Nei giorni come quello, in cui il cielo era coperto di nuvole, Alberto era sempre giù di corda.
Di notte non avrebbe potuto contemplare la seconda stella a destra, come provava a fare ogni sera, da tre anni a questa parte.
La seconda stella a destra... la loro Stella! La sua Rosanna era a 1000 Km di distanza e, quando la vita li aveva separati, si erano promessi di parlarsi ogni sera per quindici minuti, attraverso la loro Stella.
L'avevano scelta in una notte d'agosto, tenendosi per mano; Rosanna avrebbe voluto quella più luminosa, ma Alberto aveva insistito per "la seconda Stella a destra".
"Ma è quella di Peter Pan" aveva sospirato Rosanna. "
“Già, proprio Lei: Seconda stella a destra, questo è il cammino, e poi dritto fino al mattino.
Non ti puoi sbagliare perché, quella porta all’isola che non c'è!".
Avevano entrambi alzato le mani al cielo, con l'indice proteso verso la Stella e avevano detto insieme:
"Ogni notte a mezzanotte, quindici minuti... quindici minuti, con i nostri occhi che si troveranno, riflettendosi su quella stella".
Quando di giorno il cielo era coperto, Alberto sperava sempre che la sera piovesse e che un vento impetuoso portasse via le nuvole.
Si, ormai sapeva a memoria dove si trovava la Stella e ogni sera a mezzanotte, aspettava che si aprisse uno spiraglio, per poterne vedere la luce, ma i quindici minuti passavano veloci e l'incanto sperato svaniva.
Ma Alberto non era uno che si dava per vinto. Fantasticava sul modo di far sparire o superare le nuvole.
Aveva pensato ad un grande aspirapolvere, con un lungo tubo proteso verso il cielo e un sacco nero grandissimo per catturare una buona parte di nuvole; aveva comperato un cannocchiale d'ottone, come quello dei capitani delle navi, con ben cinque sezioni, che si allungavano estraendosi una dentro l'altra; aveva pensato a un aquilone grandissimo a forma di tubo quadrato, che avrebbe potuto perforare le nuvole nel punto in cui c'era la stella...
L'aquilone lo aveva anche costruito: un parallelepipedo con il lato quadrato di due metri e lungo cinque. Aveva comperato cinque chilometri di filo, era salito sul terrazzo di un palazzo di 10 piani e aveva cercato di farlo volare... niente da fare: l'aquilone aveva fatto un piccolo giretto, volteggiando nella notte e poi era precipitato in strada, schiantandosi.
Per fortuna le giornate non erano sempre nuvolose e spesso il cielo era terso e pulito. In quei giorni Alberto non stava nella pelle.
Abitava in un palazzotto anni '50 di circa quattro piani e, ovviamente aveva scelto di abitare all'ultimo piano... una sorta di attico con una bella veranda di venti metri quadri, con una tettoia anti pioggia, da cui si poteva vedere la sua stella.
Aveva sistemato sotto la tettoia un comodo divano da giardino, di quelli marroncino in Rattan e una mezz'ora prima della mezzanotte, si sistemava per benino con il suo cannocchiale, una copertina e le cuffie per la musica... metteva su un LP di Chopin, preparava il secchiello del ghiaccio con la bottiglietta di prosecco da 20 cl e si gustava la volta celeste, in attesa della mezzanotte.
Aveva anche comperato da un antiquario un orologio a pendolo, che a mezzanotte faceva sentire la sua voce calda e profonda: Don... Don... Don... dodici rintocchi cadenzati. Quei quindici minuti erano la sua vita e li aspettava sempre, anche quando la notte era buia e senza luci.
Il tempo intanto scorreva e gli anni si dipanavano sempre più velocemente.
Il medico gli aveva proibito di prendere freddo, ma Alberto aveva rimediato solo con una coperta più pesante, un cappellino e una sciarpa di lana, e continuava imperterrito con la sua dolce ossessione... ogni sera, mezz'ora prima della mezzanotte, Chopin, Prosecco... Don... Don... Don...
Lo trovarono un giorno, accartocciato sul suo divanetto di Rattan, con la bottiglietta di Prosecco ancora piena e la puntina del giradischi, che aveva scavato un solco profondo alla fine del disco.
Aveva appena compiuto 100 anni.
23/05/2017 - Lecce