Non stavo sicuramente al passo con il mio tempo e non avevo l'invincibile sorriso da imbecille di una qualunque “teenage girl” meravigliosa. Non mi sono mai lanciata a bomba nell' imminente "American dream". Non mi immedesimavo nelle serie tv ambientate nei college usa, pieni di ragazzini disinvolti con lo stile di vita di un broker trentacinquenne. Non avevo fretta di diventare una donna. Corrispondevo con amici e amiche di penna, disegnavo sempre, guardavo documentari sugli animali, volevo fare la veterinaria, sognavo molto. Nel 1999 avevo 10 anni. Si vedeva ancora in giro qualche walkman, affacciato dalle tasche degli zaini "Invicta" in compagnia delle penne necessarie a riavvolgere il nastro dell' audiocassetta che faceva girare, qualora si fosse intrecciato.
Io, con i Dire Straits e Gianna Nannini pescati dalla musica dei miei genitori, passavo fiera al lato B di album che ascoltavo 1000 volte dall' inizio alla fine e me la vivevo serenamente; ma allo scoccare della mezzanotte del 31 dicembre il mio ingenuo sistema biologico cominciò a mutare. Si trasformava il mio modo di ragionare. Il mondo analogico in cui vivevo cambiò, credo troppo rapidamente, dissolvendosi in una nube di quel benessere feticcio residuo appiccicoso degli anni ottanta. Ci siamo entusiasmati per il progresso tecnologico in grado di cambiare il destino dell' intero pianeta e salvare migliaia di vite dall'arretratezza, liberarci dal petrolio…haha…e magari di poter viaggiare a bordo di auto volanti! Invece no. Siamo rimasti come salami, con in mano nuovi apparecchi già obsoleti prima ancora di venire acquistati. Ci siamo riempiti di lettori CD con le hit brutte dell'estate, telefonini con l'offerta di Megan Gale, modem a banda larga, animaletti di 4 pixel da tenere “vivi” dentro un pezzo di plastica, parabole satellitari per vedere i canali degli 899 su schermi più grandi, suonerie in MIDI, piattissimi dvd, lettori Mp3, fotocamere a batterie ricaricabili e navigatori satellitari pagati solamente 499€ anziché 1.000.000 £...È stato terribile per me, passare dall' infanzia all'adolescenza durante il frettoloso botto globalizzante del 2000.
A 10 anni, guardavo Jurassic Park in vhs mentre facevo merenda e stavo alla grande. A 11 anni guardavo Jurassic Park in dvd, ma senza l'aspirazione di diventare una pop-star non venivo ammessa al club della pubertà e non potevo "civettare" con le compagne di scuola. A 12 anni ero fuori dai cerchi della comunicazione tra pari senza Sms illimitati e faccine del cavolo. A 13 anni l'imbarazzo di una conversazione tra innamorati, mi faceva perdere maldestramente al confronto con le disinibite e sconosciute "webchat".
Non penso oggi che quelli fossero i "bei tempi". Dalle mie parti, non è che il '10 del nuovo secolo, sia stato così eroico. La mia classe d'altronde appartiene alla generazione Y, quella che è stata in prima linea durante la "grande recessione" tra il 2007 e il 2013. Noi cavie pioneristiche nel "futuro" dei social network, nel giro di pochi anni eravamo già in crisi, inconsapevoli della nostra storia, un po' come se fossimo capitati li per caso, guardandoci intorno rintronati con l'Ipod in tasca...eravamo in stragrande maggioranza dei Teenager alquanto confusi e rimbambiti. Dei miei 14/15 anni sfigati mi tengo gli ideali romanzati dei ribelli reietti di un'epoca che ho vissuto di striscio, quella dei "delinquenti" con creste e abiti strappati, che riempivano le cabine telefoniche pubbliche con ingiurie contro il capitalismo, scritte sul plexiglass nel tempo di una chiamata urgente da pochi spiccioli. Ammiravo quelli che molti chiamavano "inutili falliti" ma che avevano l'intraprendenza di reagire ad un disagio impacchettato con fiocchi e brillantini.
Sarà l'età, ma oggi mi auguro che mio figlio potrà in adolescenza ispirarsi a nuovi eroi davvero ribelli e rivoluzionari e che lo accompagni una nuova musica passionale rivolta con interesse al senso di umanità. Vorrei che si sentisse sempre fiero di esprimersi, in ogni modo. Che coltivi un ideale, un suo pensiero di libertà collettiva, senza mai spegnersi e scolorirsi in un ambiente sterile e narcisista, senza mai omologarsi ad uno stile di vita troppo candido e semplice. Vorrei che non rimanesse mai privo di dubbi sul dove possa essere stata nascosta la spazzatura. Non vorrei mai che maturasse senza un contrasto con noi genitori, con la scuola, con gli amici, con il suo mondo, senza essere critico con niente e nessuno, senza più un motivo per evolversi e scappare dal recinto. È vero, forse sono inutilmente nostalgica, ma vorrei poterlo vedere, nel prossimo decennio, che cresce come un giovane "John o' Connor" in guerra contro gli androidi, piuttosto che un comodo giovanotto in "The Truman Show" che chiede ad una palla di plastica che tempo faccia fuori.