Lo sto raggiungendo, lo stronzo, alla fine lo troverò, un cazzo di posto dove fargli vedere che non si gira impunemente nella mia tana con Il Capitale di Marx sotto braccio. Marx???? Maaaaaaarxstracazzogiudeorossomaaaaarx? Te lo faccio vedere io, il barbone egualitario, muco che non sei altro; aspetta di aver fatto altre due scale mobili qui, nel budello dell'universo...
Infilo la mano nella tasca del bomber sdrucito che ho portato via da casa quando 15 anni fa decisi di andare a vivere coi "Paladini della Purezza" e tasto quel rassicurante trionfo di metallo; il tirapugni è il Demiurgo, poco da fare. Stamane, alla terza sambuca al bar che spalanca l'ingresso del Metrò, una mezza idea ce l'avevo pure... e non è detto che non le dia margini di resurrezione.
Un bastardo di arabaccio zozzo che strologava su non so cosa con un suo compagno baluba... 'sti vermi zozzi, ve la do io l'Iziz o comecazzosichiama... i denti dal culo come tanti soldatini ti faccio schizzar via.
Ma adesso pensiamo al tipo, qua. Mmmhhh, dunque, analizziamo, ce l'ho ad una ventina di metri e fra un paio di minuti sarà a tiro, giusto mentre aspetta il convoglio della linea B... a quest'ora ci saranno si e no un'altra decina di persone... e di fronte ad una svastica appiccicata con cento aghi sui bicipiti che mi pompo ogni santo giorno non c'è protesta che tenga; merda nei pedalini ed inchinatevi al Potere, fetecchie!
Il tipo è anziano, capelli radi ma lunghetti, mi pare con una barba curata ma fluente (fluente, bleahhhh, parlo come quello stronzo del mio prof al liceo, quel succhiacazzi comunista), indossa un cappotto verde, il giusto tocco di anonimato per le spalle più anonime che mi capitava di vedere da tempo. Visto da dietro, mentre lo seguo con la calma di un leopardo che già pregusta cosciotto di impala, pare alto comunque, un po' curvo ma alto, direi che è alto più o meno come me... strano, io sono un metro e 90, non ce ne sono in giro molti, di perticoni della mia stazza; boh? Si vede che anche i geni dei nani stanno andando al macero, meglio così.
Faccio gradini della Metro a tre a tre, non voglio perderlo di vista... al quarto zompo sciolto: sento che l'anfibio ha pestato qualcosa di risucchiante... Nooooooo! Una merda! Nooooooooocazzzo! Mi chino e vedo, non certo con sollievo, che è un chewing gum; qualche figlio di puttana lo ha sputato fuori dal suo fetente buco giusto al centro di un disegno strano: una casa, una famiglia stilizzata e un cane. Paiono ghirigori felici, anche la sola realizzazione con pochi, esitanti tratti, di quei segni odora di serenità e del mentolo della gomma che contrappunta giusto il sole che sovrasta la casetta, quei soli scemi che disegnano i bambini coi raggi a ruota...
'zzo faccio? Qui mi perdo la preda oh! Prendo a correre, il cuore mi pompa a mille, non lo vedo più! Dov'è lo stronzo? Giro l'angolo dopo le ultime scale e lo vedo, ancora col suo tomo eretico sotto il braccio... E' un attimo, sento, so che devo farlo ora, in una ruscellante soluzione di continuità fra quello che mi ordina lo stomaco e quello che sento formicolare nel braccio.
Arrivo correndo alle spalle, il chewing gum sembra volermi rallentare ad ogni passo, è come se mi dicesse "fermo!" e realizzo in un attimo che a lavoro fatto dovrò raschiarlo via dalla suola a carrarmato. Con un ampio gesto estraggo la mano che già serra il tirapugni e abbatto un colpo tremendo fra la nuca e l'attacco della mascella del verme veterocomunista. Lo schiocco è da applauso.
Quello si abbatte a terra come una sequoia e sputa sangue grumoso prima ancora di toccare terra coi capelli bianchi scompigliati. Non singhiozza, tossisce piuttosto, fanno tutti così, è sempre lo stesso suono, quello che emettono le pecore da macello, il bestiame da odio, è un suono che quasi mi pare di riconoscere, un suono... familiare ecco, direi familiare...
Il libro adesso è a terra, scompaginato e marezzato di quel rosso che aveva voluto ispirare coi suoi concetti (adesso ce l'hai un perché a quello che blaterano le tue formichine di inchiostro eh?). Nessuno fiata; io dovrei scappar via a bearmi dell'opera ma non so perché resto, resto a vedere quella testa che si gira, quel rivolo di sangue rosso e colloso che, all'uomo, sembra sostenergli il capo come una stalattite colata sul pavimento di una grotta remota, quegli occhi azzurro scuro, azzurro scuro come i miei, indubbiamente gli occhi di mio padre, che mi guardano sereni, affacciati su una bocca buona e martoriata, da cui escono solo due parole: "Ciao Carlo".
Io rido, non so perché lo faccia, dalla mia, di bocca, esce solo un "Ihhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh" senza senso, la chiave di violino della follia, il do di petto dell'abisso, mi volto e mi tocco la croce celtica sul braccio, la graffio a sangue e corro. Sto scappando, ma adesso so che qualunque cosa mi insegua, mi raggiungerà sempre.