Nel villaggio erano rimasti, ormai, solo pochi abitanti. Nessuno veniva più da fuori per entrare a far parte della comunità, come una volta. Le famiglie si assottigliavano sempre di più, ogni anno i morti erano superiori alle nascite. Il paese stava morendo, fra non molto sarebbe diventato un villaggio fantasma. Il nucleo abitato si trovava ai margini della grande foresta, del grande buio che circondava come un invisibile recinto il villaggio lasciandolo isolato dal resto del mondo. Era collegato con l’esterno solo tramite un'unica strada sterrata dove si poteva circolare solo a cavallo o al massimo in carrozza. Gli abitanti, tutti contadini, erano rimasti sul posto dopo che il padrone di quelle terre era deceduto senza lasciare eredi. Il castello, che era stato la sua dimora, fu dato alle fiamme dal popolo. Troppe erano state le angherie subite, volevano distruggere tutto, per dimenticare. Con le sue macerie costruirono un muro di cinta, lungo tutto il perimetro del villaggio lasciando aperto solo un varco per entrare e uscire. Ogni anno era disboscata una parte di foresta ricavando spazio per coltivazioni utili e per aumentare il numero di case a favore della popolazione. Il muro fu reso necessario perché nella zona, stando alle leggende che circolavano in paese, specie nel bosco adiacente, viveva una strana creatura, gigantesca, a forma di mano, molto aggressiva e feroce. Gli abitanti pagavano un tributo di vittime e di sangue ogni anno, la notte d'Ognissanti. Il borgomastro aveva deciso da tempo, con l’appoggio dei notabili del paese, di emanare una legge: s'impediva, con decreto ministeriale, a tutti gli abitanti, di restare all’aperto in quella notte particolare. Tutti dovevano restare tappati in casa. Troppe vittime si erano dovute contare, il muro in pratica serviva a proteggere dall'intrusione di questa creatura malvagia che nessuno di loro aveva mai visto. Quelli che l’avevano incontrata non avevano potuto raccontare la loro esperienza. Alcuni furono trovati privi di vita dentro il villaggio. Negli altri casi erano semplicemente scomparsi. Nessuno seppe più nulla della loro sorte. I coloni, che abitavano in quella landa isolata, provenivano tutti dal vecchio continente da dove avevano portato antiche leggende, risalenti a secoli prima di Cristo. Il mito dei morti viventi esiste e, un giorno l’anno, la notte di Ognissanti tra il 31 ottobre e il primo giorno di novembre, si celebravano riti propiziatori per ingraziarsi i loro favori. Cercavano così di esorcizzare le paure ataviche che ancora resistevano nella comunità. Era la vigilia del fatidico giorno e il borgomastro girava per il paese per rincuorare tutti e assicurarsi che fossero al sicuro. Quella notte nessuno doveva uscire di casa, era un venerdì, c’era una luna piena e alta nel cielo. Segno di maggior presagio negativo non ci poteva essere. Fece in modo di predisporre, lungo il muro che chiudeva il villaggio, una sequenza di sentinelle armate e aumentò le lanterne, creando una vera barriera di luci. Il cerchio di lanterne accese, si snodava lungo i bastioni delle mura, un cerchio di fuochi che, in teoria, doveva proteggere gli abitanti, dalla furia della Grande Mano. Presero tutte le precauzioni, ma sapevano che niente poteva fermare quella creatura. Scese la sera e la luna brillava come un faro acceso nella notte. Dal limite del bosco si udivano strani fruscii, ululati, scricchiolii che facevano accapponare la pelle. Le donne erano terrorizzate. I bambini, impauriti, si rifugiavano fra le gonne delle mamme. Tutti corsero a rifugiarsi in casa, chi poteva scese in cantina e chiuse a chiavistello tutte le porte, sbarrando con assi quelle più esposte. Dalla foresta giunse il suono di una risata sinistra, echeggiò improvvisa nel silenzio di tomba in cui era piombato il villaggio. Le porte d’ingresso delle mura erano presidiate da uomini armati di fucile, forconi e coltellacci. Avevano a portata di mano anche delle bottiglie d'acqua benedetta. L’avevano portata dei nuovi arrivati, apparsi all’improvviso davanti le mura. Ognuno di loro era armato e tutti si unirono ai pochi superstiti coraggiosi del villaggio. Tra loro c’era anche il fabbro con il grande martello che usava nella fucina. Gli uomini nonostante la paura erano decisi a resistere per cercare di salvare i loro cari. Le prime ore della sera trascorsero senza particolari emozioni; solo una snervante attesa. I rumori dal bosco si andavano intensificando. Rumore di zoccoli, ululati, sbattiti di ali, fruscii di erba calpestata. La tensione saliva, ma nessun essere si era presentato nelle vicinanze del muro. Passarono alcune ore e la resistenza degli uomini iniziava a venir meno, qualcuno stanco si adagiò per terra per riposare, altri si appoggiarono al muro vicino ai falò accesi per illuminare la zona. Ci fu un rilassamento generale, le lanterne si spensero, poco dopo dormivano tutti. Il fuoco del falò si era spento. Improvvisamente, scendendo dall’alto, silenziosa una Grande Mano, alla guisa di un enorme uccello rapace, piombò sul villaggio e prese fra le dita i personaggi che erano di guardia alla porta di ingresso.
Il bambino tutto felice li strinse a sé e corse dalla madre. «Che belli! Grazie mamma per avermi comprato questi personaggi nuovi. Il villaggio è vecchio, ma è ancora molto bello e funzionante, queste nuove figure sembrano proprio vere, sono molto realistici, guarda le facce, sembrano tutti spaventati davvero.»
«Sono contenta che ti piaccia Eduardo, -rispose la mamma sorridendo--questa è la riproduzione fedele di un villaggio del diciassettesimo secolo, quando ancora si aveva paura della notte di Ognissanti. Oggi, voi bambini, siete privilegiati. Passate questa serata scherzando e ridendo, soprattutto mangiando. A quei tempi non era così, si viveva davvero nella paura. Ora vai, posa quei pupazzi, mettili al loro posto e vatti a preparare.»
Nel metterli a posto, il bambino strinse troppo forte uno dei pupazzetti e questi si spezzò. Evitò di metterlo al fianco degli altri e, pur se a malincuore, lo gettò via. Il mattino dopo, i coloni rimasti di guardia ai cancelli si svegliarono e impauriti si guardarono intorno. Il villaggio dormiva ancora. Sembrava non fosse successo niente, il silenzio era tornato a regnare. Gli uomini si destarono alla luce del sole. Tutte le paure si erano dileguate. Si guardarono in faccia per fare una specie di conta dei presenti. Si accorsero subito che uno di loro mancava. Era il fabbro con il suo grosso martello di ferro. Le creature della notte avevano avuto la loro vittima. Passata la notte, tutto era tornato alla normalità, si trattava di aspettare la notte di Halloween del prossimo anno. Stanotte nel villaggio di Smithville le cose sono rimaste immutate, uguali a secoli fa, la paura regna ancora sovrana.