il tegame con il sugo si schiantò a terra, ma Anna non sentì né il rumore del coccio frantumato, né il calore del sugo sui suoi piedi. Sentì solo il battito del suo cuore che correva all’impazzata.
Prese il telefono e provò a chiamare Agnese, ma non era raggiungibile. Fece di nuovo il numero e lo fece ancora e ancora finché dal giardino arrivarono gli altri richiamati dal rumore della pentola di coccio caduta a terra.
Anna continuava ripetutamente a fare il numero di sua figlia ma Agnese non rispondeva. Non avrebbe più risposto a sua madre che la chiamava, non avrebbe più rincorso il suo fratellino che l’aspettava dietro la porta per fargli i gavettoni. Perché lei, insieme ad altre persone, stava attraversando il ponte in quel momento. Lei, come altre persone si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Questo racconto è frutto di una storia inventata, ma inventata non è purtroppo l’ennesima tragedia che ha colpito Genova e l’Italia intera.
Non voglio accusare né i politici di ieri, né quelli di oggi, né i comuni, né gli enti pubblici. Non sono qui a scrivere per fare polemica, ma per mettere in luce il fatto che i ponti si ricostruiscono, le case si cambiano, le macchine si ricomprano, ma le vite umane non si ricreano, i figli , quei figli, non ritornano, il dolore non si placa.
Perché non si può veder morire un figlio per l’indifferenza e la negligenza altrui...