È un periodo di magra che dura ormai da quasi quattro mesi. Non vado nemmeno più in ufficio tanto so che non ci sarà nessuno ad aspettarmi. Nessun cliente, nessuna indagine. Il nulla, insomma. Perciò vago senza meta per la città sperando che questa crisi si risolva quanto prima. Prima cioè che si esauriscano i pochi spiccioli che mi tengono ancora a galla.
Non avevo mai fatto caso a quanti cani girano per le strade. Un numero veramente impressionante giacché ne vedo, di tutte le razze e mole, ad ogni angolo di strada. Tranne qualche caso sporadico, tra cani e padroni c'è sempre un'evidente similitudine somatica e psichica. A cane piccolo e tranquillo corrisponde padrone piccolo e mite, a cane piccolo e nervoso corrisponde padrone piccolo ma collerico; a cane grande corrisponde padrone grosso, e a cane feroce corrisponde un padrone inciprignito e torvo, entrambi pronti all'aggressione. Non odio i cani ma non li stimo: li vedo come servi, come dei burattini senza fili. Mi chiedo, poi, quanto costa mantenerne uno, di certo non poco e mi chiedo, vedendo anche le resse nei bar e nelle trattorie e l'orda di turisti, se è poi vero che c'è poco denaro in giro. Constato, infine, che la merda dei cani deve essere un prodotto niente affatto sgradevole, dacché vedo sempre volti sorridenti e premurosi sottendere alla raccolta solerte delle loro deiezioni.
Con un sobbalzo nel petto il cuore accoglie con speranza il trillo del telefono. Le acque finalmente si muovono: debbo ritrovare un vecchio disperso dalla periferia nord della città. Il compenso offerto non è proprio il massimo ma, al momento, basta e avanza per mettere qualcosa nello stomaco, con l'indagine a sottrarre tempo all'esondare dei pensieri.
Come abbia fatto il vecchio a raggiungere il Bois de Boulogne da Dugny rimarrà un mistero, sta di fatto che lo ritrovo lì dopo aver peregrinato in lungo e in largo. Tranquillo e sorridente su una panchina a dare le briciole di pane a colombi e papere. Lucido più di un ventenne, il vecchio mi esorta a non tradirlo, a non farlo riportare alla casa di riposo. In quel lager dove i figli, senza alcuna pietà, l'hanno rinchiuso in quattro e quattr'otto, per disfarsene.
Così stando i fatti non me la sento di fare questa carognata per denaro, anche se sto alla canna del gas. M'incammino, dunque, senza una meta cullato dalla brezza primaverile, con l'immagine di quell'uomo impressa nella mente. La decadenza dovrebbe essere interrotta sul nascere, mi dico, quando la commiserazione non è che attestazione di inutilità, e inequivocabile segnale di malcelata sopportazione. Sopportazione che, a sua volta, sfocia nell'intolleranza non appena il minimo acciacco intacca l'autosufficienza. Dall'intolleranza alla restrizione e alla soppressione nelle case di riposo il passo infine è breve. In altre parole i colpevoli di vecchiaia non hanno scampo. Non c'è memoria che tenga, non c'è riconoscenza che tenga, non c'è coscienza che tenga. Permane tenace solo l'ipocrisia, quella che di fatto concede al disfacimento di potersi esprimere come, quando e quanto vuole.
Davanti a me un labrador, con pettorina e guinzaglio griffati, depone i suoi escrementi sul selciato con calma e soddisfazione, sotto gli occhi vigili e sorridenti della padrona, già pronta con il sacchetto in mano. Chissà come reagiranno i figli del vecchio, mi chiedo, pur sapendo già la risposta. Assolderanno immediatamente un altro detective per recuperare l'evaso e riporre di nuovo la loro coscienza in vetrina. Mi volto, prima di girare l'angolo, per dare un'altra occhiata a quel cane. Magari mi sbaglio e il servo non è lui, ma poco importa. Più importante, invece, è che i due non si somigliano affatto.
Devo essere proprio stupido, mi dico, nel mentre già ritorno sui miei passi e a grandi falcate. Come si fa, mi chiedo, solo ad aver pensato di rinunciare ai soldi per una mera questione di scrupoli. A nessuno, al mio posto, sarebbe passato nemmeno nell'anticamera del cervello quest'idea balzana, oscena. A nessuno, al mio posto, sarebbe venuto in mente di dare ascolto a quelle fastidiose vocine di dentroi. Tutti, al mio posto, invece, avrebbero approfittato della situazione per poter spillare molti più quattrini. Per fortuna posso rimediare, ancora.
Non protesta e non fiata, il vecchio, mentre stringendogli un braccio lo riporto al suo destino.