Con Riccardo ci sono stata due anni, ma non l’avevo capito. Parentesi. E tutte le sere veniva a cena Matteo che, cioè, va bene l’amicizia fraterna, ma tutte tutte le sere!
Scema .
Io credevo che Matteo si fosse innamorato di me, non l’avevo capito che i fiori li portava a Riccardo.
Gigli.
I fiori dico.
Sempre gigli, un mazzo a sera, non si respirava più e io, carinamente, cercavo di dissuaderlo,ma niente da fare.
Allora un po’ perché mancava l’aria, un po’ per lealtà (perché mi conosco, se dopo i fiori arriva la mano sul culo io non la levo, non ci riesco), insomma…ho deciso di chiarirmi con Riccardo e gli ho detto che secondo me Matteo, amico amico, ma ci stava provando.
-“ Con chi “ ha detto lui
-“ Con me”- ho detto io
Rivedo ancora la scena.
Riccardo non fiata, esce, torna, Matteo non viene a cena.
-“Oddio si sono menati, quanto sono stronza, ho rovinato una grande amicizia”- Pensavo così.
Ma metto in tavola, ci sediamo, Riccardo dice:
-“ Ti devo parlare”-
io dico
-“ Ok”-
lui dice
-“Ti amo da morire”-
io dico
-“ Grazie”-
lui dice
-“ Prego,ma, amo anche Matteo”-
io dico
- “ Ah”-
e poi non dico più niente.
Perdo proprio l’uso della parola.
Sempre stata così, anche da bambina, poi passa lo so, lo sapeva anche Riccardo che infatti non s’è impressionato e piangeva solo per la gioia di confessarmi finalmente tutto, senza pensare che potevo restare muta per sempre perché…..Oh! Avesse saltato un bagno turco!
Tutti me l’ha raccontati, tutti a me, mica ha telefonato alla ex-moglie per dividere un po’ il fagotto. Poi ha detto che era acqua passata e che adesso potevo stare tranquilla perché aveva messo la testa a posto.
Matteo e basta.
Coppia fissa anche con lui, proprio come con me ed era fiero perché l’analista gli aveva fatto i complimenti per queste RELAZIONI SANE, STABILI E COMPENSATIVE.
Quanto m’ha stranita ‘sta cosa che ero “compensativa”….
Gliel’ho scritto su un foglietto, non avevo voce. Lui ha letto, s’è soffiato il naso e ha detto:
-“ Monica io ti voglio tanto bene, se mi lasci m’ammazzo, ma non costringermi a lasciare Matteo, perché s’ammazza lui”-
Io pensavo
-“Se resto m’ammazzo io, qua il morto ci scappa di sicuro”-
Però questo non gliel’ho scritto.
Ero tanto stanca, mi sono andata a buttare sul letto, sola, al buio, certe zaffate di gigli che m’è venuto anche il mal di stomaco…
Mi facevo una tenerezza…
Ripensavo alla mattina che c’eravamo conosciuti.
Alle 7.
Alla ASL.
Dovevo fare le analisi del sangue, anche lui.
Io dopo ero svenuta perché m’impressiono sempre e lui, delizioso, mi aveva offerto il caffé della macchinetta e pure il Mottino.
-“Piacere, Monica”-
-“ Piacere, Riccardo”-
-“ Sono un po’ anemica, carenza di ferro”-
-“Ah”-
-“Anche lei?”-
-“Suppergiù”-
Aveva detto così, SUPPERGIU’…
Ora mi veniva il dubbio che SUPPERGIU’ poteva significare test dell’AIDS.
Eh, quanti ricordi.
E mi commuovo sempre, ogni volta che ci ripenso, perché anch’io gli volevo tanto bene. Non era bello Riccardo mio. Pancetta, stempiatino, sempre giacca e cravatta, impiegato alle Assicurazioni, Juventino, ferie sulle Dolomiti. Quasi Fantozzi, proprio niente di che…..
Come potevo immaginare che uno così…..
E io proprio così lo volevo. Un bruttarello, coccolone tutto mio, un po’ papà, uno che ci fai la spesa insieme, che ci vedi la televisione sotto al plaid, uno da starci in pace finalmente, perché io in pace non c’ero stata mai….
Karmaccio. Non ho scampo.
Comunque, tornando a quella sera, quando era tornata la voce gli avevo chiesto di quel SUPPERGIU’.
Sì , era il test, ma per fortuna l’AIDS non ce l’aveva e nemmeno Matteo, sani come pesci.
-“ Tranquilla Monica, sei in una botte di ferro!”-
Me l’ha voluto proprio dire, ma io mi sono attaccata lo stesso al telefono.
Ho chiamato tutto il mondo, da mia sorella a ogni ex che m’aveva fatto a pezzi. Volevo trovare subito una sistemazione provvisoria, ma chi aveva cambiato numero, chi metteva scuse, chi, come mia sorella, metteva proprio giù il telefono.
Non ci stavo più con la testa e per disperazione ho chiamato anche Rocco, che era a Cuba perché qui l’avrebbero arrestato da un pezzo, poco ma sicuro.
Poi a Cuba che faceva e non faceva non lo so.
A sentir lui aveva mollato la politica e s’era dato ai bonghi.
Ho detto subito che mi stavano bene anche i bonghi, pronta a tutto, rivoluzione o salsa e merengue, scegliesse lui.
Ma anche lui ha riattaccato. Era l’ultimo.
E intanto era arrivato anche Matteo con il propoli, perché Riccardo l’aveva avvertito che non parlavo più e lui aveva pensato a un colpo di freddo, non aveva capito niente.
Ma tanto la voce era tornata.
Però non avevo più parole.
Né io né loro….
E come tremava quel povero Matteo. Lo guardavo. Anche lui pancetta, anche lui giacca e cravatta.
Anche lui bisex?
No. Ha risposto dolce dolce che lui aveva proprio le idee chiare.
Certo che se non ci si passa nelle cose…
Adesso era lui che mi faceva tenerezza….cioè, voglio dire, io prima non sapevo niente ma lui sì.
Lui portava i fiori e doveva fingere che erano per me, e fare anche il mandrillo, perché, d’accordo, io sarò scema e loro non erano Luxuria e Malgioglio, però dai e dai, vabbè che so’ de coccio ma ci sarei arrivata.…Povero Matteo, tutte le sere ‘sta buffonata per cenare con l’amore suo.
E poi andarsene da solo.
Gli ho chiesto scusa.
Che ne so, m’è venuto così, poi gli ho scaldato le lasagne avanzate, perché sempre per tre avevo cucinato e poi….
Insomma, pioveva.
C’era il divano letto, non me la sono sentita di rimandarlo a casa. Doveva stare ancora solo per colpa mia?
Parentesi. Nel divano ci ho dormito io. Quella sera e tutte quelle appresso. La scusa era che tornavo tardi perché ormai facevo la mascherina al cinema e diciamo che me l’ero cercato apposta il lavoretto giusto, perché l’analista poteva dire tutto quello che voleva, però…
Sì, eravamo finiti in terapia familiare, tutti e tre e l’analista cercava di spiegarmi che era molto normale essere COMPENSATIVA, ma a quei due gli ho fatto solo da mamma, basta…….E sinceramente ci avevo preso gusto.
E Riccardo poteva finalmente rilassarsi perché bisex un par di palle. Non aveva più bisogno di prendersi in giro.
Comunque 6 mesi dopo ero incinta lo stesso.
Ripensamento di gruppo?
Macchè.
Rocco.
Quello di Cuba.
Un giorno squilla il campanello, io apro, lui entra, scarica lo zaino, si fa una canna e resta due settimane, sacco a pelo in salotto.
Sempre lo stesso ma di bonghi nessuna traccia.
Era di passaggio per Dublino, stop, altro non aveva detto.
Ma poi c’era andato a Dublino? Che ne so. So solo che una mattina il sacco a pelo non c’era più, ma due ore dopo c’era la polizia.
E’ finita bene, , ma povero Riccardo, povero Matteo e cretina io… che non la levo mai la mano dal culo.
Aò ma avevo certi arretrati!
Volevo abortire, anche se Riccardo giurava che l’avrebbe riconosciuto come figlio suo e Matteo, neanche il tempo di dire che ero incinta e già faceva le scarpine all’uncinetto.
Ma io avevo deciso, avevo già preparato tutto e me li volevo togliere dai piedi perché ero sicura che, presenti loro, sarebbe stato tutto più difficile. Così Riccardo s’è preso una settimana di ferie e Matteo ha chiuso il negozio.
Non avevo detto che aveva un negozio?
Fioraio.
Ovviamente.
Ma era stato tanto comprensivo. Da quando era iniziata la nostra “trivivenza” non ci aveva più soffocato di gigli. Giusto qualche mazzetto di violette per i compleanni e il vischio a Natale.
E quella mattina il vischio stava proprio sulla porta di casa. Le feste erano finite da poco e loro stavano per partire.
Il giorno dopo avrei “fatto”.
Li rivedo ancora all’ ingresso. Tutti e due con la pancetta, cappottino, sciarpa scozzese, valigia a rotelle. Più che amanti sembravano siamesi.
Che non l’avrei rivisti più me l’ha detto il Tg.
Il treno era deragliato vicino Piacenza
Riccardo capoccione. Dico- “Fatevi un viaggetto di nozze”- e tu porti Matteo da zia Elvira a Milano?
E tu Matteo, gran paraculo, che mi hai lasciato le scarpine di lana sul divano, tu perché gli hai dato retta, perché gli dicevi sempre sì.
Testoni miei, quanto vi voglio bene.
E’ femmina.
Aveva indovinato Matteo, le scarpine le aveva fatte di lana rosa. A ottobre va in quinta. La sera me la guarda Giovanna, la ex-moglie di Riccardo.
Ora siamo amiche.