Quella mattina Sam era stata svegliata da un rumore strano. Aveva sentito come qualcosa che batteva alla finestra, ma quando si alzò per controllare, pensando fosse magari un uccellino vivace, non vide nulla.
Avere 13 anni cominciava ad essere dura per Sam. Con quei capelli rossi sempre legati in una treccia e le lentiggini che le sembravano spruzzate sul viso candido come se fossero state ritoccate da un pittore un po’ strambo che adorava disegnare soggetti particolari.
E lei di disegno ne sapeva, dato che lo faceva sempre e sin da quando aveva memoria!
Sam disegnava in ogni momento libero della sua giornata, dopo scuola, a ricreazione, beccandosi spesso occhiatacce dagli altri; era considerata strana per la sua età, dato che passava più tempo con le sue matite e i suoi preziosi colori invece che con i suoi coetanei.
Ma quella mattina era finalmente sabato, e Sam poteva fare quello che voleva! Viveva in una grande casa di campagna, in un bellissimo paese del Tennesse.
Quando era piccola, sua nonna, e poi sua madre, le avevano sempre detto che quel posto pullulava di fate, elfi e altri essere non umani. Erano belle storie, ma Sam non ne aveva mai vista una. Lei le disegnava solamente. Chissà se le fate potevano avere i capelli rossi come lei; questo era il suo pensiero ricorrente.
Quando uscì da casa andò diretta alla casetta sull’albero che suo padre le aveva costruito. Quello era il suo tempio, e loro ci tenevano tanto al loro giardino. Per lo meno lì dentro nessuno l’avrebbe osservata o puntata col dito. Poteva benissimo disegnare le sue fate in santa pace.
Il sole batteva sui campi del Tennesse e Sam si grattò la punta del naso con la matita mentre i suoi occhi verdi studiavano la figura che stava cercando di ritrarre.
Era ovviamente una fatina, forse Sam non se ne era accorta, ma quella figura assomigliava in qualche modo a lei.
D’altronde il suo insegnante tempo prima le aveva detto che mettevamo sempre una parte di noi in quello che disegniamo.
Sam si voltò di scatto mentre puntava di nuovo la matita sul suo album.
Una lucina sembrava battere sulla finestrella, e lei si avvicinò cautamente, troppo curiosa per starsene ferma. Fece come quando era una bambina e suo padre si divertiva a cercarla così che lei doveva nascondersi, mostrando solo qualche centimetro del suo volto; s’intravedeva solo il rosso della sua cute.
In quel momento si ritrovò proprio così. Alzò di poco lo sguardo e cacciò un urlo cadendo all’indietro.
“Non è possibile..” sussurrò. Non poteva essere vero, anche se l’aveva desiderato tanto.
“Ciao Sam.”
La ragazzina sbatté gli occhi. Era proprio una fatina, con i capelli rosso fuoco come lei.
La creatura magica sorrise, “Come sei cresciuta Sam. Forse non ti ricordi, ma ci siamo già viste, in passato. Sembra ieri, ma per noi è un attimo, come il tempo.”
“Q-q-quando.. ci siamo.. v-v-viste?” domandò, anche se balbettava ed era spaventata. Però era anche curiosa di sapere perché fosse lì.
“Di solito compariamo sempre davanti ai bambini. Nel vostro mondo gli adulti lo dicono spesso, quando vedono ridere una creatura innocente pensano sempre che ci siamo noi in mezzo. E non hanno tutti i torti, anche se da grandi dimenticano tutto.”
“In particolare” e qui sbatté fortemente le ali che Sam notò erano verdi proprio come gli occhi, “andiamo a trovare quelli speciali.”
La fatina entrò e il suo aspetto cambiò. Se prima era una creatura in miniatura, adesso era diventata della sua stessa dimensione.
Aveva anche lei le lentiggini! Potevano sembrare quasi gemelle. Oltretutto Sam vide che somigliava al ritratto del suo disegno.
“Sam” la chiamò la fata. Solo allora si accorse che possedeva una voce così delicata. Sembrava il frusciare di mille foglie in una giornata d’autunno, eppure scaldava come un umile raggio di sole.
“Tu sei speciale, Sam.”
La tredicenne rimase basita e sbatté le palpebre, “Che vuol dire?”
“Poche persone vedono attraverso le righe.” La fata accennò al suo disegno. Sembrava fosse cambiato pure lui.
“Mia nonna e mia madre mi hanno sempre detto che voi vi trovate in questo luogo.”
La fatina annuì sorridendo, “E’ vero, ma nemmeno loro mi hanno mai veramente visto. Loro avevano un altro modo d’incontrarmi, di venire a contatto col nostro popolo.”
La ragazzina non rispose. Non capì assolutamente cosa volesse dire.
“Sappi Sam che nella tua vita accadranno tantissime cose, perché solo chi riesce a credere può imparare a volare.”
La piccola artista aprì la bocca ma non ne uscì fiato.
“Per questo oggi sono qui. Ho bisogno che tu faccia qualcosa per me.”
“Nel secondo cassetto, vicino al letto della tua stanza, dove hai attaccato il fiore, si trova una pietra. Ma non una semplice, ma molto preziosa.”
Sam rise e scosse la testa, “No, non c’è nessuna pietra preziosa dentro al mio cassetto.”
“Me ne sarei accorta.”
Anche la fatina sorrise, “Devi andare lì e portarmela. Vedremo in questo modo quanto sei veramente speciale. Poco vicino al fiume c’è un grande masso, devi consegnarmela in quel punto.”
Sam aggrottò la fronte, “E’ come una specie di prova?”
“Esatto. Verificheremo se sarai in grado di superarla.”
Rimase perplessa per un secondo da quelle parole. Possibile che la fata volesse solo una pietra? Sarebbe stato assolutamente facile!
Scrollò le spalle immaginando come non potesse essere qualcosa di meglio che consegnare un oggetto poco vicino casa sua, e si avviò verso l’uscita della casetta di legno.
“Sam” la richiamò la fata facendola voltare, “Ricordati che nel cammino potresti trovare alcune tentazioni. Fai attenzione, so che tu puoi farcela.”