Marta ha voluto a tutti i costi che facessimo sosta in questo paesino, ma la prima impressione non è stata delle migliori.  

«È così carino. Dai, Franco, fermiamoci per un po’, cerchiamo un albergo e chiediamo se c’è anche un ristorantino tipico.»

Non mi sono sentito di contraddirla. Non questa volta. Anche per non sentirmi ripetere che quando mi metto al volante guido come un automa e guardo fisso la strada senza curarmi d’altro, come se la meta non m’importasse. Gliel’ho spiegato mille volte che per me viaggiare è guidare. E poi non è vero che mi fisso. Mi piace ammirare il paesaggio, vedere sfilare le città e le campagne, e immaginare come vivrei in uno di quei posti che mi passano davanti agli occhi. Ce ne sono di incantevoli e a volte mi vedo lasciar scorrere i giorni in uno di quelli, circondato da bellezze inusuali. Ma poi c’è sempre un oltre che aspetta. Non riesco a resistere all’impulso d’andare avanti per vedere che cosa c’è. 

«Non fare come quella volta in Spagna!»

Marta me l’ha ripetuto anche questa volta, rinvangando una vacanza di anni fa. Ancora non me la perdona. Le nostre due figlie erano ancora bambine. Durante tutto il viaggio ci avevano triturato le orecchie mentre giocavano sul sedile posteriore con il loro pupazzo parlante. Quando gli schiacciavano la pancia, pronunciava frasi casuali con un accento napoletano, tipo Mi piace u babbà, Ciao, sono Ciro, Uè guagliò e altre espressioni ridicole. In pochi giorni gli abbiamo cambiato le pile più volte. 

 

Al ritorno, sono rimasto alla guida per ore, senza fare soste, e solo a tarda notte siamo riusciti a trovare un hotel sperduto in mezzo alla campagna. 

«Non ci vengo più in vacanza con te, sei senza cervello, è una vita che siamo su quest’autostrada e non abbiamo neanche cenato.»

Il receptionist dell’albergo, vedendo arrivare, alle due passate, una coppia con bambini piccoli mezzo addormentati, ci ha offerto una suite. Era enorme, una piazza d’armi! Si è anche prodigato per portarci qualcosa da mangiare. Le due pesti, eccitate dalla novità, zompettavano ovunque come furetti liberati dalla loro prigionia.

Questa, invece, è la nostra prima vacanza senza prole. Le bambine sono ormai donne: una all’università, l’altra già impiegata. 

Dobbiamo recuperare ciò che abbiamo lasciato da parte, Marta e io; per esempio parlare, soprattutto parlare d’altro che non siano loro.

 

Come si chiama questo posto? Mezzoforno! Quattro case in croce con un forno diviso a metà? Magari una parte dei paesani era destinata a chi pagava di più, mentre l’altra che deve aspettare pazientemente il suo turno? Di sicuro Marta vorrà andare a fondo a questa storia e romperà le scatole a chiunque incontri per sapere l’origine del nome. 

Sì, la prima impressione non mi ha entusiasmato. Si assomigliano tutti questi paesi più vecchi che antichi. Io non ci trovo niente di caratteristico. Un affastellarsi di muri screpolati, case decrepite strette tra stradine che sanno di muffa e di orina di cani. Stanno lì perché non starebbero bene da nessun’altra parte. Marta tira dritto e si guarda intorno estasiata. Entriamo in un vicolo. Pietre per terra e sui muri delle case; sono lucidi e sembrano quasi unti, oleosi, strofinati da mani che ne hanno levigato le asperità lasciandovi una patina traslucida di umori umani. Un sudiciume che poi ha perso la sua natura spregevole grazie al tempo. E ora il tocco è nobilitato dal turismo di nicchia d’olandesi e tedeschi orfani d’autenticità.

 

«Perché t’incaponisci sulla prima impressione?» Mi chiede lei, «Non ti fidi di te stesso?»

Devo ammettere che non ha tutti i torti. La prima impressione è quella dell’istinto, non del ragionamento. È una sensazione molle e sfuggente e tu, appunto, non ti fidi perché non puoi controllarla. È vero solo ciò che puoi decidere, accertare ed eventualmente correggere, ciò su cui hai un potere nato dalla ragione e dalla volontà. Mentre la sensazione che una parte di te percepisce, spesso fisicamente, ma il più delle volte tramite messaggi ambigui e indiretti, non è assoggettabile ad alcuna categoria razionale. Ha a che fare con lo stupore e al tempo stesso con l’ammirazione e con la paura. Un po’ come la fede, che opera laddove la mente non può competere. Però devi lasciare la presa, ti devi affidare a quello sconosciuto che è in te, e che pretende d’esserne una parte, anzi, addirittura quella più importante. E tu ne diffidi. Giustamente?

 

Chi è quest’altro me stesso, così famigliare eppure straniero, che si arroga il diritto di farmi da sentinella, che mi avverte con frammenti di consigli e minacce, con indizi parziali, come se fosse al corrente di qualcosa che io ignoro? E mi servirebbe davvero conoscere ciò che lui sa? Non sarebbe meglio rimanere all’oscuro, non tanto per sottrarmi al suo ricatto o alla sua beffa, quando, dopo, subisco i suoi ammonimenti, i suoi te l’avevo detto, non mi hai voluto ascoltare; quanto piuttosto per prolungare l’illusione di un’innocenza: non sapendo nulla, sarei più sincero nel dire ciò che non so. Sarà il viaggio, cerco di convincermi, ho guidato troppo e adesso sono stanco. Tuttavia non riesco a zittire il mormorio interno. 

Respiro il vento salato che s’ingolfa tra le case, succedaneo inadeguato di un silenzio che non riesco ad acquisire. 

 

La prima impressione, quando è trascurata, diventa una cicatrice che non smette di prudere. La prima impressione, o il Sesto Senso, come ama chiamarlo quella negromante di mia moglie, ha una violenza erratica, un’evidenza crudele eppure ingannatrice, né malefica né vendicativa. Diventa una lezione d’oblio attraverso la memoria vissuta in sogno. O forse è il contrario. È una melodia eruttiva, né ardente né ghiacciata, il canto o il gemito di un popolo intero nascosto nel cuore di un uomo che chiama da una dimensione sovrumana. La versione provvisoria di una narrazione appena accennata. Come posso lottare contro questo sfasamento? 

Non ci sono Saraceni in vista, al largo di questo borgo marinaro, non Tartari in agguato oltre il deserto liquido, ancor meno sirene tentatrici a pelo d’acqua. La lotta è ancora una volta rimandata. Le mie voci si proteggono in un anonimato semicosciente ed io le temo appunto perché non posso affrontarle a viso aperto. Il mio corpo cammina, un passo dopo l’altro, le mie suole risuonano sul selciato, concrete e indubitabili. Una frontiera mobile separa la realtà dalla fantasia, le voglie dalla loro realizzazione, il finto dall’avvenuto; mentre il mio compagno-avversario, quell’altro sosia furtivo e senza nome, vorrebbe farmi credere che la finzione è già un fatto, che desiderare è già intrinsecamente il suo compimento a dispetto delle leggi fisiche e del senso comune. Che quanto accade nel pensiero, foss’anche la più assurda fantasia, è reale e che l’accertamento della sua verità è al tempo stesso attesa e cammino, scoperta (finta sorpresa) di ciò che era già lì e al tempo stesso un va e vieni compulsivo dalla premessa all’esito.

 

Tutti i racconti

1
2
13

Call Center

23 November 2024

Call Center Mi sono alzata molto presto anche stamani Il buio sembra ancora più buio, quando fai una cosa che non piace Prendo il solito tram, il numero dieci, sempre pieno a quell’ora mattutina Volti di persone che sembra non dormano da giorni Ma in queste giornate fredde di Inverno, emanano [...]

Tempo di lettura: 1 minuto

  • Dario Mazzolini: caro Patapump hai raccontato molto bene con una sintesi accurata e veloce, [...]

  • Walter Fest: Pata, buongiorno, scusami ho dato il benvenuto al biondo tuo vicino di uscita, [...]

1
0
7

La felicità perduta

23 November 2024

Io sono nato in un piccolo borgo della bassa bresciana, in una vecchia cascina circondata da campi di grano e prati fioriti incorniciati da una rete di canali di irrigazione e fossati di acqua incontaminata, dove insetti pattinatori ed eterotteri, scivolavano danzanti sulla superficie. La felicità [...]

Tempo di lettura: 2 minuti

1
3
12

La signora del quinto piano

23 November 2024

Si era inventato un mestiere per arrotondare una pensione sottile come un'acciuga e permettersi qualche fetta di prosciutto in più, magari accompagnata da una mozzarella minuta ma gustosa, con la goccia di latte che scivola verso il piatto simile ad una lacrima salata. Salì sull'utilitaria di sua [...]

Tempo di lettura: 4 minuti

  • Teo Bo: Grazie di cuore Dario. Spero abbia strappato almeno un sorriso ai lettori di [...]

  • Walter Fest: Ho fatto bene a leggerti, sei forte, bravo. In apertura mi sei apparso confusionario [...]

2
1
18

I ricordi del becchino : L'uomo delle vespe.

22 November 2024

E’ una caldissima domenica estiva. Sul furgone sto percorrendo le strade di campagna per affiggere i manifesti del caro nonno ‘Tonino’. Il sole picchia, l’asfalto della strada balla per la calura, l’aria condizionata del mezzo è fuori uso. La testa è coronata da perle di sudore. Nonostante tutto [...]

Tempo di lettura: 2 minuti

10
10
80

Il pupazzo di neve

22 November 2024

Devo ammettere che ho fatto un ottimo lavoro. L'ho chiamato Lumiukko, che tradotto dal finlandese significa "pupazzo di neve." Ecco una descrizione veloce e sommaria di cosa mi sono servito per realizzarlo: innanzitutto, la materia prima cioè la neve, i due pomodori di Pachino ne ricreano gli occhi, [...]

Tempo di lettura: 1 minuto

  • Rubrus: Piaciuto. Pensa che a me hanno sempre messo a disagio i pupazzi di Babbo NAtale [...]

  • Adribel: Giuseppe, i tuoi colpi di scena sono davvero esileranti, però fanno [...]

0
2
12

Sono incazzato... 3/3

22 November 2024

A diciassette anni ero seduto al secondo banco del quarto liceo. La matematica è sempre stata la mia passione… non avevo bisogno di studiare la teoria… e soprattutto non ne avevo voglia… teoremi, enunciati, postulati, mi sembravano cose ovvie e banali e non sopportavo di mandare a memoria quel [...]

Tempo di lettura: 3 minuti

  • Dario Mazzolini: bellissimo racconto scritto molto bene al punto di essere diventato il tuo [...]

  • zeroassoluto: Scusate, ma nelle prime due parti, ho dovute modificare di recente alcuni nomi [...]

0
3
15

A38

Una mattina alle poste

22 November 2024

Uno dei luoghi più noiosi della terra suppongo che sia lo spazio dedicato agli uffici postali della mia piccola cittadina. Frustrato da una multa ricevuta poche ore prima mi avviavo, sconsolato, verso quel pezzetto di mondo in cui qualcuno sistematicamente sfoga ansie, rabbia e risentimento nei [...]

Tempo di lettura: 2 minuti

  • Teo Bo: Grazie Dario per il benvenuto in LDM. Spero di non deluderti con il prossimo [...]

  • Patapump: benvenuto e a rileggerci a presto ✍🙏

3
3
21

La fermata

21 November 2024

Siamo sette alla fermata, è umido ma i saluti fioccano. Siamo un gruppetto abitudinario nel quale Crocefissa spicca. Guarda le moldave, le russe e le africane con distacco. Se non avessi giurato sui miei figli di tacere le spiegherei che la fermata è il punto dove i mezzi pubblici stradali si [...]

Tempo di lettura: 2 minuti

  • Ellissa: la vita è un continuo ricercare un' equilibrio tra noi e gli altri. [...]

  • U1657: Santa crocifissa!!!

2
3
19

Egregio Sig.Ictus

21 November 2024

Ex alza il viso dal piatto al ristorante e la vita è cambiata in un solo istante. Il suo viso è una ridicola maschera tanto che immediatamente penso stia facendo lo sciocco, la ragione non vuole vedere l’abisso che mi aspetta se solo lasciassi entrare i pensieri logici. Poi tutto precipita. Capisco. [...]

Tempo di lettura: 1 minuto

  • Vally: Grazie Dario.
    Buona giornata

  • Adribel: Mi sono venuti i brividi ma penso che il sig. Ictus sia un ver0 signore, determinato [...]

3
7
23

Le mollette

21 November 2024

Ho sempre odiato stendere i panni. Sempre. Lo faccio solo perché mi piacciono le mollette. Ho mollette sparse per casa e spesso ancora attaccate a lenzuola, pantaloni e camicie che ritiro e piego in modo rapido e ripongo in luoghi riparati e sicuri chiamati armadi. A volte indosso i miei vestiti [...]

Tempo di lettura: 1 minuto

  • Ecate: Ellissa, sorella mia, testo a quattro mani

  • U1705: In effetti capita che gli asini volino!

2
10
15

Racconto ln breve la schiavitù dal cellulare

Le persone sono portate a schiavizzarsi.

21 November 2024

È già da tempo che le persone non ragionano con la propria testa, ma con la testa degli altri. Cioè di quelli che manipolano gli individui per portarli a raggiungere gli scopi che si sono prefissati, e la gente crede che tutto si svolge nell'interesse e nel bene dell'umanità- (Praticamente schiavizzarsi [...]

Tempo di lettura: 1 minuto

  • L’esilioDiRumba: Molti ragazzi di oggi riescono, ancora più di quelli ddella mia generazione [...]

  • Gennarino: L’esilioDiRumba: Grazie per aver letto e commentato. Bisogna educarli [...]

6
13
23

Il caffè col babbo

20 November 2024

È uno dei miei ricordi più belli. A prima vista può sembrare banale ma non lo è. Avevo preso l'abitudine, a metà mattina, di bere il caffè col papà. Ovunque mi trovassi per noi era un'appuntamento fisso. Se potevo andavo a casa dei miei, altrimenti lo bevevo con lui a distanza: dai clienti se ero [...]

Tempo di lettura: 1 minuto

  • Lawrence Dryvalley: Ciao Dario, ho letto questo e le ultime tue proposte anche se non ho commentato. [...]

  • Dario Mazzolini: grazie Lorenzo. Ti leggo sempre volentieri pure io. Grazie ancora per il tempo [...]

Torna su