La spinta ascensionale maggiore la si aveva quando la temperatura esterna rispetto a quella contenuta nel pallone era molto differente.
Piegata la cesta e adagiato il pallone, iniziavo a immettere gas col bruciatore al suo interno. E dolcemente prendeva forma.
Salito sulla cesta, tramite una cordicella davo gas e solo con un breve sobbalzo staccavo da terra.
Da lì con brevi colpi salivo in quota.
Era sorprendente.
Tutto quello che era a portata di mano si allontanava divenendo minuscolo, stentando a riconoscerlo una volta su.
In alto il vento regnava.
Lui che mi permetteva di poter rimanere in volo e dì poter variare la direzione.
Era bello il mio paese.
Con le giornate di sereno si potevano vedere anche i confini con il Nuovo Messico e la California.
Ma senza andare così lontano, la Monument Valley e il fiume Colorado erano lì a portata di mano.
I loro colori mutavano al solo spostarsi del sole.
Anche la Mogollon Rim o il cratere Barringer (sito di ritrovo di meteoriti) si stagliavano sul territorio, in tutta la loro imponenza.
Seppi del raduno e della competizione dalla radio gracchiante che possedevo. Dovevo decidermi a cambiarla.
Mi iscrissi, ma avevo solo un mese per potermi preparare.
Sapevo che ci sarebbero stati equipaggi di varie nazioni ed anche molto forti.
Avevo anche bisogno di un copilota e chi meglio di James?
Ma tutto quello non mi spaventava, o almeno così credevo.
Quel giorno era perfetto. Il vento soffiava dalla direzione giusta.
Bisognava compiere un giro che racchiudeva un perimetro di circa venti chilometri quadri, nel minor tempo possibile e cercando di atterrare il più vicino possibile al punto di partenza.
Questo avrebbe portato maggiori punti, avvicinandomi al traguardo dei diecimila dollari.
La gara ebbe inizio.
Avevo una paura fottuta, quindi mi rimangio quello detto in precedenza.
La capacità di quei piloti la si vedeva lontano un miglio.
Solo un pazzo come me avrebbe fatto quello che stavo facendo.
Uno schiaffo alla nuca da parte di James, mi riportò alla realtà.
-Diciamoci dentro -, disse
Partimmo e subito la fortuna non fu dalla nostra parte. Una brusca folata di vento ci spostò di almeno un chilometro dalla nostra direzione.
Riprendemmo poco dopo la corrente giusta.
Ogni tanto guardavo in alto la mia stella polare, mi dava coraggio.
Mi sentivo felice lassù e nella mia completa pazzia ormai pensavo che anche se non avessi vinto, sentirsi come Icaro a quota tremila mi rendeva l’uomo più fortunato del mondo.
Avrei tanto voluto che mi padre mi vedesse, ma forse il suo sguardo dall’alto si posava sul mio.
Certo è che impiegammo circa un minuto di più dell’equipaggio francese, ma è altrettanto certo che atterrammo noi con la maggiore precisione dal punto di partenza.
Trepidanti attendemmo il responso.
- Primi classificati: l’equipaggio “Stella Polare”! -
Eravamo noi.
James iniziò a fare capitomboli da funambolo, io incredulo mi ritrovai a guardare e riguardare l’assegno da diecimila dollari.
Vinsi altre gare in seguito. Ma con i miei allievi.
Una parte di quei soldi mi era rimasta attaccata e avevo messo su una scuola di mongolfiera.
Riuscii a trasmettere la passione ai ragazzi.
Un giorno guardando il deserto mi domandavo cosa potesse farmi felice.
Volare sulla mia mongolfiera, la mia terra, la mia donna.
Ah sì James, anche una birra fresca, lanciamene una.