Silenzio.
Comincia a piovere. Gli ascensori del palazzo di Via Diana prendono a salire e scendere.
Porte sbattute e fuggi fuggi generale di gente per accaparrarsi l’acqua che viene dal cielo.
Bacinelle, pentolini, vasi e vasetti, pronti per essere riempiti, stanno sparsi da giorni sul selciato dei marciapiedi, come candeline accese per una processione.
Mani sporche, ascelle sudate e bocche asciutte restano il più possibile ferme in attesa che la loro necessità di soddisfazione prenda forma in gocce salutari.
Un altro anno di siccitose passioni sta andandosene e anche in questi ultimi giorni di dicembre le teste sono abitate da pensieri o aspettative strettamente legati al concetto acqua.
Si è consumato il tempo della resurrezione e il poco, residuo, periodo della speranza non è sufficiente a mettere in moto la dinamo dell’azione.
I ragionamenti si inceppano, le lingue sproloquiano e le idee non si concretizzano da quando la pioggia si è presa il lusso di cadere come e quando le pare, per poco, accompagnata da pensieri ammalorati di rassegnazione.
Che a dicembre piova è quasi un miracolo ma i condomini sono da troppo all’asciutto per farsi domande sul clima.
II
La luce dei riflettori, quella di chi racconta, è puntata esclusivamente su questa fetta di popolazione, gli abitanti del palazzo di Via Diana, per consentire di seguire in modo chiaro lo svolgersi dei fatti e tentare di fornire un’idea, il più possibile vicina alla realtà, di quel che accade in questo riarso momento della città.
Intanto che gli accalcati si spintonano, urlano per strada e le nuvolacce si spremono per fornire un poco di sollievo ai disidrati, due abitatori sono rimasti nelle reciproche stanze e non partecipano alla raccolta.
Il bambino biondo del pian terreno e la signorina cinquantenne del quinto piano.
III
Sette anni di età e quattro di difficoltà, il bambino biondo si sta preparando per la rappresentazione delle sedici e quindici sul davanzale della finestra, intanto sta giocando a fare il capo indiano, con tanto di piume e copricapo.
Si limita a porre domande per mezzora, dalle sedici e quindici alle sedici e quarantacinque. Il piccolo, ad esempio, potrebbe chiedere “che lavoro sarebbe quello dell’arraffasibili o della spegnialbori? Quanti nasi può contenere un nasocomio?”
Cose così, giusto per parlare; unico scopo mantenere per trenta minuti al giorno le lingue allenate, dare un giro di manovella mettendo in moto cervelli e pensieri.
Anche oggi le domande si porranno, come previsto dal Regolamento di Condominio:
ogni giorno, alle ore sedici e quindici, il pargolo, dell’età di sette anni, nato il primo gennaio, si affaccerà al davanzale del piano terreno dello stabile e domanderà
le domande continueranno ad essere poste per trenta minuti
gli argomenti saranno scelti dal pargolo
unico tabù : nessuna domanda dovrà ricordare o avere attinenza con l’argomento acqua
il pargolo non potrà per nessuna ragione mancare all’appuntamento delle sedici e quindici, nemmeno in caso di pioggia; per tale motivo gli verrà garantita la riserva d’acqua necessaria per l’intero anno in cui occuperà la carica di arieggiatore di cervelli
ogni primo gennaio il pargolo avrà un successore, nato il primo gennaio, di sette anni di età e svolgerà il medesimo compito per l’intero anno
tutto quanto sopra si volgerà al femminile se a nascere il primo gennaio e a compiere sette anni sarà una bambina.
Ripeteva gli stessi movimenti ogni giorno alla stessa ora, per trenta minuti esatti.
Esercizi piuttosto semplici; in altri tempi non avrebbero destato il minimo interesse, ma la carenza di liquidi può provocare reazioni strambe anche negli organismi più forti e sani.
Il bambino aveva imparato il concetto; glielo ripeteva suo padre, morto da quattro anni.
IV
Scrivere non è propriamente la cosa più semplice di questo mondo, e la cinquantenne signorina del quinto piano, interno 37, si arrabattava imponendosi di digitare sul computer parole per almeno sette ore filate, ogni giorno, per tutti i giorni.
Tutto questo sforzo non aveva portato risultati eccezionali in produzione letteraria ma la donna aveva scoperto che, in paese, si tenevano gare di resistenza di battitura e che in caso di vincita del primo premio ci si procurava una riserva d’acqua garantita per settantasette settimane. Inoltre se si restava imbattuti per almeno sette volte, la riserva si assicurava sino a quando fosse venuto il momento di farne a meno, per sempre.
Si era persa così molti incontri e, vivendo soltanto per battere sulla tastiera del personal, la abbandonavano le emozioni più intense.
Quel giorno era riuscita a scrivere per otto ore e ottantatre secondi. Un vero record per lei.
Peccato che la pioggia fosse caduta tra la terza e la quinta ora, più sette minuti.
V
Quale fu il motivo che fece perdere l’appuntamento al bambino? Una ragione che, pur essendo compatibile con la sua condizione e la sua età, mai avrebbe dovuto né verificarsi, né succedere
durante quell’anno. Stava, infatti, giocando con gli indiani, piccole statuine tenute nascoste da un suo precedente obbligato, e, guardando troppo distrattamente la sveglia e l’ora, gli era sfuggito il momento.
L’arieggiatore di cervelli e l’aspirante scrittrice si erano fatti fregare.
Dal tempo.
Non era ammissibile, immaginabile, responsabile né, tanto meno, giustificabile.
VI
La città era una città. Non mancava di nulla. Triangolare la sua mappa, mentre altri centri abitati avevano forma quadrata o rettangolare; i confini netti, circondata da controllori. Si dimenticava migliaia di anni senza fette di salame sugli occhi e tradizioni.
Il fatto che gli abitanti fossero all’asciutto era dovuto al loro comportamento. Tutti, dal più piccolo treenne al più vecchio, anzi vecchia, di settantasette anni, si erano ribellati alla regola.
Chi poteva, possedeva una tuta e trasformava gli avanzi del corpo. Gli altri si aggiustavano, liberandosi all’aperto.
Il puzzo arrivava nelle case e, non c’era verso, quando il caldo incombeva, diventava più intenso. Avrebbero dovuto inventare qualcosa, ma era tardi per aggiungere altra angoscia al desiderio di lavarsi, cucinare e sopravvivere alla giornata che si presentava.
Non si poteva evadere né andare a trovare i parenti lontani; era vietato anche ridere. Chi non riusciva a stare serio, veniva punito con l’allontanamento dai propri oggetti.
Era difficilissimo lasciarsi trasportare, specialmente dalle passioni, e ognuno restava chiuso nella propria abitazione.
"Questi qua, non hanno mica paura – ripeteva uno di quelli di guardia – Niente li spaventa. Questi qua, non cercano neanche di scappare. Non c’è acqua? Amen. Le provviste nei negozi finiranno? Amen. Questi qua, stanno uniti. Una volta deciso….. In fondo hanno anche ragione! Non si poteva mica andare avanti a dire sempre di sì. Essere sempre d’accordo con le decisioni degli altri!"
Era venuta l'occasione.