«Ragiona con i neuroni e non con gli ormoni» si disse Nicola.
Si era reso conto che – e chissà da quanto tempo – stava guardando la ragazza che passeggiava sulla spiaggia e che i suoi pensieri avevano preso una piega inequivocabile.
Sorrise tra sé e, dopo aver considerato per qualche istante l’opportunità di una doccia fredda, agguantò il giornale e s’immerse nella lettura. Lo resse saldamente, tenendolo ben in alto, quasi a proteggersi.
La stava aspettando.
Se ne rese conto all’improvviso, con stizza.
Credeva di pisolare, cullato dal mormorio della risacca, dal sole ormai tiepido, dal silenzio della spiaggia che si stava spopolando, e invece… eh sì, era ben sveglio. Una parte di lui, almeno.
Si alzò di scatto e raccolse le sue cose in fretta, con furia quasi, risalendo fino alla massicciata oltre la quale aveva parcheggiato l’auto.
Riuscì ad arrivare fino a metà della scaletta che collegava la spiaggia alla strada, prima di voltarsi.
La ragazza camminava lentamente sul bagnasciuga.
Si svegliò in un bagno di sudore, di colpo.
Le immagini del sogno gli turbinavano ancora in testa. Non lo abbandonarono neppure quando posò i piedi per terra e nemmeno dopo che ebbe bevuto tre lunghe sorsate di acqua gelida.
Si appoggiò al tavolino, dove il computer lo attendeva con lo schermo rialzato, pronto per l’uso.
Erano mesi che l’editore gli chiedeva di inserire una scena di sesso nel romanzo. Be', ora avrebbe avuto quel che voleva.
Lavorò per un paio d’ore e, quando ebbe finito, si alzò e si diresse alla finestra, sapendo che non sarebbe riuscito a dormire.
La sua camera d’albergo si affacciava proprio sulla spiaggia dove si recava ogni giorno, una cinquantina di metri più in basso.
La luna, allo zenit, la illuminava in pieno, tanto che la sabbia sembrava limatura d’argento e, in mezzo all’acqua nera, spiccava il rettangolo bianco della zattera da cui si tuffavano i bagnanti.
A Nicola parve di vedere una sagoma solitaria incedere languida lungo la rena. Si accorse che il sudore gli si era asciugato addosso e che aveva brividi in tutto il corpo.
«Sì, mi fermo un’altra settimana…. Sì il romanzo sta venendo dannatamente bene, è per quello che mi fermo… sai com’è, non voglio perdere l’ispirazione…. No, non ci saranno problemi, ormai andiamo verso la bassa stagione, l’albergo si sta svuotando… no, non serve che scendi… tua madre come sta? Ecco, appunto. La ripresa del lavoro com’è andata?... Eh, immagino, con questa crisi…I ragazzi sono in giardino? … no, non serve, da' loro un bacio da parte mia… sì, anch’io».
Nicola chiuse la comunicazione. Aveva le mani sudate e le asciugò sulla maglietta. Non c’era ragione di essere nervosi. Non aveva mentito a sua moglie. Non ci sarebbero stati problemi.
Quel giorno la ragazza non si limitò a passeggiare.
Si fermò sulla battigia, una dozzina di metri davanti a lui, voltandogli le spalle.
Se ne stette ferma a lungo, mentre Nicola immaginava come sarebbe stato fare scorrere le mani lungo i suoi fianchi, poi, con un unico, elegante tuffo, entrò in acqua.
Nuotava con bracciate lunghe ed efficienti, senza sollevare spruzzi. A intervalli regolari i piedi abbronzati spezzavano la superficie del mare. Sulla schiena i capelli biondi ondeggiavano fluidi come pagliuzze dorate trascinate al largo.
Raggiunse la zattera e vi si issò sopra, poi si stese a prendere il sole.
Nicola ne osservava la sagoma che oscillava al ritmo delle onde.
Ventilatore o non ventilatore, faceva troppo caldo per tenere la finestra chiusa.
Nicola si sdraiò sul letto, boccheggiando.
«È solo un’infatuazione, una fantasia» disse alla stanza vuota.
Rinunciò ad affacciarsi alla finestra, aperta sul mare e sul cielo in cui brillava la luna che, proprio quella notte, era diventata calante.
Si addormentò subito. Sapeva che cosa avrebbe sognato.
Non si svegliò neppure quando il cellulare iniziò a squillare.