Era da poco passata la mezzanotte e Clelia non riusciva a prendere sonno. Un turbinio di pensieri affollava la sua mente, i figli, il lavoro, se stessa, il futuro.
L'indomani era l'ultimo giorno per poter dare la risposta ad una offerta di lavoro che, in altri tempi avrebbe definito "strepitosa": la sua azienda di lavoro, una multinazionale farmaceutica, le aveva proposto un trasferimento negli Stati Uniti. Un notevole aumento di stipendio e di livello, nuove e importanti opportunità per i suoi figli.
Clelia era comunque molto combattuta, Leo, il piccolo della famiglia era eccitato solo all'idea di attraversare l'oceano, mentre Ersilia, la grande non ne voleva sapere, avrebbe dovuto lasciare Renato, il suo ragazzo, ed era molto triste a quest'idea.
Clelia non aveva più il marito, era deceduto in un incidente quasi dieci anni prima e per lei non era stato facile andare avanti.
"Allora?" chiese Ersilia mentre spalmava la marmellata su una fetta di pane tostato.
"Allora cosa?" rispose Clelia, per prendere tempo.
"Hai capito benissimo" ribatté Ersilia.
Clelia aveva lo sguardo fisso, i suoi pensieri la riportarono a quando aveva 18 anni, la stessa età di sua figlia adesso.
"Non puoi impedirmi di andare a studiare alla Sorbona" diceva Armando, l'amore vince sempre, quando tornerò ti amerò più di prima, ci sposeremo"
Così fu. Passarono quattro anni, si videro saltuariamente, ma il loro legame si rinforzò.
"Allora?" chiese ancora Ersilia.
Clelia sembrò emergere da uno stordimento, ma perfettamente lucida rispose:
"andremo tutti, questo è il momento giusto! Tu, Ersilia, devi iniziare l'università, e Leo ha finito le scuole medie, il momento giusto per un salto nel futuro".
Aveva parlato tutto d'un fiato, Clelia, sentiva che la decisione era forte, ma si sentiva supportata dalla memoria del marito.
Non ci volle molto a passare dall'inglese scolastico a quello parlato, ogni cosa sembrava fantastica a New York, nonostante le difficoltà per trovare alloggio.
Brooklyn comunque era un giusto compromesso tra l'Italia e l'America. Tutto filò liscio fin quando in una mattina di fine ottobre, a tre anni dal loro arrivo, Clelia, mentre si recava al posto di lavoro, prese una brutta storta, cadde e non si poté più alzare. Un piccolo assembramento di curiosi le si strinse attorno, alcuni provarono a rimetterla in piedi, inutilmente. Arrivò l'ambulanza.
"Mamma, stai tranquilla" cercavano di confortarla Leo ed Ersilia, sapevano però che il malleolo si era fratturato e che sarebbe stato necessario un intervento.
"Mi sei mancata da morire", ebbe appena il tempo di dire Renato al suo arrivo a New York, e subito le lacrime divennero un tutt'uno con i baci. L'abbraccio sembrò interminabile.
Il legame tra Renato ed Ersilia non era stato scalfito dalla lontananza, anzi si era rinsaldato.
Anche Leo era felice dell'arrivo di Renato, lui era ancora un ragazzo, la presenza di un uomo lo faceva sentire più sicuro, un uomo che entrò in breve a far parte della famiglia.
"Mi sembra un secolo che manco da casa, Dio sia ringraziato!", così disse Clelia al suo rientro a casa. La riabilitazione fu lunga ma fu il "la" per far acquisire ai suoi figli sicurezza e autonomia.
Clelia non tornò più al lavoro, nell'operazione qualcosa era andato storto, dopo un primo miglioramento, una brutta infezione l'aveva semiparalizzata costringendola sulla sedia a rotelle.
I suoi capelli si imbiancarono, il viso si smagrì, le rughe descrivevano il calvario che il corpo aveva subito.
Gli occhi invece avevano una luce sempre viva.
"Nonna, mi racconti la storia dell'Italia" le chiedevano spesso i due nipotini nati da Ersilia e Renato.
Un giorno i suoi occhi brillarono ancor di più, fu quando Leo, accanto alla sua compagna le disse: "mamma, sarai nonna per la terza volta".
Clelia li abbracciò, alzò gli occhi al cielo, vide Armando, e col cuore gonfio di commozione lo ringraziò.
Anche lui li aveva aiutati nella realizzazione del suo sogno, il sogno americano!