Carmela era arrivata a destinazione. L'obitorio dell'ospedale, situato dietro il pronto soccorso, era un posto asettico. Un edificio con alcune camerette a tre posti, con i letti di marmo e, su alcuni di essi, i corpi esamini dei ricoverati che non ce l'avevano fatta ad uscire con le loro gambe. Tirò sui capelli il fazzoletto che portava al collo in segno di rispetto ed entrò. Su una balata di marmo fra i fiori vide sua suocera, bianca in viso, rimpicciolita, e accanto ad essa riconobbe i suoi figli. La femmina esclamò: "mamma!" e scoppiò a piangere. Si abbracciarono e rimasero in silenzio. Nonna non c'era più. Carmela capì che un nuovo tempo stava per nascere, un tempo dove il paesaggio era di nuovo cambiato e lei era sempre più di marmo, come quella balata sulla quale riposava la madre di suo marito, la mamma.
Il corteo funebre partì l'indomani dall'obitorio dopo aver espletato alcuni passaggi burocratici e Angelina fece l'ultimo viaggio per rimanere con il suo corpo nella cappella del cimitero dei Rotoli a Vergine Maria.
A casa Carmela rimase da sola con i suoi figli. Angelina non aveva parenti, tutti morti. Gli unici erano loro tre, Carmela e i suoi due figli. Che strano! Come erano cambiati questi suoi due figli! Erano diventati un uomo ed una donna, tutti e due ormai ormai lontani dalla scena, che rimaneva sempre davanti ai suoi occhi, di due bambini che piangevano nella loro cameretta perché il loro papà era stato ucciso durante le vacanze estive. Giovanni era lì, sulla poltrona e guardava sua madre. Francesca stringeva al petto, forte forte la sua bambola di pezza. Oggi erano nella stessa posizione e piangevano il trapasso della nonna. Il dolore che aveva accompagnato la loro vita era giunto al culmine finale. Il padre, ucciso da mano occulta da parte di quella criminalità che lui aveva combattuto con tutte le sue forze perché i suoi figli potessero vivere in una società più civile, dove le regole fossero solo quelle dello stato di diritto e non dell'organizzazione malavitosa che si reputava l'antistato, la madre andata via dalla città per poter dimenticare, loro rimasti in collegio per crescere secondo i canoni e i valori della loro famiglia, con la nonna a vigilare i suoi nipoti, quella nonna, già vedova e che aveva avuto il dolore più grande della sua vita: sopravvivere a quel figlio magistrato, innamorato della Legalitá.
Ma Carmela, anche se era andata via dalla città dove aveva vissuto il dramma, non aveva dimenticato. Nella vita esistono piaghe che non si rimarginano mai, neanche con il tempo, che può solo cloroformizzarle, ma appena se ne ricorda un frammento eccole sanguinare più di prima. Ora la madre di suo marito non c'era più. Rimanevano i suoi figli. E ancora si chiedevano il perché di tanto dolore. Il perché di tanta brutalità. I criminali sono anche loro uomini, hanno anche loro figli, madri, mogli. Gioiscono e soffrono come tutti. Ma come si giustificano con la loro coscienza quando decidono un delitto? Quel delitto non era stato unico. Con quel servitore dello stato erano morti i figli, era morta la moglie, era morta la madre, era morta la libertà.
Carmela salutò tutti e dopo le esequie riprese il taxi per andare all'aeroporto. Doveva ritornare nella sua nuova città, che la aspettava con ansia, non sarebbe potuta rimanere di più in quella città. Il suo cuore era ormai spezzato come lo era stata qualche tempo prima.
"Vado via per lasciare i miei figli liberi di decidere il loro futuro", pensò per auto convincersi e giustificarsi con la sua coscienza delle sue azioni. Andò sola all'aeroporto per non soffrire e non fare soffrire ancora. E mentre si alzava in volo pensò che non avrebbe mai potuto capire la Sicilia e i siciliani. Suo marito siciliano, i suoi figli siciliani, che nonostante tutto rimangono nella loro terra con le radici affondate nel loro dolore. E non vanno via, rimangono a combattere in silenzio. Lei, milanese, non avrebbe potuto capirli questi siciliani. Si sentì una codarda. Ma non riusciva a rimanere con i ricordi perché aveva paura che a poco a poco l'avrebbero corrosa. E pianse in silenzio mentre l'hostess le offriva un caffè nero bollente.