Quei fari e quella curva
La frenata
E il buio
Tutto annullato in pochi istanti
IL corpo segnato e immobile in un letto d’ospedale
Visi contratti dal dolore
Visti attraverso strette bende
Persone senza una collocazione
Che non hanno nome
Lettere galleggiano nella testa
E non si aggrappano tra loro
Fortuna essere ancora vivi
Temere di non avere futuro
Domande continue miste al dolore
Fragilità evidenti e la ricerca dello scopo di poter reagire ancora
Quel profumo che giunse alle narici non mi era estraneo
Ma chi lo aveva indosso non so chi fosse
Lo sentii per giorni
Che accompagnava parole rassicuranti e di incoraggiamento
Iniziai a cercare quel nome fra tutte quelle lettere scombinate
Le cercai su quei pneumatici consumati
Come fossero state spalmate su quella maledetta strada
Per poterle ricomporre
Le vidi tra lampi di quell’ auto che mi avrebbe raggiunto
Come segnali di un faro che a tratti leva e a tratti toglie
Cercai anche tra i rovi di quella curva, troppo curva
Nella speranza fossero rimasti appesi ai suoi rametti
Aprendo la portiera dell’auto e cercando nel posacenere
Come si fossero volute nascondere là per proteggersi
I fiori che vidi
E un anello a terra
Volevano dire qualcosa
In quel sogno ricorrente che facevo
Ci misi molto tempo per comporre quel nome
Ma quando venne fuori fu come il primo vagito di un neonato venuto al mondo