Klaus stentava a credere che quella potesse essere una creatura del piccolo popolo, di colpo ricordò i racconti del nonno che per addormentarlo quando era piccolo, raccontava storie di elfi, gnomi e fate visti nei boschi circostanti da alcuni uomini del paese. Si voltò a guardare Isolden che dormiva, non sapeva se svegliarla oppure no.
D’un tratto la fatina si mosse e guardando l’umano torcendo la testa di lato disse stupita: “Ma tu mi vedi?”
“Si” rispose Klaus titubante… “Non dovrei?” – “Solo pochissimi umani, ci riescono. Solo quelli che hanno il dono della connessione con la Natura, solo chi vibra oltre la vostra frequenza normale entra nel nostro spettro vibrazionale. Questo vuol dire che tu sai già di noi, e che ci hai sempre creduto.”
Klaus ricordava che pur non avendo mai avuto la possibilità di vedere alcun folletto, spesso nelle sue camminate solitarie nei boschi si era soffermato a guardare qualche movimento insolito nel sottobosco sperando di intravvedere una delle creature dei racconti del nonno, senza però trovare la prova che aveva sempre sperato di avere.
La creatura si alzò in piedi sul fiorellino viola, e si mise a scrutare incuriosita i lineamenti di quell’umano che riusciva a vederla.
“Tu sei buono!” sentenziò con la sua vocina guardandolo intensamente. “Io sono stata umana molto… molto tempo fa, ce lo racconta la nostra Grande Madre, ma io non ricordo nulla. So che ci vuole un tempo lunghissimo nel vostro regno prima di poter passare oltre, eppure …. tu sei così bello… luminoso.”
Klaus era affascinato da quella piccola creatura che faceva vibrare le ali per stare dritta davanti a lui: “Quindi… tu sei davvero una fatina?” – “Sei bellissima” disse estasiato come se quella fosse la cosa più bella che avesse mai visto in tutta la sua vita. “Come ti chiami?” – “ Io sono Ester! E Tu?” – “Klaus”.
Si guardarono lungamente senza parlare, il cuore di entrambi batteva forte, Ester abbassava le membrane facendo riflettere la luce dai suoi occhi scuri, neri,
tanto neri da sembrare metallici.
D’un tratto lei ebbe un’illuminazione: “Io sono giovane, è la prima volta che attraverso un portale con le mie sorelle per entrare nel vostro regno, io non so ancora riconoscere i posti che creano il varco per tornare a casa. Ma tu…. se mi vedi vuol dire che puoi aiutarmi, tu sai come farmi tornare!”
Klaus ricordò che il nonno diceva che le fate viaggiavano tra i regni aggrappate ai semini svolazzanti dei soffioni, spalancò gli occhi e disse: “Potresti lasciarti trasportare dai semi di tarassaco, il vento ti porterà dove vuoi andare. Il nonno mi ha sempre raccontato che quando soffiavo su quel fiore così strano, le fatine si aggrappavano con le mani per viaggiare tra i mondi.” – “sii facciamolo ti prego” esultò Ester.
Klaus cercò con lo sguardo il dente di leone più vicino, lo colse con grazia e porse quel batuffolo sferico fatto di ombrellini bianchi verso Ester, lei salì, si aggrappo con le mani a due semi, poi si guardarono, Klaus si alzò in piedi in favore di vento.
“Sei pronta? “– “Si” – Lui la guardava estasiato…. “Non ci rivedremo mai più?”.
Lei abbassò le mani di colpo. “No, non sono pronta, sento che il mio cuore batte forte, non capisco cosa sia, ti guardo ed ho il desiderio di starti vicino, voglio capire che cos’è questo sentimento, voglio sapere di più, sapere chi sei e perché un umano mi sta aiutando.”
“So che se vado non ci vedremo più.” – “Ti prego, io voglio rivederti, voglio stare con te. Portami con te, fammi vedere il tuo mondo!” – “No Klaus, questo non è possibile, nessun essere umano può entrare nel nostro regno, non siete pronti, dovete prima concludere la vostra evoluzione qui, prima di accedere ai regni superiori.” – “Allora resta con me...” – La fatina abbassò la testa e tornò triste. “Non posso restare qui!” – “Allora…. allora torna da me. Ho bisogno di conoscerti meglio, voglio imparare, voglio capire come funziona questo processo di evoluzione. Ti prego Ester!” Klaus piangeva con il soffione in mano.
“Un modo forse c’è!
Per tornare….
per tornare dovrei riprendere la forma umana, e vivere nuovamente una vita come la vostra, ma questo mi costerebbe molta sofferenza.” …. Ester guardava dentro le grosse lacrime di Klaus, sapeva leggere l’intensità dell’amore dalla luce che emanavano quelle gocce create dal cuore.
“Tornerò!"
“Tornerò!" disse piangendo anche lei –
“Tornerò da te! Ma non ora. Il tempo scorre diversamente nei nostri regni. Dovrai attendermi in una delle prossime vite. Dovrai cercarmi. Dovrai riconoscermi. Dovrai amarmi con la stessa intensità di adesso!” – “Tu, umano, sarai in grado di fare tutto questo?”.
“Si amore mio, farò tutto questo, ti aspetterò, ti cercherò, ti riconoscerò, e staremo insieme sempre…. e per sempre!”
Lei sorrise senza smettere di piangere “Promesso?” - “Promesso!” rispose Klaus asciugandosi le lacrime.
“Va bene, fammi tornare a casa!”. Lei sapeva! Conosceva bene gli umani e sapeva che non poteva essere tutto come Klaus aveva promesso.
Gli umani dimenticano.
Gli umani si perdono nelle loro naturali debolezze.
E dimenticano!
Klaus alzò le mani spalle al vento, prese fiato, chiuse gli occhi, e soffiò forte verso il fiore.
Apri gli occhi giusto in tempo per vedere la sua fatina tenersi con le braccia aperte sui due ombrelli bianchi, la vide volare in alto per l'ultima volta con tutti gli altri batuffoli, la seguì fino a che lo sguardo lo permise, fino a vederla sparire lontano come fiocchi di neve nel vento.
Ricadde in ginocchio, e restò immobile a guardare lo stelo nudo tra le mani.
“Cosa stai facendo?” chiese Isolden mentre si stiracchiava come una marmotta che si sveglia dal letargo.
“Isolden, sapessi cosa mi è successo mentre dormivi, ho conosciuto una fatina, mi ha promesso che la rivedrò, che tornerà da me”.
Isolden scoppiò a ridere goffa più che mai, lui ormai la guardava con occhi diversi, le sorrideva senza più sprecare inutili parole verso quella umana che, seppur volendole bene, non destava più il suo interesse.
Guardò il cielo blu, le nuvole correvano veloci – “torniamo a casa, prima che faccia buio” –
“ si Isolden ti riporto a casa.”
Passarono i giorni,
i mesi…. gli anni.
Klaus manteneva il ricordo di quell’incontro, e di quella promessa che però tendevano umanamente a sbiadirsi nel tempo.
Chissà se quella fatina sarebbe tornata.
Chissà se Klaus l’avrebbe riconosciuta.
E poi…
chissà se è stato tutto vero o se è stato solo un sogno.
Li,
in fondo,
sulla quella linea dell’orizzonte che attende il sole ad ogni tramonto,
si posa lo sguardo di quell’uomo che ancora attende.
Attende qualcosa,
aspetta qualcuno che non ricorda più nitidamente,
sa che dovrà cercare di non dimenticare, e che dovrà attendere di vita in vita,
perché qualcuno,
da un regno incantato,
prima o poi
tornerà da lui.