Nella stanza regnava l’oscurità. Dalle imposte sconnesse filtravano sottili fili di luce che illuminavano il corpo dormiente di un'anziana signora dai capelli bianchi. Era una donna molto grossa avvolta in uno scialle nero dalle frange argentate. Ad un tratto un raggio di luce la colpì in pieno il viso, proprio negli occhi. Al pari di una scossa elettrica la donna sobbalzò, nello stesso momento la pendola, all’interno della sua bara di vetro, emise otto rintocchi. Era mattina e lei si doveva preparare per la nuova giornata. L’ambiente era tetro, pieno di tappeti polverosi, alle pareti foto d’epoca e quadri d'ogni tipo, nei muri grosse crepe. In un angolo, separata da una tenda che non vedeva sapone da anni, c’era una piccola cucina e, di lato, sempre dietro una tenda i servizi igienici. Questa era l’abitazione di Amalia Ruiz Gonzales, la maga. Era sveglia ed era tempo di allestire la scena per i clienti che sperava di ricevere. Si alzò a fatica dalla poltrona e andò al lavabo per riempire d’acqua sette ciotole, le dispose a cerchio sul tavolino intorno alla grande sfera di vetro e le riempì con un filo d’olio profumato, oltre a fare molta scena, quando erano accese, tenevano lontano i visitatori dal tavolo. Aveva appena finito l’operazione, si girò per tornare a sedersi in poltrona, ma le frange dello scialle s’impigliarono nella sedia e lei, trattenuta, rovinò sul tavolo, con la sua mole distrusse tutto, la sfera e le ciotole. La stanza si riempì d'acqua e olio, ci volle del tempo prima che riuscisse ad alzarsi e a pulire tutto. Il problema adesso era come sopperire alla mancanza della sfera e di tutto il resto. Decise che avrebbe usato il Libro, era molto che non lo usava. Dopo gli sforzi per pulire, era distrutta dalla fatica, sprofondò in poltrona proprio quando al citofono, la portiera l’avvisò che stava salendo una cliente.
Carmen a malincuore stava salendo le scale di quell’antico palazzo nel cuore della città. Dagli appartamenti sentiva uscire odori, suoni, canti, pianti di bambini, un concentrato d'umanità racchiusa in cinque piani di scale buie e maleodoranti. All’ultimo piano si trovò davanti una porta. Era arrivata! Su una targhetta di ottone polveroso, infatti, era scritto “ Maga Amalia”. Premette con riluttanza il campanello e dopo poco sentì lo scatto d'apertura, ma nessuna voce che invitava ad entrare. Bussò ancora con le mani prima di decidersi ad entrare, l’ambiente era in penombra, si vedeva poco, andò avanti tentoni fino a, quando una voce sottile da bambina la invitava a proseguire,
- Vieni avanti non aver paura, è un po’ scuro, ma non ci sono ostacoli.
La ragazza entrò nella stanza e la vide. La maga era un donnone enorme sdraiata su una poltrona grande quanto lei, con un fazzoletto sui capelli bianchi. Nell’aria un vago odore di violetta si mescolava con quello di un olio di cattiva qualità.
- Buongiorno signora - disse Carmen con un senso di timore, - sono venuta da lei si indicazione di mia zia Jolanda, vi conoscete vero?
- Oh, la cara Jolanda, certo, una mia vecchia amica, mi fa piacere che si ricorda ancora di me. Mi dispiace non poter ricambiare una visita, ma come vedi io non posso più uscire da questa stanza, sono troppo grossa e da questa soffitta non ce la faccio a scendere le scale. Allora, mia cara ragazza, immagino cosa ti abbia spinto fin quassù, vieni, siediti qui vicino a me e vediamo cosa ci riserva il futuro.
- Veramente signora, non mi ricordo nemmeno più perché sono venuta, forse solo un momento di sbandamento, se crede posso togliere il disturbo.
- Non se ne parla, la nipote della mia amica Jolanda non può andarsene senza che io abbia fatto qualcosa per lei. Allora, da quello che sento, stai attraversando un periodo oscuro, sei in un segno di negatività, ti posso già dire che non sono vere pene d’amore, solo un po’ di nebbia nei rapporti con gli altri. Ora vedremo cosa ci dirà “il Libro”, lui non sbaglia mai, vieni più vicino apri le mani, tienile così aperte e poggiale sul tavolino con le palme in su.
Nel fare queste operazioni, la maga accarezzava con dolcezza le mani della ragazza, sentiva sui polpastrelli, però, i segni di un duro lavoro a macchina, capì subito da dove veniva la giovane, non era la prima che andava da lei per cercare risposte sul futuro incerto e in cerca di qualcosa difficile da ottenere, una parvenza di felicità!
Come d’incanto apparve fra le sue mani un libricino rosso con scritte in oro, piuttosto malridotto. Lo prese e lo depose sulle mani aperte di Carmen, la ragazza sussultò al contatto, ma riuscì a tenere ferme e aperte le mani, dopo attimi di silenzio, la maga si decise ad aprire il libro a caso poi con voce impostata e solenne recitò :
- Ecco la risposta alle tue domande, leggiamo!
- “Verrà dal mare…dal lungo e sottile filo azzurro…che separa gli uomini…dal quotidiano vento di pazzia…verrà…
A questo punto interruppe la lettura. Impallidì vistosamente, portandosi una mano sul petto. Quello che aveva letto l’aveva sconvolta, non stava più recitando, era in preda al panico, non poteva certo rivelare alla giovane il funesto responso, non se la sentiva di allarmare la ragazza, troppo simpatica e troppo giovane per conoscere l’amaro destino. Carmen si accorse del cambiamento d'umore della maga, ma non ne capiva il motivo, cercò di chiedere spiegazioni, ma la donna aveva ripreso il suo sorriso stereotipato e si dilungò in chiarimenti futili e adatti alla circostanza.
- Non ti preoccupare cara, ormai il quadro è chiaro, hai sentito, ci saranno novità dal mare, aspetta e vedrai, ora scusami, ma aspetto un’altra cliente, devo salutarti, salutami la zia e dille che avrei piacere se mi viene a trovare.
Voleva sbarazzarsi al più presto della ragazza, le cose che aveva letto sul libro l’avevano scossa e ora voleva capire con calma. Dopo che la sconcertata Carmen aveva lasciato la stanza, Amalia si sentiva a pezzi, era tesa. Possibile che una ragazza così giovane aveva in serbo un futuro così terribile, non poteva crederci, eppure il libro non mentiva mai, le sue letture erano sempre esatte, lei da buona zingara ci credeva. Le sue clienti erano, di solito, donne molto mature e avanti con gli anni,
Questa di oggi, invece, era poco più di una ragazzina dal carattere irrequieto, esuberante, ricordava lei quando era giovane. Era immersa in questi pensieri, quando nella sua mente si fece strada un dubbio, c’era qualcosa che non andava, un dettaglio che al momento le sfuggiva, ma doveva essere determinante, sentiva che c’era un’aria di pericolo incombente che la faceva stare in apprensione, dopo un lungo rimuginare capì l’arcano, l’errore che aveva commesso. Il futuro della ragazza era nelle mani del destino non certo nelle sue. La previsione era per lei, era stata lei ad aprire le pagine e non la ragazza, il responso era suo. Il giorno aveva consumato il suo tempo. Un raggio di polvere dorata illuminava il centro della stanza. Nella luce di quel minuscolo raggio, nella penombra, nella puzza d’incenso, la testa canuta si muoveva come foglia al vento d’autunno. Una nuvola spezzò quel raggio di luce e nello stesso momento quella testa si fermò per sempre. Rimase immobile. Il libro gli scivolò dalle mani cadendo sul tappeto polveroso, le pagine sussultarono anche loro per un'ultima volta poi, anche loro s’immobilizzarono restando aperte.
“ verrà dal mare…dal quotidiano …verrà il ritorno lassù…il silenzio infinito!”