TERESINA
Erano le sei del pomeriggio, il sole si nascondeva dietro grosse nuvole nere, spinte dal vento di tramontana, la visibilità in strada era ridotta e la poca gente passava frettolosa. Erano ombre senza sorriso, incredule, ancora non si rendevano conto di come era stato possibile questo cambiamento così improvviso,ormai, le belle giornate erano finite. L’inverno era alle porte, bisognava tirare fuori dagli armadi, gli abiti pesanti. Una città come Napoli rispecchia il carattere estroverso, eccentrico, dei suoi abitanti, tutto si svolge all’insegna del diverso, dell’ambiguo, un mondo irreale dove non si nota il limite fra finzione e realtà.
All’angolo del vicolo a venti metri dal portone di un grosso fabbricato, Teresina sedeva su una cassetta di frutta, avvolta in uno scialle di lana davanti ad un grosso bidone adattato a braciere. Vendeva castagne arrostite. Il profumo portato dal vento doveva attrarre i pochi passanti.
Pasquale Pappalardo, meglio conosciuto come Teresina, era noto in tutto il quartiere. Ragazzo di buona famiglia, nell’adolescenza aveva subito una serie infinita di malattie, l’ultima delle quali, una disfunzione ormonale, lo aveva distrutto. Il giovane era ingrassato enormemente fino a superare il quintale di peso, purtroppo per lui il grasso in eccedenza si era accumulato nel petto rendendolo simile ad una grassa matrona e nel didietro, con lo stesso effetto e, in più anche il viso era diventato glabro come un culo di neonato. Questa trasformazione aveva segnato per sempre la sua vita. Era lo zimbello del quartiere, i suoi coetanei, ex amici, non erano per niente teneri nei suoi confronti. Dopo anni di sofferenze con l’aiuto di persone amiche aveva superato quel periodo, diventando Teresina. Oggi la sua presenza nel vicolo era una realtà, quasi un'istituzione. I suoi modi garbati, la disponibilità, la cultura superiore alla media del vicolo, l’avevano resa indispensabile. Tutti si rivolgevano a lei. La sua parola era accettata da tutti ed era risolutrice di diatribe.
Adesso era lì, avvolta nello scialle che cercava di proteggersi dal vento gelido, di tanto in tanto dava la voce per richiamare qualche cliente distratto, ma le condizioni per continuare non c’erano, fu costretta a prendere la sua roba e rifugiarsi nella guardiola del portone vicino. Il custode don Salvatore, era il suo vero e unico amico. Il portiere era considerato un novello filosofo, quasi una leggenda, in un modo e nell’altro risolveva tutti i problemi che gli proponevano, era una vera miniera di conoscenza, d'aneddoti e storie sul popolo napoletano.
Era stato lui a consigliare Pasquale sulla linea da seguire per uscire dal suo inferno.
Diceva: “ se non puoi superare l’ostilità della gente che ti sfotte per il tuo aspetto, tu cambia, diventa davvero donna e vedrai che non avranno modo di offenderti più. Il tempo diede ragione al custode, oggi Teresina è una persona stimata e apprezzata.
Dopo tanto vento cominciò a piovere, un acqua violenta che fece scappare le poche persone che ancora giravano in strada, Teresina fece in tempo a ripararsi nel palazzo, ma non riuscì a non bagnarsi. Aveva i capelli pieni d’acqua, e anche la camicia e la gonna larga e lunga, suo abituale abbigliamento. Considerata chiusa la serata decise di pulire la griglia dove aveva le castagne. Il fuoco si era spento sotto l'azione dell'acqua quando era corsa via, doveva solo recuperare le castagne sparse un pò ovunque. Quelle non cotte le rimetteva nel sacco di iuta, quelle già pronte, invece, le confezionava in piccoli cartocci di carta. Il suo viso corrucciato sembrava essere tormentato da qualche strano pensiero, non si accorse del suo amico portiere che lo stava chiamando
- Pasquale! Pasquale! – lei continuava pensierosa nel lavoro, - il vecchio custode fu costretto ad alzare la voce.
- Pasquale! Teresina! Insomma ci senti o no!
- Oh! Scusate don Salvatore, siete voi, abbiate pazienza, ma non ci sto con la testa, stasera mi sento strana, un pò scocciata! Sarà colpa del tempo, avete visto che schifo, me ne sono dovuta scappare e mi sono pure bagnata, con questa aria fredda non vorrei ammalarmi!
- Hai ragione Teresì, proprio una brutta serata, però prima ti ho chiamato, col tuo vero nome, ma non mi hai risposto, te lo sei dimenticato per caso?
- E chi lo sa! Don Salvatore, chi lo sa, non sono sicura di niente ormai, chi si ricorda... uomo ... donna.. è tanto tempo che porto questa gonna che, anche quando vado al cesso, con decenza parlando, se non mi siedo non sono capace nemmeno di.. e poi, poi proprio voi mi dite queste cose, voi, quello che ha avuto questa bella idea, che mi ha spinto in questa trappola, in questo mondo di falsità, d’inganno. Doveva essere solo una scusa per ingannare gli altri e ci siamo riusciti, ma alla fine sono rimasto ingannato anche io. Non c’è scampo ormai, per tutti sono una donna, con questo petto enorme, brutta e grassa, con questo culo ancora più grande. Don Salvatore, però, sotto questa gonna, sono ancora un uomo, un uomo che non può svolgere le sue normali funzioni. Questo fatto lo so soltanto io, e anche voi, ma sono io che la notte, nel buio della mia stanza mi sento solo. Nessuno mi ama, nessuno mi vuole per quello che sono veramente, tutti vogliono Teresina, comprano da Teresina, parlano con me, come ad una statua, come davanti a S. Gennaro, chiedono, chiedono, a volte pretendono, ma danno ben poco in cambio. Che cos’è Teresina, solo un nome, lei non esiste, uomo o donna, a loro non importa, basta che la possono usare, nessuno si chiede se è felice, se soffre, sono un uomo che non può amare, una donna che non può essere amata, secondo voi questa è vita? Mi viene da rimpiangere, quando mi prendevano in giro, almeno ero qualcosa di concreto, così come sono oggi come si dice: non sono ne carne ne pesce!
Teresina continuava a parlare accalorandosi nel suo sfogo, era agitata e girava per la piccola stanza, don Salvatore intanto se n’era uscito in silenzio, era abituato a questi sfoghi del suo amico e in questi casi lui non era la persona adatta per consolarlo, essendo in parte responsabile di quanto stava passando l’amico. Meglio lasciarlo solo, sapeva che la miglior cura per lei era trovarsi fra la gente in compagnia, quando era da solo aveva di questi sbalzi d’umore. Accortasi di essere rimasta sola Teresina si agitò ancora di più, stringeva, nervosamente, un fazzoletto intriso di pioggia e di sudore.
Udì bussare alla porta della guardiola
- E' permesso, si può entrare? Teresì ci sei
- Chi è – rispose ansando lei
- Sono la comare Vincenza, buonasera, sapevo che stavi qua al riparo, scusa Terè, ma mia figlia ha sentito il profumo delle castagne ed ora le vuole a tutti i costi, sai una voglia per una che aspetta può essere pericolosa..
- Sono a vostra disposizione, donna Vincenza, non vi preoccupate, qua ci sta Teresina vostra per soddisfare tutti, voi lo sapete, la mia roba è la migliore e poi, per le amicizie ci tengo molto, vostra figlia merita, è davvero una buona figliola, ecco qua, queste sono ancora calde portatele a vostra figlia con i miei saluti, stasera sono felice e quando Teresina è felice lo devono essere tutti, andate, stasera offre la ditta.
Il suo grande faccione era solcato da un largo sorriso, ma il suo sguardo, nascosto da riccioli ribelli, ancora umidi di pioggia, nascondeva un desiderio di pianto.