Ci avevano attaccato all’improvviso, è stata una vera e propria guerriglia. Con le armi che avevamo a disposizione non potevamo fare molto.
Avevo appena preso una mia amica per andare a lavoro quando il cielo si oscurò improvvisamente, un grande boato, poi fragore ovunque. Le persone attonite guardavano sopra le loro teste, piccoli velivoli ovoidali sfrecciavano tra i palazzi sputando laser che colpivano i palazzi riducendoli a brandelli. In pochi minuti ci fu il caos più totale.
Nel tentativo di uscire fuori dall’ingorgo stradale, rimasi imbottigliato nel traffico tra i calcinacci dei palazzi che piovevano da tutte le parti, uno di questi colpì la mia auto. Non trovando altra alternativa scesi dalla macchina, presi per mano la mia amica e cercai in tutta fretta un riparo.
Le strade erano piene di polvere, la gente correva da una parte all’altra, come se un enorme piede avesse schiacciato un formicaio, sembrava un nuovo 11 settembre. Arrivarono delle camionette cariche di soldati armati di tutto punto. Le astronavi continuavano senza sosta nella loro battaglia.
La mia amica urlava in preda al panico, mi fermai per tranquillizzarla e in quel momento si sentì una raffica di artiglieria pesante, su di noi un piccolo velivolo alieno sparava con ferocia ovunque, colpendo la vetrina di un negozio di abbigliamento e mandandola in frantumi. Una scheggia di vetro colpì alla gamba la mia amica. Il velivolo stava puntando verso la nostra direzione, feci in tempo a prenderla in braccio e a trovare riparo in un vicolo stretto.
Dopo essermi sincerato delle sue condizioni, cercai di medicarle la ferita alla bene meglio, dovevamo trovare un riparo sicuro e il più lontano possibile dalla città.
Dalla mia sacca presi le mie pietre di luce, i Luzghalàr e dal mio collo presi il ciondolo degli Aztlàn, un talismano antico donatomi da un uomo-medicina del mio popolo. Posizionai le pietre in cerchio e il talismano al centro in modo da formare un piccolo cerchio alchemico, ci imposi sopra le mani e attivai le pietre che subito si illuminarono, una grande luce azzurra si sprigionò da esse avvolgendo me e la mia amica. In un batter d’occhio ci trovammo in un’autostrada a pochi metri da una galleria, dove alcune persone avevano trovato un riparo sicuro dagli attacchi degli alieni.
Grandi colonne di fumo si alzavano dalla città distante. Recuperai le pietre e le rimisi nella mia sacca, la mia amica mi guardava interdetta e stupita.
«Ma come abbiamo fatto a…?» mi chiese incredula.
«Le domande a dopo, ora dobbiamo trovare un riparo sicuro» dissi prendendola per un braccio e aiutandola ad alzarsi. Ci dirigemmo verso la galleria. Delle persone vennero a darci una mano.
C’erano persone di ogni razza e età, alcune erano ferite. Ci raccontarono di un’enorme astronave che aveva partorito degli altri velivoli ovoidali più piccoli che come uno sciame di insetti inferociti avevano iniziato a sparare laser su ogni cosa si muovesse.
Adagiai la mia amica all’interno della struttura dove c’erano altre persone ferite, aveva il viso pallido e si sentiva molto debole.
Presi dalla mia sacca ancora una volta le mie pietre, ne presi due e le sfregai tra le mie mani, iniziarono a sprigionare della luce verde, ci soffiai sopra, poi tenendole ciascuna per mano le imposi sulla gamba ferita della mia amica che mi informò di sentire un gran calore nella zona interessata. Nel frattempo, alcune persone si erano raggruppate intorno a noi osservando la scena a bocca aperta. Sentivo il loro vocio ma non me ne curavo, continuavo nel mio trattamento. Appena finii di curarla chiesi alla mia amica come si sentisse. Si toccò la gamba e con gli occhi sbarrati mi guardò stupita, la ferita era sparita.
«Co-come hai fatto?» chiese.
«È una lunga storia…» risposi asciugandomi il sudore dalla fronte.
«Io so chi sei…» disse una voce da gruppo di spettatori riuniti intorno a noi.
«Sei un Andelión! Non è così!» disse la voce.
«Credevo si fossero estinti» disse un altro.
«Ma chi è?» chiese un altro.
Li guardai tutti, uno per uno: «Si! Sono un Andelión, il mio popolo erano conosciuti nel vecchio mondo come Nazcharim. Il mio vero nome è Saskaqoatl Xamán Rojo… e sono l’ultimo della mia stirpe.»
Santiago Montrés