«Vuoi andare da lei? Lo sai che cosa ti... anzi, che cosa ci succede se si viene a sapere? Stai parlando di abbandonare il posto di guardia».
«Il villaggio è vicino. Se parto adesso, posso tornare un bel po’ prima del cambio. Lo hai detto anche tu: sono giovane, corro veloce».
«Non ti ho chiesto io di coprirmi le spalle se arrivo in ritardo. Sono vecchio, cammino piano, ma basta che mi svegli un po’ prima».
«Ti prego, rischiano di morire di fame. Il tempo di dar loro qualche soldo. Monete greche, giudee... ho pensato anche a questo».
«E che cosa succede se, intanto che sei là, ti viene voglia di spassartela un po’?».
Il giovane si irrigidì «Non accadrà».
Nel buio, Quinto non poteva vederlo bene in faccia, tuttavia comprese che Gaio Flavio diceva la verità: non avrebbe messo in pericolo la ragazza per soddisfare i propri ardori giovanili. Non lo avrebbe fatto perché tra lui e la giovane giudea c’era qualcosa, qualcosa che...(sopporta, cuore).
Argulus, percependo la tensione che si era creata tra i due uomini, si era destato e li osservava con occhi vigili, brillanti nell’oscurità.
«E va bene!» brontolò Quinto «vuol dire che sarà lui a fare la guardia al tuo posto. Dopotutto, nel cambio ci guadagno, ma tu cerca di essere molto, molto veloce. E ora fila, prima che cambi idea».
Gaio Flavio esitò un istante e si precipitò giù per il sentiero con l’impeto e la noncuranza della giovinezza.
Quinto Marcello attese che svanisse l’eco dei passi del giovane, poi levò la testa verso il cielo.
Aveva visto tanti cieli, al seguito delle legioni, e imparato a conoscerli, ma, ormai, ne aveva visti troppi.
Se fosse tornato a casa, non avrebbe riconosciuto quello sotto cui era nato. Sarebbe stato straniero, e straniera la terra.
Ricordava meglio il cielo d’Egitto, quando, appena ragazzo, era entrato, al seguito di Ottaviano, in Alessandria conquistata.
Aveva visto Cleopatra, allora, sebbene solo di sfuggita, ma quella semplice occhiata gli aveva fatto capire perché Cesare e Antonio se ne erano innamorati. E come avrebbe potuto resisterle lui, Quinto Marcello, semplice recluta di appena sedici anni?.
A volte si chiedeva se fosse quella la ragione della sua solitudine.
Perché per un solo, radioso, maledetto istante, come un incantesimo lanciato da un dio offeso, lui, un semplice soldato, aveva osato amare una regina, e quella regina era morta.
No, dall’Egitto non poteva venire nulla di buono. A parte Argulus, naturalmente.
Allungò una mano per carezzarlo e si accorse che, chissà da quanto – ma lui, Quinto, immerso com’era nei suoi pensieri, non s’era accorto – il cane ringhiava, puntando qualcosa nascosto nel buio, poco dopo la curva del sentiero.
Quinto tese l’orecchio e udì uno scalpiccio. Piedi e zoccoli. Procedevano lentamente, con cautela.
Imprecò, maledicendo rapidamente Gaio, Sara, e se stesso.
Zeloti, senz’altro. Un drappello che cercava di sfuggire all’esercito romano, o di tendergli un agguato.
Ma no...