Nell’antitesi dualistica di B. gioia e dolori, gli elementi dell’antitesi stessa, sono talmente equilibrati da costituire un'altra notevole caratteristica del suo genio. La grazia, la forza. Il sorriso; la danza; il pianto; non appaiono mai isolati, ma si richiamano a vicenda, si intrecciano e si sovrappongono, rivelando in B. l’istintivo timore di essere unilaterale, il proposito di non dar modo all’ascoltatore di abbandonarsi ad un dato sentimento dimenticando gli altri. La musica di Beethoven è una pura filosofia che va interpretata secondo la sua giusta angolazione, chi non è capace di approfondire tale discorso, di rendersi partecipe della vita del grande genio, chi nella vita non ha provato quelle, sia pur piccole contrarietà quotidiane, che tanto ci avviliscono ma che sono misera cosa di fronte al grande ignoto e di fronte ai grandi mali dell'umanità, non può e non potrà mai capire B. Ed è inutile che egli si sforzi, resterà sempre un sordo spirituale.
La musica di B. in special modo quella sinfonica, è un continuo appello all’affratellarsi, al comune mistero dell’elevazione.
Nessuno più di lui, dolorosamente, ha conquistato la propria umana dignità. Ne ha contrastato l’insano destino con maggior forza, pur d’adempiere alla propria missione. Il ribelle slancio verso l’alto, il selvaggio senso d’indipendenza, la regale, inflessibile fierezza, l`umilta` davanti all’opera, l’incrollabile fanatica volontà di perfezione; la grandezza morale e spirituale; la tragedia del viver suo; da tutto ciò spira maggior forza che da qualunque altra figura umana; cosi arricchito ne è il senso della vita cosi immediato l’esempio di ciò che sia vera missione artistica, che la musica di questo immortale genio è divenuta per noi un inno all’esistenza.
Basta pensare alla sopportazione del dolore più grande nella vita di B. per capire la sua grandezza e cioè: il giorno in cui c’erano le prove del Fidelio. Sordo non del tutto, volle dirigere personalmente le prove. Purtroppo per la sua sordità, l’orchestra suonava per fatti suoi e i cantanti altrettanto cantavano per fatti loro. Nessuno osava dire nulla. L’impresario, chiamò un amico di B. e gli chiese di dire al maestro di lasciare il posto ad un altro. Fu tale il dolore del maestro che rimase in casa per vari giorni senza toccare cibo. Ed anche questa contrarietà fu sopportata e poi superata con rassegnazione.
Fa tenerezza pensare al giorno in cui ci fu la prima rappresentazione della nona sinfonia e B. tra gli orchestrali era rivolto con le spalle al pubblico. Al termine dell’esecuzione tutto il pubblico era in delirio e gridava il suo nome, ma egli sordo, restava immobile al suo posto. Uno dell’orchestra gli si avvicinò, lo fece alzare e lo voltò verso il pubblico egli, vedendo quel pubblico che manifestava tutta la sua simpatia ed ammirazione non potè fare altro che piangere. Se prendiamo ad esempio B. tutto ci sembra nulla in confronto. B. è il propagatore di un verbo ; egli non ci insegna soltanto a comprendere le bellezze della natura, non si limita ad interpretare, per noi, le gioie del nostro amore e ad accrescere la capacità dei nostri sensi. Egli nobilita il nostro animo. Il conforto che egli versa nella nostra anima è indescrivibile. Se percorriamo un nuovo cammino se siamo travolti dall’ansia di sollevarci, di divenire migliori, egli è la che ci precede come la colonna di fuoco indicatrice. Egli era noi prima che noi fossimo, sarà noi dopo che noi saremo scomparsi, sempre presente, interprete eterno dei nostri effimeri palpiti, della nostra fede nell`umanità, della nostra speranza in opera di bene. L’armonia della sua musica prima ancora di essere musica è armonia spirituale e morale; prima di essere artistica è sacerdotale, prima di essere filosofica è rivelatrice.
B. ormai vecchio e malato non può che attendere la morte nella sua modesta dimora. Il letto è infestato da cimici. Nessuno più lo va a trovare, egli è solo. Gli aiuti invocati furono scarsi. Ma negli ultimi due giorni, due doni alleviarono le sue ansie. Il 24 marzo egli ricevette i sacramenti e firmò per il suo editore il suo ultimo quartetto n. 131. Mori il giorno 26 marzo. I funerali furono solenni. Otto musicisti reggevano i cordoni, tra di essi vi era Schubert, seguivano musicisti, scrittori, poeti. La partecipazione spontanea del popolo rese ancora più solenne i funerali, circa ventimila il numero delle persone.
Durante i funerali uno sconosciuto chiese ad una vecchietta chi fosse il defunto per il quale tutto quel popolo si era mosso. Essa rispose: “bisogna che sia di ben lontano, altrimenti saprebbe che è morto il generale dei musicanti”.
Quando il maestro stava per dare il suo addio al mondo terreno, e in quello istante infinitesimale, proferì quelle brevi parole: “ è la fine della commedia”, facendo capire che la vita non è che una farsa, una commedia tra le più bizzarre, un terribile temporale si abbattè sulla città, come a simboleggiare il grande e poetico temporale della sesta sinfonia. Cosi B. diede il suo addio al mondo terreno.
Alla sua morte, tutto il patrimonio della produzione fu venduto dal fratello avido di soldi senza che nessuno si prestasse a difendere quel patrimonio. Dopo tre mesi B. era completamente dimenticato da tutti.