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In fondo al cuore il boss era un romantico, per questo aveva avuto l’idea del duello. Non poteva tollerare che i due suoi uomini migliori, cioè io e Johnny Sorriso, si facessero fuori l’un l’altro attirando l’attenzione degli sbirri. D’altro canto, non poteva andare avanti così. La situazione era diventata insostenibile quando un proiettile uscito dal ferro di Johnny mi era passato a cinque centimetri dalla testa. Mi aveva sbrindellato il cappello ed era un peccato perché mi era costato una cifra, quel cappello. Johnny sosteneva di avere sparato da tutt’altra parte – stavamo risolvendo una questione con gli uomini di Jake Manomozza e i proiettili erano più fitti dei parenti al capezzale di uno zio ricco – e che, a rifarmi la scriminatura, era stata una pallottola vagante. Io la vedevo diversamente. Sapete, c’era di mezzo la solita storia dell’allievo che supera il maestro e io ero il maestro, casomai la faccenda non fosse ben chiara. Comunque eccoci là, in fondo allo scalo ferroviario abbandonato, dove finivano i binari morti. Il boss aveva senso dell’umorismo. «Vinnie è lo sfidato, quindi tocca a lui la scelta delle armi» aveva stabilito il boss. Vinnie sarei io, e scusate se non mi sono presentato prima. Ci pensai un attimo e poi dissi a Tommy Lunga Canna: «Revolver. Del vecchio tipo». Tommy si occupava delle armi da quando gli avevano tirato in faccia una bottiglia di acido durante una rissa in un bordello, ed era detto Lunga Canna per motivi che non sto a spiegare casomai ci fossero delle signore. Johnny si fece una gran risata (non lo chiamavano Johnny Sorriso mica per niente) e disse: «Stai cercando di tirarla per le lunghe, eh Vinnie?». Non avevo niente da dire e tacqui Tommy andò all’armeria e tornò con due Colt 1873. Le consegnò al boss che le controllò, le caricò, le posò su una cassa rovesciata che aveva usato come tavolino e ci fece avvicinare per scegliere. Johnny mi fece una specie di riverenza, invitandomi a prendere l’arma che preferivo. Era il suo modo di dirmi che era lui il più veloce e che tutto il resto non faceva differenza. Io scelsi la mia pistola e Johnny la sua. La regola voleva che le controllassimo, ma le aveva caricate il boss e farlo sarebbe stato una mancanza di rispetto. Ci mettemmo alla distanza regolamentare e il boss disse che avremmo dovuto sparare quando l’orologio della chiesa di S. Patrick, appena oltre il fiume, avesse battuto l’una. Pensai che, di solito, è il mezzogiorno a essere di fuoco. Pensai che ero un dannato pignolo e che è da scemi istruire il proprio potenziale concorrente. Pensai che Johnny non aveva bisogno di dimostrarmi un accidente: sapevo benissimo che era più veloce di me. E così fu. Johnny estrasse e sparò. Io estrassi, feci ruotare il tamburo e sparai. Be’, avete già capito come è andata a finire, dato che sono io a scrivere queste righe. Nei vecchi revolver si lasciava sempre vuota la camera di scoppio in corrispondenza della canna, tanto per evitare che partisse un colpo accidentale.
Lawrence Dryvalley, 02 November 2024
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Lawrence Dryvalley, 12 November 2024
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Giuseppe Scilipoti, 02 November 2024
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Utente Anonimo
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Ex alza il viso dal piatto al ristorante e la vita è cambiata in un solo istante. Il suo viso è una ridicola maschera tanto che immediatamente penso stia facendo lo sciocco, la ragione non vuole vedere l’abisso che mi aspetta se solo lasciassi entrare i pensieri logici. Poi tutto precipita. Capisco. [...]
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È già da tempo che le persone non ragionano con la propria testa, ma con la testa degli altri. Cioè di quelli che manipolano gli individui per portarli a raggiungere gli scopi che si sono prefissati, e la gente crede che tutto si svolge nell'interesse e nel bene dell'umanità- (Praticamente schiavizzarsi [...]
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PG:Parole da incorniciare! Scritte sul sottofondo della città che amo maggiormente.
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PRFF:Eros, Bacco, un goccetto di innocente perversione, un tocco di spiritualità [...]
Dario Mazzolini:grazie prff per il tuo commento spiritoso. Se vogliono pagano il biglietto [...]
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zeroassoluto:Timida solitudine dello scrittore introverso, che si racconta in un ambiente [...]
CICCIONE FA UN BUDDHA Hi, qui è la Centrale Paranoica, non siete ancora stufi di noi? Oggi è la volta di Archie, un gran predicatore ed un gran ciccione. "CICCIONE FA UN BUDDHA" sta scritto su una specie di arco sul vialetto che porta al suo bungalow a forma di Igloo. In effetti il suo giardino, [...]