Forse tutto è iniziato all’età adolescenziale. Il mio sentirmi estranea, indifferente dico. Non superficiale, disinteressata, neutrale. Alle elementari ero felice, non
soffrivo di nessuna crisi di panico, ne fui estraniata dai miei compagni. E alle superiori che tocchi il fondo. Mi piaceva stare al centro dell’attenzione ma non perché avessi qualcosa in piu’ degli altri, soltanto perché mi è sempre piaciuto far divertire la gente con le mie battute, con le mie smorfie, con i miei racconti.
Sognavo fin da quell’età di trovarmi su di un palco teatrale , recitare un monologo e cantare una canzone che potesse “curare” le anime di tutti coloro che mi stavano ad ascoltare. Proprio come la musica ha fatto sempre con me. La musica è terapia,
dell’anima.
Quindi non saltavo mai la scuola : te lo concedevi alle superiori. Di certo non volevo avere un futuro lavorativo importante, giusto, mediocre che mi
avrebbe permesso di potermi comprare casa e andare ad abitarci da sola. Sono sempre stata una ragazza indipendente e responsabile delle mie azioni. Non mi andava a genio essere comandata da qualcuno, trannè che per insegnarmi l’educazione e tutto quello che ancora non ero in grado di fare. Era giusto che ognuno di noi sarebbe cresciuto con gli stessi diritti. Stimavo la mia famiglia. Mia madre. Piu’ di quanto un bambino possa stimare un suo supereroe preferito.
Caratterialmente volevo somigliare a mia nonna, una donna calma, pacata, sempre ordinata. Il contrario di me. Lei, mia madre e mio padre non si erano mai abbattuti in niente e anch’io quando soprattutto litigavo con mia sorella che molte volte ci
trovavamo in disaccordo. Ma gli volevo bene. Molte volte accadeva che quando non volevo andare a scuola, desideravo andare con mia nonna al mercato. Adoravo fare la spesa al mercato anche se non era preoccupazione mia di ogni
giorno pensare a cosa preparare, ma pensavo già in grande. Un giorno mi sarei trovata anch’io a dover fare tutto questo per me e per chi avrebbe voluto starmi accanto.
Mia nonna è sempre stata, dopo mia madre, l’unica a capirmi.
Continuai ad andare a scuola …