ZAIMA
E io bussavo, bussavo, quanto ho bussato, ma tanto lo sapevo che non apriva, perché dorme con i tappi, anzi, ci ha la scusa dei tappi, perché Giovanna ci sente benissimo, gli schizza in testa e lo sveglia lo stesso.
So anche questo…
Lo so perché la mattina che è tornata la moglie dormivo con lui. Prima e unica volta.
Per capire che era anche l’ultima m’è bastata la faccia che ha fatto Domenico quando ha visto Mercedes.
‘Na pigna cotta…
Lei invece uno squalo caprese.
Capello a pinna, abbronzatura metallo, lacrime da cipolla. Perché piangeva eh la stronza. E piangendo piangendo disfaceva la valigia e Domenico mica la fermava. S’era fatta per due anni tutto l’orto dei cazzi suoi e lui come se niente fosse, già steso a pelle d’orso.
Quella di troppo ero io, chiarissimo. Così mi sono alzata, vestita e quando ho aperto la porta la squalo finalmente m’ha rivolto la parola.
Voleva che me portavo via la scimmia. Ho risposto che io ero di passaggio, ma la scimmia no. Ho chiuso la porta e me ne sono andata.
Ma perché dopo due mesi ho bussato di nuovo!
Tanto Domenico, anche se apriva, poi mica ce credeva…Perché quelli come lui credono solo a chi li frega.
NUN TE PREOCCUPA’ SO’ SEMPRE DE PASSAGGIO, MA TE VOLEVO DI’ COSI’ COSI’ E COSA’…ALMENO POI TE REGOLI PER IL FUTURO…
Ecco, solo questo gli avrei detto. Che lo amo da morire no, giuro, questo mai.
Però è vero.
Come dice signore?
No, non mi chiamo Debora, mi chiamo Zaima, e conosco Domenico da quando è venuto ad abitare nel palazzo, col pianoforte affittato, la branda e la stufetta. Neanche la cucina aveva. Magnava gratis dal sor Checco che poi j’ammollava la chitarra e lo faceva cantare per i clienti. Pure le barzellette je faceva raccontà. Non rideva nessuno.
Io sì!
Avevo tre anni, ma ero già pazza di lui!
Lo guardavo dalla cucina della trattoria, mentre mamma lavava i piatti. Pochi per fortuna, perché erano gli anni di piombo e tutti restavano a casa a sentire in tv il bollettino dei gambizzati e il sor Checco malediceva democraticamente l’estrema destra, sinistra e anche l’estremo centro, perchè gli rovinavano gli affari.
Per questo aveva assunto mamma. Niente contributi, du’lire de stipendio, avanzi de pajata a pranzo e cena e un letto nel camerino tre metri per due, all’ultimo piano della scala B, dove abitava con la moglie paralitica. Daje a ride…
E mamma puliva casa e gli accudiva pure la moglie….
E non solo.
Razzista? No. Pezzo di merda. Ma qualcuno dice che quel pezzo di merda era mio padre.
Manco a li cani. No no! Extracomunitaria! Voglio essere extracomunitaria!
Ma erano altri tempi, ancora non ci chiamavano extracomunitari, eravamo quelli delle prime ondate. QUELLE, soprattutto. Le serve di Capoverde. Clandestine, tutte clandestine, ma chi ce se filava in quel corri corri da una bomba all’altra.
Bei tempi dice mamma.
Io ricordo solo il lettino stretto, la cucina della trattoria e Domenico che cantava e poi mi faceva fare ucci ucci cavallucci.
E’ na vita che lo amo, quanto so’ scema!
Invisibile, io per lui so’ sempre stata invisibile, anzi peggio! Pupa-pupetta! La pupetta che faceva giocare in trattoria.
CIAO PUPETTA, COME STAI PUPETTA?
E gli anni passavano e pure le bombe. Arrivavano canale 5, i Puffi, i polacchi, i cocci del muro di Berlino, i secchi e gli stracci dei lavavetri ai semafori e diventavamo extracomunitari.
CIAO PUPETTA, COME STAI PUPETTA?
Il sor Checco restava vedovo, vendeva la trattoria, poi jè pijava un colpo anche a lui e l’unica che l’accudiva era sempre mamma. Ma visto che c’era stata una spiata la doveva mette’ in regola per forza. S’era fatto ‘na botta de conti e s’era accorto che era meglio sposarla che pagarla come un essere umano. E’ morto un mese dopo ma ormai eravamo cittadine italiane e da casa non ci poteva cacciare nessuno. E allora pace all’animaccia tua, Re della pajata, ma non ringrazio te, ringrazio lo stomaco di mia madre che t’ha sopportato.
CIAO PUPETTA, COME STAI PUPETTA?
Come una che preparava la maturità e ascoltava tutto il giorno la segreteria telefonica di Domenico per sentire l’annuncio con la sua voce. Era andato in tournè a Cesenatico col trio Los Bananas. Non ho mai lasciato un messaggio. Solo singhiozzi.
CIAO PUPETTA, COME STAI PUPETTA?
Aò, me veniva appresso tutta piazza Vittorio e lui niente, pupetta pupetta pupetta. Io puntavo la sveglia alle cinque del mattino, mi lavavo, mi vestivo, mi truccavooo! Perché?
Per mettermi in finestra, quella che dà sul cortile a vedere Domenico che rincasava sempre a quell’ora…e mai solo! Tedesche, americane, francesi….e io in finestra a guardare.
CIAO PUPETTA, COME STAI PUPETTA?
Come una che s’ammazza! Quando s’è sposato quello squalo de Mercedes, Pupetta s’è bevuta mezzo litro de varechina! E menomale che mamma l’aveva diluita con l’acqua perché al risparmio ce tiene sempre.
Tre giorni all’ospedale, è venuto tutto il palazzo, anche lui…E m’ha portato gli ovetti Kinder…
CIAO PUPETTA, COME STAI PUPETTA?
Niente.
Da quando l’aveva lasciato Mercedes neanche più questo mi diceva.
S’era comprato la scimmia e parlava solo con lei e col professore Vincenzi. Adesso la mattina rincasava con loro. Neanche più le turiste.
E perché, per chi?
Per una grandissima stronza. Ecco la risposta a tutti i tuoi interrogativi caro Domenico. Per lei sei sempre stato il coglione della sala d’attesa, quello che serve per aspettare al coperto, il coglione giusto coi soldi veri. Altro che figlio. Non l’ha mai voluto il figlio Mercedes, sono sicura!
CIAO PUPETTA, COME STAI PUPETTA?
Quanto tempo che non me lo diceva più…..e non so che m’è preso quella sera. Non l’avevo aspettato in finestra no..
Ero proprio davanti alla porta di casa sua…
MA CHE HAI PUPETTA…
Non ci ho visto più! L’ho preso a calci, a schiaffi, a pugni…..a baci….Mamma mia quanto l’ho baciato.
Sanno di fritto le lenzuola sue…E poi ci ha svegliato Mercedes. Fine.
Non lo so perché ho scritto la lettera.
E perché ho bussato di nuovo.
E perché parto.
Non lo so.
So solo che Mercedes non l’ha mai voluto il figlio e lo so perché……sono incinta.
Che faccio?
La lettera gliela ficco sotto la porta?
E se la trova Mercedes?
Ma sti cazzi (SEGUE)