Si parlava d’amore, naturalmente. Se ne parla sempre a una certa ora della notte.
Il bar del paese era già chiuso perché l’estate stava finendo e Cesare, il titolare, non se la sentiva di tirare fino a tardi.
Noi però non eravamo ancora andati a dormire. Non che non avessimo sonno, ma non era da uomini andare a dormire presto e tutti noi, quell’estate, volevamo diventare uomini.
Sedevamo presso l’argine grande e, di quando in quando, gettavamo ciottoli nell’acqua. Qualcuno ogni tanto guardava le stelle. Sembravano così luminose da voler bucare la notte. Penso che sia capitato a tutti di vedere delle stelle così, almeno una volta.
A turno, ci raccontavamo storie d’amore e di sesso, il più delle volte mentendo e sapendo di mentire. Ci spaventavamo un po’ l’un l’altro in questo modo, esattamente come facevamo qualche anno prima raccontandoci storie di fantasmi.
Qualcuno chiese a Raimondo di raccontare la sua storia d’amore o, meglio ancora, la sua storia di sesso.
Era una crudeltà, ovviamente.
Raimondo era basso e leggeva troppo. Quando giocavamo a pallone lo mettevamo sempre in difesa.
Lui sorrideva. Aveva un modo tutto suo di sorridere, prima di narrare una storia. Non si capiva mai se raccontava un fatto vero o inventato, né se stava dicendo qualcosa o se stava parlando di niente.
Si capiva che avrebbe voluto tacere, ma noi eravamo abbastanza grandi da sapere che spesso la vita ti mette nell’angolo. Il gong ti salva sempre, tranne una volta. Dopo quella volta non ti alzi più.
«C’è quel film con Jack Palance e Billy Cristal» disse alla fine. «Billy Cristal è il solito quarantenne di città in crisi che decide di trascorrere una vacanza guidando una mandria. Jack Palance è il cowboy che guida la mandria. A un certo punto Cristal chiede a Jack Palance se è mai stato innamorato. Palance gli risponde che una volta si è trovato a passare per un campo di grano al tramonto. Dice di aver visto una ragazza china a lavorare nel campo e che, proprio mentre lui la stava guardando, la ragazza si è alzata stagliandosi in controluce. Poi Palance tace».
Raimondo raccolse un ciottolo e lo lanciò nel fiume, non molto lontano.
«Cristal chiede a Jack che cosa ha fatto e Palance gli risponde di aver girato il cavallo e di essersene andato. Cristal gli domanda perché e il cowboy gli risponde di averlo fatto perché sapeva che non avrebbe mai potuto essere meglio di così. A questo punto Billy dice che Palance ha sbagliato, che quella ragazza avrebbe potuto essere la donna della sua vita. Allora Jack gli risponde che lo è».
Detto questo, Raimondo tacque.
Noi lo prendemmo in giro, ma non troppo perché si era fatto davvero tardi e l’estate stava per finire.
Sono passati alcuni anni e, naturalmente, ho visto quel film. Mi fa ridere e sorridere, com’è ovvio, ma non del tutto, forse perché sto avvicinandomi all’età di Billy Cristal.
Ogni tanto, in una certa ora della notte, mi capita di pensare a Raimondo.
Non sapemmo mai se ci aveva detto qualcosa o ci aveva raccontato una storia così, tanto per raccontarla, in attesa che suonasse il gong. Con lui non si poteva mai dire.
Spero solo che Raimondo sia sceso da quel dannato cavallo, abbia preso quella ragazza per mano e sia andato a vivere con lei, magari in una casa tra le spighe. Spero che ci abbia fatto anche l’amore, forse quella notte stessa, sotto un cielo con stelle che parevano voler forare il buio.
Lo spero perché penso che ci siano cose che tutti si meritano, almeno una volta nella vita.
Io, quando passo vicino ad un campo di grano e la luce è quella giusta, col sole rosso come se fosse stanco dopo aver corso per tutto il giorno, mi fermo.
Cerco una ragazza china a lavorare tra le spighe e spero che si alzi stagliandosi in controluce.
Sto ancora aspettando.