Ero in cima al Duomo di Colonia, sudato, stanco ma soddisfatto. Ero salito per più di 600 gradini per arrivare lassù ed ero così soddisfatto che ho preso il telefono per chiamare mia madre per dirle dov’ero. Oggi è così semplice fare una telefonata ovunque ci troviamo, eppure alcuni anni fa, neanche tantissimi, la situazione era completamente diversa.
Nel 1957, circa 60 anni fa, quindi non secoli fa, la situazione era impensabile se la confrontiamo a oggi.
Due anni prima Maria abitava con la famiglia in un paese dell’Irpinia, suo padre era mezzadro di una delle famiglie più ricche del paese. Per aiutare fattivamente i bilancio familiare accettò di andare a lavorare a Roma come donna di servizio proprio dalla moglie del proprietario dei terreni che suo padre lavorava come contadino.
Maria era felice di andare nella grande città, anche perché era benvoluta dalla signora. Tutte le mattine andava all’edicola di giornali, che stava nella piazza dove c’era il palazzo dove lavorava, per acquistare i quotidiani e le riviste per la famiglia. Lì conosce Gino, giovanotto che tutte le mattine le da i giornali. I due si piacciono, Gino prende il coraggio a due mani e la invita a uscire una domenica pomeriggio. I due si innamorano e si fidanzano, Gino la presenta alla sua famiglia. Quando Maria con la signora torna al paese, Gino va a presentarsi alla sua famiglia.
Tutto a posto, i due si amano, sono entrambi senza grandi mezzi economici, ma sono giovani e non hanno paura. Ogni tanto Maria deve tornare al suo paese per qualche giorno, magari per qualche settimana perché la signora ogni tanto vuole andare nella sua villa di campagna. In quei periodi i due non possono vedersi, però possono scriversi, ma le poste sono così lente. L’unica alternativa era il telefono, ma nel 1957 avere il telefono era un lusso per Gino e Maria, anzi per la maggior parte della gente.
Però c’era un modo per i due innamorati di non stare troppo lontani. Gino andava all’Ufficio centrale delle Poste e Telegrafi, che all’epoca si trovava a Piazza San Silvestro a Roma, prenotava la telefonata per il giorno successivo da fare verso l’ufficio postale del paese di Maria e a quel punto un fattorino delle poste del paese portava un avviso a casa della famiglia di Maria dove c’era scritto che il giorno successivo alla tale ora ci sarebbe stata una telefonata interurbana proprio per la ragazza.
Il giorno dopo lei si presentava all’ufficio postale con almeno mezz’ora di anticipo per paura di non essere lì a parlare con il suo innamorato. Ma l’ora prestabilita non era mai quella, di solito aspettava almeno altri 30-40 minuti prima di essere chiamata e invitata ad andare in una cabina dove c’era un telefono che squillava. Lei rispondeva e la gioia si concentrava in quei due minuti di telefonata, dove cercava di far sapere a Gino quanto le mancava, quanto gli voleva bene e Gino tentava di fare la stessa cosa. Ma due minuti finivano presto, non potevano sentirsi di più a causa dell’elevato costo che avevano le telefonate in teleselezione.
Quando si sono sposati, qualche anno dopo, Gino ha voluto avere subito il telefono in casa, quasi a memoria di quanto era stato difficile stare vicino al suo amore.
Sono passati solo 60 anni e penso che un po’ di romanticismo si sia perduto, non c’è più bisogno di quelle attese spasmodiche per dirsi che ci si ama. Però oggi si può parlare di più e magari ci si può dire più cose anche stando sulla Torre Eiffel.