Gli occhi chiusi, in piedi contro il muro, il fiato corto, devo ritrovare la calma.

Risvegliata dal sonno, ho udito dei rumori in casa, leggeri, quasi impercettibili.

Nel silenzio della mia camera sono rimasta in attesa, poi la certezza, in casa c’è qualcuno. Ralph non ha abbaiato e nemmeno percepisco la sua presenza.

Scivolata dal letto ho aperto il cassettone, ho infilato la mano sotto la biancheria, ho caricato i proiettili e ho tolto la sicura.

Ora sono dietro la porta e ascolto in silenzio i rumori sordi in casa mia. Il cuore va per conto suo e la mano che regge la pistola non trova pace.

Non pare possibile che stia succedendo qui, a me.

Mi allontano da dietro la porta, mi avvicino alla finestra all’angolo opposto, presto saranno qui.

Guardo il cellulare, è spento. Lo prendo in mano, ma appena si accenderà sentiranno la musica d’avvio e a quel punto non avrò il tempo di chiamare aiuto.

Sanno che ci sono e forse se ne andranno via convinti di non avermi svegliata e sarò grata loro per questo, ma non succederà. Stanno rovistando in tutta la casa, fra le mie cose, la mia vita è frugata dalle loro sudice mani, ma la camera da letto è un boccone ghiotto per i ladri. Sanno che vi sono nascoste le cose più preziose.

Metto il cellulare sotto il cuscino e lo accendo, pregando che la musica sia attutita, intanto controllo nuovamente che la sicura sia tolta.

Compongo il 112, ma subito sono messa in attesa. Dovrò parlare piano, speriamo capiscano. L’attesa continua, le linee sono intasate ed io sono qui con i mostri fuori dalla porta e senza alcuna difesa, tranne l’arma che ho in mano. Mai usata, a parte il corso di tiro fatto per gioco, dove il bersaglio è fatto di carta e dove il punteggio più alto ti fa vincere al massimo un caffè al bar.

Un fascio di luce passa sotto la porta, probabilmente una torcia, mentre sono ancora in attesa per parlare con un essere umano. Penso velocemente a chi potrei avvertire, ma ho il vuoto in testa, nessuno sarebbe così veloce da raggiungermi prima che quella porta si apra.

Non so chi mi troverò davanti, ma farà lo stesso. Uomini o donne, italiani o stranieri, non farà alcuna differenza. Una volta aperta quella porta, dovrò prendere una decisione comunque.

Penso ancora a Ralph, gli avranno fatto del male e per questo li odio e ancora li odio per essere entrati in casa mia, di notte, incuranti che io ci fossi. Li odio per quel che potrebbero farmi e per quello che mi stanno facendo provare. Li odio per avermi portato a questa scelta, terribile, ma nascosta dentro ogni essere umano, dettata dalla paura e dal bisogno di sopravvivere.

Poso il cellulare sul letto in attesa di una risposta che arriverà troppo tardi, per me e per loro. Sospiro profondamente, cerco di trovare fermezza.

Alzo il braccio sinistro, quello che tiene la pistola e con il destro lo sostengo, dritto, puntato verso la porta. Potrebbe entrare chiunque anche un ragazzino, ma sento che non avrò pietà, forse nemmeno per me stessa.

Il tremore è svanito, il cuore ha trovato un suo ritmo, respiro a bocca chiusa, provo uno strano senso di calma.

Non sospettano minimamente che io sia sveglia e forse era meglio se avessi continuato a dormire e mi avessero stordita con qualche sostanza.

Sono in vantaggio, non pensano certo di trovarmi qui, in piedi al centro della stanza, con una pistola puntata verso di loro.

Ecco la porta si apre, lentamente il fascio della torcia illumina la stanza e finalmente mi permette di vedere il nemico.

Il braccio è teso.

O me o te.

 

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