Tra le botteghe del borgo diroccato, c’era quella di un creatore di sogni. Era piccola, un po’ nascosta, ma accogliente. La porticina del retro bottega rimaneva sempre aperta. Il bottegaio era un vecchio strampalato, con il grembiule rattoppato sopra le sue infinite camicie a quadri e gli occhiali opacizzati, a furia di sfregarli per pulirli. Erano anche scheggiati sul bordo di una lente, ma non poteva cambiarli con un paio nuovi. Erano un accessorio fondamentale per la sua ispirazione. Aveva provato a sostituirli, senza successo: la sua fantasia non si accendeva. E così, curvo sul suo banco da artigiano, lavorava giorno e notte. 

Le espressioni dei suoi occhi avevano un aspetto bizzarro, erano quelli di un sognatore davvero speciale: un sognatore che creava sogni. Ne creava di tutti i tipi e dimensioni, e talmente tanti che sovraffollavano ogni angolo e cassetto della piccola bottega. Ognuno qui aveva il suo posto speciale. 

I sogni erano liberi di sgattaiolare fuori quando volevano, ossia, quando si sentivano pronti per farlo. 

“Io ti ho creato, e ora che non sei più dentro di me, appartieni al mondo. Puoi scegliere se restare o andare. In ogni caso questa sarà sempre la tua casa”, sussurrava con tenerezza il vecchio.

Era questo il motivo della porticina sempre aperta. I sogni più vivaci, di solito, uscivano subito volando o danzando.

Quelli più timidi, lo facevano cercando di non farsi notare; quelli paurosi uscivano strisciando, nel buio della notte, appiattiti contro i muri pieni di mobili e insoliti utensili che non esistevano in nessun’altra bottega. Alcuni sogni, ahimè, svanivano: si sentivano fragili in quel mondo che non trovava tempo per sognare, e rannicchiati su sé stessi si lasciavano calpestare. Capitava certe volte che qualcuno li scorgesse e si chinasse per raccoglierli. 

“Vieni piccolo sogno indifeso!” 

Bastava il calore di un abbraccio per accenderli di speranza e farli vivere. E loro vivevano, con talmente tanta passione da incendiare di meraviglia gli occhi di chi non sapeva sognare. Riuscivano a far capire a tutti che non solo si può sognare, ma addirittura far vivere i propri sogni.

Quando ritornavano alla bottega per raccontare al loro creatore il successo raggiunto, lui, vedendo quei sogni diventati così reali e maestosi, si emozionava. Togliendosi gli occhiali, per pulirli e asciugare le lacrime, diceva: “Sono fiero di voi!”

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