Penetrai la sua carne senza alcuna fatica, succhiando avidamente il collo.
Fui inondato da una sensazione prima di calore, poi di profondo piacere che si diffuse istantaneamente in ogni cellula del mio corpo, facendomi dimenticare chi ero, dove mi trovavo, cosa stavo facendo. Un momento di estasi, di totale abbandono al godimento fisico, che non durò a lungo. Subito fui preso dai sensi di colpa e dal disgusto per qualcosa che sentivo contrario alla mia natura. Ero in ginocchio sull'asfalto, il corpo di un uomo tra le braccia, il segno del morso sul suo collo, un rivolo di sangue inzuppava la sua camicia azzurra.
Avevo ucciso un uomo. La sua pelle ancora umida di sudore emanava un odore intenso, di strada e di paura.
Allontanai il cadavere con una spinta, disgustato.
Nascosto nell’ombra, raggiunsi la macchina. Mi guardai nello specchietto: ero di nuovo il ragazzo timido e composto che tutti conoscevano. Guidai senza intoppi verso il paese: la provincia offriva cibo abbondante e pochi rischi. Ero ormai arrivato a casa quando la vidi. Era ferma sotto un lampione, sola, ad aspettare il pullman. La riconobbi subito. O meglio, fin dal primo momento avevo sperato che fosse lei, e quando ne ebbi la conferma mi venne un tuffo al cuore: la mia compagna di classe del liceo, la più bella. Avevo sempre avuto un debole per lei, come tutti. Mi fermai d’istinto e abbassai il finestrino.
"Ciao Anna, cosa fai in giro da sola a quest'ora?"
Lei si voltò, sorpresa. Poi sorrise. "Ciao, quanto tempo! Sono stata a cena da Barbara, ma il pullman non arriva mai."
"Se vuoi ti porto a casa."
Anna esitò un attimo, poi aprì lo sportello. "Sei sicuro? Non voglio disturbarti."
"Figurati, stavo giusto rientrando. Così facciamo due chiacchiere."
Si sedette accanto a me, chiudendo piano la portiera. "Grazie, davvero. E’ quasi mezz’ora che aspetto”.
"Tranquilla. E poi, da quanto non ci vediamo? Dall'ultima estate del liceo, no?"
"Sì, esatto. Mi sembra una vita fa." Lei rise piano, e io sentii il suono della sua voce riscaldarmi.
"Quindi sei stata da Barbara? Siete ancora amiche dopo tutto questo tempo?"
"Sì, ogni tanto ci vediamo. Sai com'è, le vere amicizie resistono." Mi lanciò un'occhiata, curiosa. "E tu? Che fine hai fatto?"
"Ah, niente di speciale. Lavoro da mio zio, la solita routine. Tu invece?"
Lei sorrise, e nei suoi occhi c'era un riflesso di soddisfazione. "Ho iniziato l'università. È dura, ma mi piace. Anche se fare la pendolare mi sfinisce."
"Non hai mai pensato di trasferirti?"
"Sì, infatti sto cercando un posto. Magari con un’amica. Ma sai, i soldi sono sempre un problema."
Annuii, cercando di non fissarla troppo a lungo. "Immagino. Ma sono sicuro che troverai una soluzione."
Lei mi guardò e sorrise. "Grazie. Sei sempre stato gentile con me."
"Beh, con te è facile essere gentili," dissi, sentendo il cuore battere più forte.
Lei mi fissò per un istante, poi inclinò leggermente la testa con un sorriso enigmatico. "Mi piacciono i ragazzi gentili.."
Ci fermammo davanti al suo cancello, ma lei non scese. Continuammo a parlare, a raccontarci aneddoti e a ricordare episodi del passato.
"Ti ricordi quando in gita..."
La sua voce si perse nel buio della notte mentre il mio sguardo scivolava lungo il suo collo, seguendo la curva delicata della sua gola. Il battito del suo cuore risuonava nelle mie orecchie, un ritmo seducente e ipnotico. Sentivo la fame risvegliarsi dentro di me, un desiderio ardente che minacciava di consumarmi.
No, non potevo. Non ad Anna. Non a lei.
"Ehi, mi stai ascoltando?" chiese lei con aria maliziosa, interrompendo il flusso dei miei pensieri oscuri.
Sbattei le palpebre, cercando di concentrarmi sul suo viso. "Scusa, ero... distratto."
Lei sorrise, mi guardò fisso per qualche secondo, poi si fece seria. "Sai, sono contenta di averti incontrato stasera."
Il suo sguardo mi trapassò, carico di aspettativa. Il mio cuore accelerò, il desiderio pulsava violento nelle vene. Volevo sfiorarle il viso, sentire la morbidezza della sua pelle sotto le dita, attirarla a me, perdermi nelle sue labbra.
"Anch'io sono felice di averti rivista", risposi con un sorriso forzato.
Anna si avvicinò, i suoi occhi fissi nei miei, e il mondo intorno svanì. Il suo profumo di rosa mi avvolse, dolce e seducente, intrecciato al suo odore di donna, vivo e irresistibile. Il calore del suo corpo lambiva la mia pelle, il suo respiro, caldo e umido, sfiorava il mio viso mentre nelle mie orecchie risuonava il fluire ipnotico del suo sangue fresco!
Afferrai la maniglia in preda al panico, con le gambe pietrificate da pulsioni opposte. Lei mi attirò a sé, baciandomi come nessuna mi aveva mai baciato. Senza staccare le nostre labbra esplorammo i corpi con le mani. Poi lei iniziò a baciarmi il collo, con la testa inclinata da un lato, così esposta, così vulnerabile e invitante, pronta a donarmi la sua vita…
"No!" gridai, allontanandola con forza.
Anna mi fissò scioccata, gli occhi spalancati. "Che... che succede?"
"Mi dispiace," balbettai. "Non posso. Non devo."
"Ma credevo che tu..."
"No, Anna. È meglio se vai." La mia voce tremava. "Ti prego."
Lei esitò un istante, ferita e confusa. Poi aprì la portiera e scese di fretta dall'auto, senza dire una parola, senza voltarsi.
Un dolore sordo mi trafisse lo stomaco, ma era meglio così. Meglio il suo disprezzo che la certezza di farle del male.
Mentre la guardavo allontanarsi, una consapevolezza mi travolse: era giunto il momento di fare ciò che non potevo più rimandare: abbandonare tutto, scomparire e ricominciare da zero, lontano da quel mondo, da ogni legame. Non potevo più essere il ragazzo timido e composto dietro cui mi nascondevo. Avrei abbracciato pienamente ciò che ero davvero: un predatore solitario.