Nell’indolenza che coccolava il mio sguardo, incantato dalla neve che discendeva oltre la trasparenza della finestra, impugnai una matita con le strie gialle e nere. Quelle il cui logo argentato rappresenta un guerriero romano con il capo protetto da un elmo.
Preferivo quelle contraddistinte dalle lettere HB, durezza media, poiché più malleabili per scolpire i miei pensieri sulla carta.
Tracciai una retta verticale, anche se un poco obliqua, a metà del bianco e, a sinistra della linea, in stampatello maiuscolo la lettera P, mentre a destra, la lettera D.
Concentrato sull’evento esterno e, con la pretesa di riuscire a numerare i fiocchi che discendevano alla luce del lampione, iniziai a scrivere.
Il tempo di qualche sigaretta e, in ogni colonna, erano tracciati vocaboli ovvero minime frasi, locuzioni.
L'elenco più numeroso era collocato nella parte destra del foglio, con quell’ordine maniacale che, a volte, s’impossessa di me.
Nessuno stupore, dopo la lettura, se non quello causato dalla mia incomprensione del tuo amore per uno come me che detesta quei comportamenti che il sentimento cosiddetto “amore” induce a compiere con quell’idiozia romantica nello sguardo.
I miei difetti soverchiano di gran lunga i miei pregi!
Guardai l'orologio e:
“Ca..o! Sono le otto! Sono in ritardo… dovrei essere sotto casa tua tra meno di mezz’ora...rose, cenetta a lume di candela, due passi nel turbinare della neve stretti l’uno all’altra...Mi piace il tuo modo di camminare, mi piace il tuo modo di parlare, mi piace il tuo modo di guardare, mi piace il tuo modo di respirare, mi piace il tuo modo di baciare. Mi piace il tuo modo di amarmi. Hai più pregi di me!”
Forse ho dimenticato un difetto… il peggiore di tutti: sono bugiardo.
Forse è per questo che mi ami.