L’ho vista la befana come no. A tre anni e mezzo, l’occasione non era delle più allegre e, oserei dire, anche vagamente horror.
Ero nel lettino dell’Ospedale Bambin Gesù, in mezzo a un’altra sfilza di lettini, neanche mezza mamma in giro (a quei tempi le rimandavano a casa), buio quanto basta a sentirsi in un film di Dario Argento.
Normalmente ci sarebbe stato il solito coro di strilli e pianti ma quella sera no, perché ci avevano preavvisato che sarebbe passata la Befana e se non facevamo i buoni saremmo finiti tutti in una discarica di carbone.
Che poi la Befana fosse la vecchia più brutta del mondo lo sapevamo già ma a calmare il frastuono dei cuoricini, almeno del mio, c’era il pensiero del giocattolo che avrei potuto chiederle.
Però quando apparve nella penombra quella cosa col sacco, gobbuta e strisciante da un lettino all’ altro con una specie di coperta in testa, tutte le mie ipotesi di richiesta esplosero in un unico mutissimo strillo di terrore.
Incredibile come certi lontanissimi ricordi rimangano vividi. La rivedo avvicinarsi al mio lettino con la coperta calata a mezza faccia, risento la voce gracchiante
-Sei stata buona?-
Esce a sorpresa un mio squillante e ringhioso “Sì, voglio il tamburo”.
Palesavo così dai miei primissimi anni di vita quella che sarebbe stata una caratteristica di tutto il seguito e cioè QUANDO HAI PAURA AZZANNA PER PRIMA .
No, non azzannai la povera portantina travestita da befana, ma certo la scombussolai un bel po’ perché le avevo rovinato metà del copione. Come a tutti i precedenti lettini, prevedeva una pausa dopo il mio Sì e la seconda fondamentale battuta da parte sua: BRAVA/O, GUARDA COSA TI HO PORTATO.
Ma io avevo subito tagliato corto e con una richiesta evidentemente non prevista da parte di una bambina.
Cercò di contrattare:
- E’ MEJO LA BAMBOLA!- disse cominciando intanto a metter caramelle nel calzino appeso alla sbarra.
Onestamente aveva ragione e ancora oggi mi chiedo perché mi fosse venuto in mente di chiedere un tamburo.
Ma ormai mi ero incaponita, forse perché avevo intravisto che lo aveva dato ad altri, insomma quel tamburo lo esigevo e dopo un’accesa discussione il tamburo uscì fuori, perché nel suo sacco un altro c’era. Probabilmente l’ultimo. Tutto di latta blu a ghirigori gialli, me lo ricordo ancora e le bacchette mi sembravano lunghissime.
Me lo scaricò ai piedi del lettino sibilando che se avessi osato suonarlo prima della mattina me l’avrebbe portato via.
Le stavo sul cazzo, non c’era dubbio. Forse perché si ritrovava con una bambola in più da rifilare a qualche maschietto.
Perdonami povera befana-portantina di quei tempi lontani lontani. Chissà che fine hai fatto. E comunque un bacio speciale ai tutti i bambini che aspetteranno la loro befana in un lettino d’ospedale, come questa exexexexexbambina di mille anni fa.
Oh, nel caso avanzasse un tamburo però fatemi un fischio eh!