Giove, re degli dèi, si accascia sul trono al termine di una lunga giornata.
<< Giullare! >> bercia, << Fammi divertire. >>
<< Sire, penso che la storia di stasera vi piacerà. >> Lo rassicura il giullare, mentre posiziona davanti al suo padrone il grande specchio che permette di vedere le vite degli umani.
La superficie si increspa ed appare la figura di un uomo.
<< Il nostro protagonista è Marco Tullio Valerio. Osservi Sire, come cammina su e giù per il suo studium, dove oggi non riceve clienti. Si torce la toga da quanto è nervoso. Non sta più nei sandali dall’eccitazione perché, cito, “Oggi è il giorno in cui i miei sogni si realizzano. Fanculo gli dèi!” >>
<< Sai che novità >> commenta Giove << un umano che impreca contro di noi. Se dovessi dare retta a ogni insulto non farei altro nella vita.>>
<< Sire, è per dare un contesto. >>
<< Mmm. Va’ avanti. >>
<< Per capire l’oggi, dobbiamo ripercorrere tutta la vita di quest’uomo. Facciamo un salto nel passato. Eccolo Marco Tullio Valerio – ma chiamiamolo Tullio d’ora in poi, Marco non gli piace, era il nome di suo padre – nei suoi primi anni di vita, passati nello sfarzo e nella felicità. >>
Appare il viso rotondo di un bimbetto di pochi anni. L’inquadratura si allarga. Lo si vede correre in un grande prato ben curato, gioca con una donna e un cane.
<< Questa è sua madre. >> Bel viso sereno, una tunica bianca in lino finissimo. << Sono nella domus avita. Tullio gioca con il cucciolo che gli hanno appena regalato. Intorno a loro degli schiavi sagomano i cespugli in forma di centauri, i preferiti di Tullio. Un profumo di arrosto proviene dalle cucine. È quasi ora di pranzo. >>
Nello specchio la scena cambia.
<< Ma ecco che all’improvviso tutto il mondo di Tullio viene spazzato via. Rumori di metallo, voci concitate, grida. È un attimo. Il padre – il disdicevole Marco, ne parlavamo prima - viene arrestato con l’accusa di frode e trascinato via in catene. Tullio non lo rivedrà mai più. Frode. Non c’è accusa peggiore per un mercante, figlio di mercanti, nipote di mercati, pronipote di mercanti. Tutto viene confiscato, smembrato, venduto. Perfino il cucciolo di cane, a cui Tullio non fa neanche in tempo a dare un nome. >>
Nuovo scenario.
<< Sono finti i tempi dei giardini e degli arrosti. Tullio e la madre ora vivono in una cantina nella zona del mercato di Roma. Arrivano qui per il processo del padre e anche dopo l’esecuzione ci restano. Non c’è un altro posto dove andare. Amici e parenti sono spariti come sempre accade nella sfortuna. Le vesti candide si fanno stracci. Il viso bello e sereno invecchia e si scava, giorno dopo giorno. Tullio vede la madre piegata sotto il peso di una giara d’acqua, peso che non sa portare. La giara cade e si rompe. La osserva muto inchinarsi e chiedere scusa all’uomo per cui lavora. Quando con la pancia che gli fa male per la fame Tullio le chiede “Perché?” la risposta che riceve è sempre la stessa: “È il volere degli dèi. Mettono alla prova la nostra fede.” >>
<< Figurati se ci interessiamo alle vite di quegli insetti. >> sbuffa Giove.
Il giullare non si lascia distrarre e continua. La scena è cambiata ancora. Ora mostra un Tullio adolescente. << Ha iniziato a lavorare al mercato. Fa le consegne, carica e scarica merci, spazza i pavimenti. Mette da parte ogni sesterzio. Ma è difficile. La nomea di famiglia di truffatori lo segue come un cattivo odore. Scopre però dei dettagli sul processo a suo padre. La madre glieli ha sempre taciuti. Ora sa il nome del principale accusatore: Sesto Adriano Menio. >>
Giove sbadiglia.
<< Il colpo di scena, Sire. Da una schiava al servizio di Sesto, Tullio scopre che il vero artefice della frode è stato Sesto. L’unica colpa dello stupido Marco è stata l’ingenuità. >>
Lo specchio inquadra da vicino il volto di Tullio, lo sguardo feroce, il pugno serrato con cui fa il giuramento.
<<”Mi riprenderò tutto ciò che è mio. Tutto quello che mi spetta.” >> Il giullare muove le labbra in sincrono con quelle di Tullio, il suo tono di voce è intenso e drammatico. << “È stato il volere degli dèi. Ma io mi ribello. Fanculo gli dèi! Loro mi hanno tolto tutto. Io me lo riprenderò, costi quel che costi. Sono io l’artefice del mio destino.” >>
<< Tutto qui? Che palle. >> Si lamenta Giova grattandosi la pancia prominente.
<< Sire, vi ho forse mai deluso con il mio intrattenimento serale? >>
<< Sei ancora vivo. >>
<< E intendo restarlo. Vi chiedo solo ancora un po’ di pazienza. >>
Giove mugugna tra sé e sé ma gli fa segno di continuare.
<< Vediamo ora Tullio da adulto. >> Riprende il giullare. << È diventato un uomo avido, cinico, spietato. È un mercante. Quando muore sua madre, ne vende denti e capelli.
Quando la sua prima moglie muore di parto, Tullio festeggia due volte. La prima perché gli è nato un maschio – lo sapete quanto sono patriarcali questi umani – e la seconda, perché si è creata l’opportunità di concludere un nuovo matrimonio più vantaggioso, con una donna di una famiglia più ricca. Sì, perché lui ormai vede le persone solo come contratti, occasioni, guadagni. Tullio lavora, negozia, prospera. Imbroglia, ricatta, uccide. Dorme poco, mangia poco, beve niente. È avaro in tutto, perfino di parole. >>
<< Sì, sì, ho capito. >> interrompe Giove, << Arriva al dunque. >>
<< Alla soglia dei suoi venerandi quarant’anni il nostro Tullio ha raggiunto il suo obiettivo. Oggi torna a casa. Sta per riprendere possesso della domus dei suoi avi e di tutti i possedimenti ad essa connessi. Con l’inganno e un prestanome è riuscito a mandare in bancarotta Sesto Adriano Menio. Si è ripreso tutto il suo patrimonio e anche di più.
Tullio ha rinunciato a tutto per questo solo, unico obiettivo. Affetti, piaceri, riposo. Ma ne è valsa la pena. Torniamo ora, Sire, al momento presente. Eccolo Tullio, che lascia il suo studium ed esce in strada tutto ben vestito, con una toga immacolata e i sandali migliori. “Ho forgiato il mio destino,” pensa. “Fanculo gli dèi!” Monta sulla biga, dove uno schiavo lo aspetta con le redini in mano.
“Dove andiamo, padrone?“
“Pompei.” >>
<< Pompei? >> Giove aggrotta le sopracciglia sforzandosi di ricordare, << Pompei mi dice qualcosa. Non c'era quella cosa oggi? Quella cosa col vulcano? >>
<< Sì, Sire. Un’eruzione vulcanica. Molto grande. Catastrofica. >>
Giove scoppia a ridere.
<< Bravo, giullare, >> applaude, << anche stasera sei riuscito a divertirmi. >> Indica lo specchio con un dito grassoccio. << Inquadra bene da vicino questo Tullio. Voglio proprio vedere che faccia fa quando arriva a Pompei. >> ride a crepapelle il re degli dèi, battendosi le mani sulle cosce.