La discoteca è più calda e affollata del solito. Mi faccio largo fino al bar e ordino una vodka & Red Bull. La musica tecno ad altissimo volume fa vibrare il pavimento. Ben presto il suo pulsare e l'alcol cominciano a dare i loro effetti, euforia e un leggero senso di stordimento. La sensazione mi piace. Mi fa sentire potente, attraente, ready for action. Finisco rapidamente il mio cocktail e butto il bicchiere di plastica. Vado verso il centro della pista e comincio a ballare. Chiudo gli occhi e seguo la musica. Intorno a me tutti sono persi nella stessa trance, tutti cercano la stessa, identica cosa. Poco lontano un ragazzo decisamente attraente mi osserva. Lo guardo dritto negli occhi. Lui mi sorride. Io sorrido a lui e un attimo dopo mi è addosso e balliamo appiccicati. Porta una camicia bianca completamente sbottonata che lascia scoperti dei pettorali glabri, abbronzati e decisamente tonici. Ho una gran voglia di affondarci i denti subito ma mi devo trattenere, un pizzico di civetteria di vuole. I nostri occhi non si perdono mai, il nostro modo di ballare diventa sempre più esplicito, sempre più vicino. Sento il suo odore e mi piace. Sa di sano e di pulito, di dopobarba di qualità e appena di sudore, ma di quello buono, virile. Le nostre bocche sono vicinissime, sento il suo respiro sulla pelle e mi dà i brividi ma ancora niente bacio. Entrambe ci godiamo questo momento sospeso, di attesa, il più emozionante. Giochiamo, ci stuzzichiamo, ci strusciamo. Avvicina la sua bocca al mio orecchio, mi vuole dire qualcosa. Smetto di ballare per sentire meglio. Le sue labbra sfiorano il mio lobo e sento una scossa che parte da lì e scendendo lungo la schiena mi esplode nel basso ventre per poi arrivare fino alla punta dei piedi. "Andiamo da me?" mi chiede. Sorrido. Un sorriso enorme, soddisfatto, eccitato. Alla faccia della civetteria e del farsi desiderare, tutti i miei buoni propositi sono andati. Lo guardo negli occhi e annuisco.
Quando la mattina dopo mi sveglio ho qualche momento di difficoltà a capire dove mi trovo. Mi pulsa la testa, ho bevuto troppo. Sono in un grande letto matrimoniale, lenzuola bianche, testata di pelle nera. La stanza è grande e luminosa. Comodini e abat-jour dal design moderno, in acciaio. Un grande armadio di legno dall'aspetto antico. Alle pareti sono appese fotografie in bianco e nero. Che bello! Tutto molto elegante e di buon gusto. Mi piace. E tanti, tantissimi libri, appoggiati per terra in tante pile. Strano, il mio cavaliere (a proposito, com'è che si chiamava? me l'ha detto, ma non me lo ricordo) non mi è proprio sembrato un tipo intellettuale, più uno da palestra alla moda. Ah infatti, eccoli lì, due bei manubri d'acciaio appoggiati per terra nell'angolo e l'ultimo numero di "Motociclette" sul comodino. Sì, mi era sembrato più questo il suo genere. Oh va bè, non si può mai dire.
Dalla stanza accanto sento rumori di stoviglie. Si apre la porta e appare Davide con un vassoio (Davide! ecco come si chiama, mano male che mi è venuto in mente). "Buongiorno!" mi dice, "Dormito bene? Ho pensato ti andasse un caffè e qualcosa da mangiare." Che Dio lo benedica!
Passiamo la giornata a letto. Mangiamo, chiacchieriamo, ridiamo, replichiamo... Adoro questa domenica! Anche alla luce del giorno Davide è veramente bello, un adone. Lineamenti netti e corpo scolpito, tenuto con cura.
E' metà pomeriggio, saranno circa le quattro quando sentiamo una chiave che gira nella serratura. "Oh cazzo!" esclama Davide. Schizza in piedi come una molla e io pure, di riflesso, la sua ansia è contagiosa. "Resta qui," mi dice infilandosi i pantaloni alla velocità della luce, "poi ti spiego". Dall'altra stanza, dietro la porta chiusa si sente chiaramente una voce: "Ciao tesoro, sono a casa. Ho preso il volo prima, volevo farti una sorpresa." "Ciao! Sì, che sorpresa" dice Davide uscendo dalla stanze e richiudendosi la porta alle spalle.
Mi chiedo cosa devo fare io. Calma. Innanzitutto rivestiti e raduna le tue cose, mi dico. Prevedo guai. Di là sento che parlano. "Luca, ascolta, c'è una cosa che ti devo dire..." Non sento il resto ma poi, forte e chiaro, arriva un urlo: "Cosa? Come volto le spalle tu mi tradisci? Tu sei una zoccola! Un lurido! E in casa nostra! Davide, tu mi fai schifo! E' ancora di là? E' nel nostro letto? Fuori! Fuori subito!" e la porta si spalanca e Luca entra in camera da letto come una furia, mi vede, si blocca e mi fissa, scioccato. Anch'io lo guardo e resto a bocca aperta, con una scarpa in mano che non ho fatto in tempo a infilarmi. Dei flash mi attraversano la mente. Un altro locale, settimana scorsa, un evento con jazz dal vivo. Una serata un po' noiosa finché ho conosciuto quest'uomo non bellissimo ma colto e affascinante e siamo finiti a casa mia. Vino bianco, grandi temi filosofici di cui capivo meno della metà ma ai quali annuivo con fervore e poco, pochissimo sonno.
Anche Luca evidentemente mi ha riconosciuto ed ha i miei stessi ricordi.
"Stefano", mormora. Io annuisco.
Davide, che si aspettava una rissa, è confuso e il suo sguardo vaga da lui a me e da me a lui. "Voi due vi conoscete?", ci chiede. Luca annuisce ed io lo stesso, un attimo dopo. Davide è ancora perplesso ma piano piano vedo che la comprensione di fa strada dentro di lui e si allarga sul suo volto, cambiandolo di colore e di consistenza. A questo punto è lui che comincia ad urlare, ad insultare Luca, a dirgli che è una puttana, un falso e da che pulpito viene la predica. Luca non si muove, continua a fissarmi in stato di shock. Mugugno un imbarazzatissimo "Va bé, io vado. Ciao", e non aggiungo altro. Scivolo accanto a loro ad occhi bassi e fuggo dall'appartamento più veloce che posso, a piedi giù per le scale, con la mia scarpa stretta in mano.