Zaccaria se ne stava seduto come un patriarca sopra un sasso tondo. D'intorno, oltre il ruscello, un breve pianoro coperto di erba e di mirtilli, di arnica montana e anche di talune erbe medicinali abbastanza rare come la morella. Nei pressi della sorgente, moltissime betulle e alti faggi abbarbicati alle rocce, poi arbusti arborescenti. Per avvicinarsi alla fonte e all'uomo Davide dovette fare un saltello; prima, però, si soffermò nei pressi del trasparente rigagnolo, cercando di aprire col bastone che teneva in mano un passaggio all'acqua che, fermata da rami e da foglie morte, creava minuscole dighe, microscopici laghetti.
"Hai paura che l'acqua smetta di scorrere? Vedo che ti preoccupi a cavar foglie" domandò il vecchio.
"Non ho paura" rispose Davide. "Stavo solo cercando di... mah, forse è una mia abitudine, un vizio strano. A ben pensarci, tutte le volte che trovo un ruscelletto intasato cerco di liberarlo, d'aiutarlo a fluire."
"L'acqua, la rinascita, scorre sempre verso il basso, giovanotto" ammonì il saggio Zaccaria." Non c'é alcun bisogno che tu ti metta a sgarzigare qui davanti. Se vuoi bere," aggiunse pacato "sposta pure la bottiglia. Poi, però, rimettila a posto, che sto bene, qui seduto, e non ho ancora voglia di alzarmi. Ci vuole quasi mezz'ora affinché si riempia e io" aggiunse ancora, cavando di tasca l'orologio a cipolla cesellato "ne ho ancora per altri dieci minuti".
"Non ho molta sete" rispose il giovane. "Però voglio ugualmente bere. Chissà che quest'acqua chiara non mi porti fortuna."
"Questa fonte purifica" fece il vecchio tirando un profondo sospiro. "Io vengo qui tutti i giorni da quand'ero bambino. La potabile è sì una comodità, ma è inquinata dal cloro e da altre sostanze impure. Questa è limpida come un diamante."
Zaccaria aveva la saggezza dipinta in volto da una miriade di rughe profonde che sembravano tante inesorabili cicatrici che s'intersecavano. Nella frazione lo si conosceva per i suoi conigli, galline e uova che settimanalmente andava a vendere al mercato del paese. Possedeva anche un pezzo di campagna che non aveva lasciato, come altri, per entrare in fabbrica. S'era adattato abbastanza bene a vivere dignitosamente dei magri frutti di una terra avara ma non alienante. Alienante come il rigido schema imposto dalle fabbriche, ad esempio. D'altra parte le alternative per la pagnotta erano quelle per Davide, figlio di un operaio della fonderia "Scaramuzzi" e della Iole, brava e semplice massaia, sempre tra il bucato da fare e la pasta da cuocere o i pettegolezzi con le vicine.
"A scuola non vai più?" chiese il contadino.
"La scuola l'ho lasciata da un pezzo" rispose il giovane asciugandosi la bocca col dorso della mano. "Adesso" aggiunse "aspetto un lavoro. Ho già fatto numerose domande nelle fabbriche della val d'Ivede" disse ancora "a casa nostra serve più una busta paga che un diploma."
"E come mai" continuò il vecchio "un giovane come te lasciar gli studi?"
"È una storia lunga, Zaccaria" replicò Davide. "Poi non avevo nessuna intenzione di progredire, di impegnarmi. Gl'insegnanti mi definivano vivace ma svogliato. Poco portato ad applicarmi fruttuosamente sui libri."
"È un peccato che ti sia allontanato dallo studio, anche se credo che al giorno d'oggi sia molto meglio imparare un mestiere che avere in mano un foglio di carta, che in pratica serve poco. Ricorda, comunque, che il lavoro umile non diminuisce il valore di una persona."
Così dicendo Zaccaria s'alzò dal sasso. Lo fece faticosamente, spingendo il proprio corpo verso l'alto, con le due forti braccia e flettendo in avanti il busto. Quando fu ritto, tirò un sospiro di sollievo e guardò Davide, fermo al ramo di nocciolo, con un leggero sorriso: "Come sei giovane e candido" gli disse.
La bottiglia traboccava e l'uomo la tolse dalla sorgente, mettendo subito un tappo di sughero che aveva scovato in una tasca dei calzoni, consunti e macerati dagli umori delle gabbie dei conigli e del pollaio, che di quando in quando puliva con una cazzuola da muratore e con il badile. Spargeva poi il letame, lasciato fermentare, nel suo pezzo di terra dove raccoglieva nella bella stagione insalata, pomodori, patate e cavoli. Un anno aveva piantato quasi esclusivamente rapanelli, di quelli lunghi e nodosi; e in autunno ne aveva raccolti un carretto che regalò al Cerini perché li desse in pasto ai suoi cavalli. Ma le bestie, abituate a fieno e biada, le rifiutavano. Così quel carico di gustosi ortaggi finì in buona parte in una discarica. Tuttavia il Cerini non poté negare l'aratura gratuita del campo di Zaccaria che tanto s'era prodigato, sia pur vanamente, per i suoi animali.
La sorgente sgorgava dal basso, da un anfratto nella viva roccia. L'aveva scoperta un prete che cent'anni prima vi aveva inciso sulla parete sovrastante le proprie iniziali: D.M. e una data, 1866. Il D.M. stava per don Mino. Da allora molti abitanti di Riò si recavano ogni giorno alla fontanella per far scorta di acqua che tenevano poi al fresco della cantina per servirla, in alternativa al bicchiere di vino, ai conoscenti; come liquido miracoloso contro la gotta, la sciatica e il fuoco di S. Antonio. Soprattutto la Ercolina, il Gaspare, la Speranza e la 0norina facevano volentieri scorta. Li si vedeva la domenica mattina, prima della messa, con i recipienti vuoti, recarsi per il sentiero alla ricerca di quel liquido pregiato. Nel bere per la seconda volta, Davide aveva spostato una pietra grigia risvegliando un insetto coleottero nero con sei zampe. Il batter d'ali di un falco ruppe il silenzio.
"È un Claps Morfifera" sentenziò il contadino. "Secondo la tradizione, è l'insetto che preannuncia la morte".
A quel dire il giovane s'impensierì.
S'alzò repentinamente asciugandosi, questa volta col fazzoletto. "Che significato ha questo per me?" chiese turbato e smarrito al saggio Zaccaria, che lo guardò ironico e al tempo stesso solenne dicendogli: "Nulla di cui ti debba preoccupare: è un segno della natura. Vuol dire, credo, che noi due ci incontreremo spesso in questo luogo. E, se tu vorrai, potrai raccontarmi delle tue esperienze. E io ti aiuterò, nei limiti dell'umano ad avanzare nel tuo lungo cammino che t'accingi a percorrere."
"Così va meglio" rispose Davide risollevato, avvicinandosi al contadino. E tornarono indietro, verso le case, affiancati e parlando del più e del meno.
Davide abitava al pianterreno di una vecchia casa rurale concatenata ad altre che chiudevano nel mezzo un ampio cortile. Il pozzo in disuso ed il mortaio in pietra per la frantumazione del mais e delle castagne ne erano parte integrante. Anticamente, l'accesso al cortile, nel quale abitavano molte famiglie, era bloccato da un robusto portone di legno che a sera veniva sprangato. Il suo scopo era di evitare che i famelici lupi, che infestavano la zona sino alla prima metà dell'Ottocento, entrassero nelle stalle e nelle abitazioni, con le conseguenze facilmente immaginabili.