Penso sia necessario qualcosa di ancora più forte, per curiosità ordino del Mescal, stranamente lo hanno, ne prendo una bottiglia intera e mi ci attacco, un sorso e un boccone, così riesco a mandar giù tutto il piatto. In fondo alla bottiglia vedo il verme che attende di essere masticato, non credo di riuscire a farlo, lascio la bottiglia sul tavolo con il suo ospite. Da lontano la femmina con i brufoli mi squadra con occhio attento, scommetto che d'avventori come me ne ha visti pochi. Lo sguardo si perde dietro fantasticherie che la sua mente sta elaborando, vorrei avere il mio fido jack Daniel’s, ma so che è inutile chiederlo, non ne hanno in questo buco in culo al mondo, dovrò accontentarmi di una bottiglia di tequila. Il Mescal si fa sentire, comincio a sudare, mi manca l’aria, è ora di andare. La sera è scesa improvvisa, ma non me la sento di chiedere una camera per la notte, ho quasi la certezza di essere divorato dalle pulci e dalle cimici prima del mattino. Pago il conto e con passo lento e misurato mi allontano. Non mi volto ma sento dietro di me, lo sguardo lascivo della donna che mi segue, riesco persino a sentire il suo flebile sospiro quando esco dalla porta. Al vecchio meticcio di servizio alle pompe, segnalo di fare il pieno. Annuisce sorridendo con una bocca resa nera per il tabacco masticato, l’unico dente rimasto spicca al centro dell’antro scuro e fetido. Pago ma non lascio mancia, voglio andar via subito.
Mi allontano il più possibile da quell'infernale baracca e, al primo accumulo di sassi, mi fermo, tiro fuori il sacco a pelo e mi preparo per la notte. Accendo un fuoco per fare luce e per tenere lontano eventuali silenziosi visitatori notturni. Dalle alture, o da chissà dove, giungono affievoliti ululati di coyote. Nel deserto la notte è molto fredda, il sacco a pelo mi protegge e dormo come un neonato nella culla. Il primo raggio di sole brilla sul motore della moto, mi ferisce gli occhi, spengo il fuoco coprendolo di sabbia, un sorso dalla fiaschetta per togliere dalla gola il sapore rancido del Chili e una sorsata di tequila per svegliarmi del tutto. Riparto seguendo sempre la striscia d'asfalto nero. Quell'estenuante dark line, si snoda senza fine all’orizzonte, niente impedisce la vista, né costruzioni, né ostacoli, solo la sua lunghezza è tale da non vederne mai la fine. Un orizzonte d’asfalto, un mare di luce accecante. Le gomme della moto gemono sulla superficie rovente della strada, ad ogni metro ci lasciano parte di sé stesse, spero solo di arrivare in tempo, prima del definitivo consumo. Altre quattro ore di marcia, ho la gola arsa e la tequila non aiuta a togliere la sete, il succo di cactus è finito da un pezzo, sono solo, non ho incrociato nessuno, nessun pazzo come me che in piena estate, sotto l’astro infuocato, sta percorrendo la storica Route 66. Un altro giorno sta per terminare, il sole è basso all’orizzonte. Le ombre sono lunghe, la mia e quella della mia moto somigliano a un enorme scorpione nero con le chele aperte pronto a colpire. Mi aspetta un’altra notte all’aperto, mi ci sto preparando mentalmente, quando nella penombra di un oscuro orizzonte un bagliore illumina il cielo, supero una duna e d’improvviso davanti a me in fondo alla valle un caleidoscopio di luci colorate, una enorme piovra con tante braccia colorate si presenta ai miei occhi. Eccola, la città degli angeli, la città insonne che non dorme mai, dove la vita sembra non abbia mai termine, il mio viaggio invece finisce là fra le sue braccia, se accelero forse questa sera, riuscirò a dormire in un letto vero dopo aver fatto un bagno e cenato. Dopo quindici ore di viaggio ne ho bisogno davvero, puzzo come una capra sudata. Ho le ossa del corpo accartocciate, i miei movimenti sono lenti e dolorosi. Il portiere dell’albergo mi guarda inorridito, mi allunga le chiavi con un gesto di ripulsa, abbozzando un mezzo sorriso, fosse per lui mi avrebbe cacciato a calci, tipi come me non sono graditi negli alberghi, rovinano la reputazione. Faccio in tempo a entrare in camera togliermi gli stivali e i guanti, nel togliermi il giubbotto casco sul letto e mi addormento. Sono arrivato a Los Angeles. Due giorni di tempo poi all’alba del domani un aereo mi riporterà a casa.