Ipotesi scena emigranti italiani appena arrivati in America e sottoposti ad interrogatorio. Anni venti.
Luce al centro della scena – Attori sulla destra e sulla sinistra in penombra, in fila, vestiti poveramente con una valigia o borsa in mano. Avanzano lentamente e guardano in alto. Una voce da inquisitore li interrogherà in lingua inglese-americano.
Uomini dimessi e intimiditi, voce che fa le domande perentoria, incalzante minacciosa. Suoni e musica strani.
MONOLOGO
Non capisco, non capisco! Sono confuso, non so più nemmeno chi sono io e perché sono arrivato qua…Mi sento come se avessi una campana in testa…Mi sta spaccando il cervello…Se penso al campanile della chiesa madre del mio paese…Com’era bello quel suono!...Già mi manca…Quando c’è stata la tempesta nell’oceano ho pensato con gli altri che forse non ce l’avremmo fatta…Ma poi, dopo tre settimane di viaggio, finalmente, l’ho vista… l’ho vista! Allora mi sono voltato e l’ho gridato a tutti, L’AMERICA! L’AMERICA! E tutti quanti si sono messi a gridare come pazzi, a buttare in aria i cappelli …e adesso sono qua…in America. Questa terra, questa grande nazione dovrebbe darci una nuova vita…Mia moglie, i miei figli, spero che potranno raggiungermi…Ma non c’è niente di sicuro, se resto io, se mi fanno restare…
Ma io ho un mestiere nelle mani! Panebianco Giuseppe, mi chiamo. E io il pane faccio! Come mio nonno e mio padre, che mi ha imparato il mestiere… e ti pare che uno che fa il pane fa morire di fame la sua famiglia? Io sono un uomo sano, avete visto, malattie non ne tengo! Sono un grande lavoratore, posso fare tutti i mestieri, posso fare tutto, anche il muratore, se vi serve…
Adesso mi mancano le forze…Non so bene che mi chiedono…Vorrei rispondere ma non ci riesco…Parlano troppo veloce, troppo forte, è un tormento, vogliono farmi paura, vogliono farmi sbagliare per rimandarmi indietro…No, no, come faccio, come faccio?!