Caro mio,
limpida come una lacrima sta passando un’altra giornata.
Lacrima che sfugge, scorre, scappa e non torna più indietro.
Lacrima che scende sulle gote e non ti va di nasconderla.
Acqua che attraversa montagne, contenuta in dighe, di corsa verso il mare. Silenziosa o assordante, concessa alla terra.
Come il tempo. Finalmente, riesco a vivere le ore come arrivano; funziono secondo il ritmo dell’orologio.
Il tempo va in una direzione. E non si sceglie.
Un viaggio, non noto, sopra un trasporto che conduce chissà dove. Viaggiatori portati senza meta a una destinazione sconosciuta, o meglio la località si sa, la stessa per ognuno, ma non si deve parlarne.
Quasi amico cordiale che ammicca e illude, il tempo, non sta dalla parte di nessuno.
Lo sento, come un rumore di fondo, normale, al quale mi sono abituata.
Questa gabbia, galera, in cui vivo è tutta opera mia: costruzione di sogni, di inevitabili progetti, di resistenza al cambiamento, di eliminazione della novità.
Resta questo tempo, inesorabile, che cerco di conquistare, ogni giorno, sperando stia, per una volta, dalla mia parte. Sono qui per farti un saluto sereno che ti faccia dimenticare, per poco, i tuoi pensieri.
Non è la mia benedizione che ti serve. Lo so. Ma nemmeno il mio male.
Stai facendo un errore, anzi più d’uno. Non sono i miei consigli che ti servono. Lo so.
Per questo te li risparmio.
Comunque volevo dirti che stai facendo un errore, anzi più d’uno.
Dove la trovi un’altra cretina come me, disposta a prenderti indietro, dopo quello che hai combinato? Quando quella ti avrà ben bene spremuto ti butterà nella spazzatura. E io sarò lì, a raccattarti.
Hai voluto una tua studentessa?
Tientela!
È una lettera corta rispetto alle altre scritte. Lo so.
Non ho più nulla da dire.
Sempre tua.
Tu sai chi.
p. s. Cosa c’è di peggio di una donna, innamorata, abbandonata? Niente. Non c’è niente.