Aveva i capelli scuri e una situazione economica non troppo brillante. Il padre gli aveva permesso un solo svago e lui, che quando aveva appena cinque anni aveva attaccato al muro un poster di Federer, aveva scelto il tennis.
Frequentava il corso intermedio, quello destinato ai ragazzini nell’età in cui si veniva soggiogati dall’acne, e metteva sempre lo stesso paio di pantaloncini. Le magliette invece le cambiava, o meglio, alternava tra le solite due, una nera sbiadita e una bianca tendente al giallastro. La racchetta invece proveniva dall’armadietto degli oggetti perduti e mai reclamati, probabilmente il vecchio proprietario adesso si stava avviando alla pensione.
-Ma ti lavi? Puzzi da fare schifo- gli aveva detto Marco, il ragazzino dalla pelle perfetta guardandolo con il suo sguardo beffardo dall’alto dei suoi venti centimetri in più dopo di una pubertà più avanzata.
-Sei proprio scarso- gli ripeteva poi spesso dopo i match che facevano durante gli allenamenti asciugandosi il sudore con gli scintillanti polsini bianchi di marca.
-Ma te qui che ci vieni a fare?- gli aveva chiesto, non interessandosi alla risposta, una volta dopo averlo attaccato al muro.
Ma lui, con il caldo nel petto che sentiva ogni volta che guardava il poster di Federer schiarito da anni di sole, non aveva desistito.
Per settimane si era allenato ogni volta che aveva un momento libero. Usava una vecchia pallina logora che aveva trovato in una siepe al parco, dietro l’area sguinzaglio cani. Ore e ore passate a sparare la pallina contro il muro, forte, più forte, più veloce.
Corse e scatti, flessioni, addominali, tutto il pacchetto. Senza risparmiarsi, a denti stretti.
E arrivò il giorno della rivalsa.
Esibizione del club di tennis, era presente mezzo quartiere. Sfidò Marco apertamente e lui, punto nell’orgoglio, non poté che accettare.
Il match fu senza esclusione di colpi ed entrambe le parti spremettero ogni goccia di sudore e di passione che c’era nei loro corpi semi-deformati dall’adolescenza.
Matchpoint, ancora un punto e il nostro eroe si sarà guadagnato la sua medaglia di soddisfazione.
Battuta, risposta, risposta, risposta più forte. Marco riesce a recuperare la palla ma questa va troppo in alto. È lenta, è facilissima. Scivola e cade a gambe aperte e con un’espressione di terrore sul viso. Sa cosa sta per succedere.
Lui scatta e salta al momento giusto. È concentrato, calmo, al massimo delle sue capacità. Il corpo fa esattamente quello che dice lui.
Per un attimo guarda il bulletto che sta per stracciare, si gode l’espressione sul suo volto e la ridicola posizione in cui è finito. Se ne sta lì a terra con la bocca spalancata e le gambe aperte. Le gambe aperte.
Un fremito e una schiacciata decisissima.
Non ha avuto neanche un millisecondo di incertezza.
-Chi è che strilla così tanto? Che ha fatto quel ragazzino?-
-Non ti preoccupare, ora lo zittiscono con l’anestesia. È stato colpito ai testicoli mentre giocava a tennis, lo devono operare d’urgenza.-
-Oh poverino, speriamo che non sia niente di grave. Alla sua età poi, chissà quanto lo prenderanno in giro.-
-Hai ragione. I ragazzini di oggi sono proprio terribili.-