Claudia non aveva dormito per tutta la notte, tanta era l’emozione di trovarsi in riva al mare. Lei aveva sedici anni e non aveva mai visto il mare così da vicino. I genitori erano rimasti a dormire nella camera che era stata prenotata per loro. Lei, invece, approfittando delle condizioni ideali per poter arrivare sul molo, aveva preferito scendere presto per godersi da sola lo spettacolo, per lei inconsueto, del mare. Erano le prime ore del mattino e le acque erano calme, come assopite in attesa di ricevere la massa dei bagnanti che fra qualche ora si sarebbe riversata sulla spiaggia. Quella strana aria salmastra nelle narici le donava un effetto benefico, sentiva i polmoni aprirsi e lei respirò profondamente. Tante volte aveva immaginato di trovarsi dove era adesso. Nella stanza della sua casa in montagna, dove era nata, aveva visto sempre e solo un panorama, quello dell’altopiano di Colfiorito. Quando in primavera fiorivano le piante spontanee e soprattutto le lenticchie era uno spettacolo impressionante, un tripudio di colori e di aromi, il trionfo della Natura. Eppure, lei vedendolo tutti i giorni nei suoi sedici anni, era stufa, non ne poteva più di tutta quella neve d’inverno che la costringeva a restare chiusa in casa per mesi interi. Era proprio in quelle occasioni che lei sognava del mare. Seguiva con interesse e una punta di rammarico le trasmissioni televisive che illustravano le vacanze al mare di milioni di persone. Era estate e lei si trovava al mare come aveva sempre desiderato.
Guardava, come inebetita, il movimento inarrestabile delle onde, a volte leggere, altre appena più frequenti. Ascoltava estasiata il rumore che producevano. Per delle orecchie abituate poteva sembrare un semplice fruscio, per lei invece era pura musica. Una sorta di magico richiamo al quale lei non voleva sottrarsi, ma assecondare con la testa i movimenti e la musica. I suoi capelli sciolti ondeggiavano in sintonia con le onde. Stava lì immobile a osservare la sabbia e, i primi bagnanti che arrivavano alla spicciolata. Molte erano le mamme con il carrozzino che portavano i bambini piccoli a respirare lo iodio e l’aria pulita del mare. Chissà da dove venivano, forse dalle grandi città invase dallo smog. Qui trovavano l’ambiente ideale per i loro figli.
Rimase nel suo punto di osservazione a lungo, vide il sole crescere e alzarsi splendente nel cielo, ne sentiva il calore sulle braccia coperte da una leggera camicetta, sapeva che per la sua carnagione delicata non poteva rischiare si esporsi più di tanto. Indossava una gonna lunga di un tessuto un po’ troppo pesante per l’occasione, ma non aveva niente di meglio da mettere, non c’era stato il tempo necessario per fare molto. Erano stati costretti a fuggire in fretta e furia. In testa voleva mettersi un cappellino, ma non l’aveva trovato, aveva i cappelli lunghi sciolti e con quelli si copriva il viso. Era tempo di rientrare, il sole scottava nonostante fosse presto. Il riverbero del mare aumentava il potere riscaldante, forse poteva arrischiare di bagnarsi i piedi, ma per quello doveva per forza aspettare la madre che certamente, svegliatasi e non avendola trovata in camera, sarebbe uscita di corsa a cercarla. Sorrise pensando alle ansie di sua madre, ma sapeva che aveva ragione, lei non doveva e non poteva allontanarsi molto, in questo caso aveva disobbedito perché la distanza dal mare era proprio irrisoria, praticamente l’albergo dove erano stati accolti era proprio in riva al mare. Vide la spiaggia affollarsi di ogni tipo di soggetti. Si divertì nel cercare d’indovinare le caratteristiche di ogni singola persona. C’era la famigliola al completo, due genitori e due bambini, il maschietto brufoloso e indisponente e la femminuccia che si guardava intorno in cerca di chissà cosa. Il giovane muscoloso e solitario che con il suo asciugamano cercava un posticino appartato per distendersi al sole e mettere in mostra il suo fisico. Vide anche una coppia di anziani dalla pelle bianchissima più della sua. Camminavano con fatica sulla sabbia calda accompagnati dal bagnino che li stava guidando verso il loro ombrellone. Era intenta in questo innocuo giochino, quando si udirono grida e risate scomposte, era arrivato sulla spiaggia un gruppetto di ragazze, dovevano essere all’incirca una decina. Ottenuta la chiave della cabina a turno andarono a spogliarsi per uscire poi, tutte in due pezzi molto succinti, quella fu una visione che procurò un certo imbarazzo in Claudia, lei non avrebbe mai potuto fare una cosa del genere. Le ragazze dovevano avere più o meno la sua età, tutte belle, sorridenti e spensierate, i corpi acerbi già abbronzati alla perfezione, nei loro movimenti gioiosi ebbe modo di notare che nessuna aveva il classico segno bianco sotto il costume voleva dire che avevano preso il sole integrale. Quanta spensieratezza in quelle giovani donne, si godevano la loro gioventù senza pensieri e senza chiedersi molti perché. Ebbe un attimo di smarrimento, ma subito dopo si riprese e continuò a osservare il mondo che le stava davanti. Com’era diverso da quello che abitava sulle sue montagne, gente dedita al lavoro continuo, una vita fatta di sacrifici e di rinunce per poter vivere, poi, una vita semplice fatta di piccole cose.
Claudia non si era mai lamentata di niente, era la sua vita. Fu lieta di vedere arrivare trafelata la madre.
«Ciao mamma – esclamò sorridendo – mi chiedevo quando saresti arrivata.»
«Incosciente, come mai ti sei allontanata così senza dirmi niente, lo sai che poi mi viene l’ansia.»
«Dai mamma, non fare la tragica hai visto tu stessa, sono a un passo dall’albergo. Mi sono goduta un po’ il mare che non avevo mai avuto occasione di vedere così da vicino. Ora però vorrei tornare dentro, il sole picchia e ho anche fame, devo fare colazione.»
«Va bene piccola mia, mi fa piacere che hai potuto stare un po’ in pace dopo quello che abbiamo passato ci voleva proprio un diversivo. Ricordati però che non siamo in vacanza, questa è una sistemazione provvisoria.»
«Si mamma, lo so benissimo, non stare a pensarci troppo, ti fa solo male. Io non ci penso, è andata così, che vuoi farci.»
« Figlia mia, come fai a restare così tranquilla, io sono notti e notti che non riesco a dormire, pensando a cosa abbiamo perso, che fine faremo. Sono in pensiero per te amore mio, tu come andrai avanti se non possiamo darti quello che serve.»
«Non ci pensare adesso, mamma, piuttosto andiamo dentro, ho fame. Speriamo che abbiano una colazione degna in questo albergo e non le solite fette biscottate e marmellata, lo sai che non le sopporto.»
«Tranquilla ho provveduto a informare il personale che per te ci vuole altro e, devo dire, si sono messi a disposizione.»
Così dicendo tolse il freno alla carrozzella sulla quale era seduta Claudia e la girò su sé stessa, poi la spinse in direzione dell’ingresso dell’albergo.