Due mondi diametralmente opposti: da una parte l’Europa con la sua storia, la cultura e il potere. Un insieme di nazioni unite nella ricerca di nuovi territori da conquistare e sfruttare, dall’altra un continente rimasto a lungo inesplorato, facile preda dei conquistatori dell’altra sponda. Un mondo dove era difficile vivere e dove il giovane Kaddour era nato, circa venti anni prima. La sua esistenza era segnata da un duro lavoro che gli impediva di godere delle bellezze della sua terra. Entrava nelle cucine di un albergo alle prime ore del mattino, per ripulire ciò che restava della prima colazione degli ospiti, puliva, poi lavava i piatti del pranzo e ancora puliva e lavava i piatti della cena. Usciva quando già la notte aveva acceso le sue luci. Kaddour era stanco di quella vita, sognava ben altro. Dalle storie che gli raccontavano, dalle immagini che vedeva in televisione stava prendendo forma, nella sua testa, un sogno che diventava ogni giorno sempre più assillante, ossessivo e impellente. Voleva farla finita con quella vita fatta di piatti sporchi e d'avanzi. Voleva godere di maggiore libertà, ricevere carezze di ragazze giovani come lui. Perché, si chiedeva! Non poter avere un’esistenza pari ai ragazzi dell’altra sponda! A chi gli rispondeva di trovarsi un altro lavoro, lui obiettava che non era facile trovarne di soddisfacenti. Le uniche possibilità erano mettersi al servizio degli allevatori di cammelli o andare fra coloro che coltivavano le palme da dattero, una delle prime risorse del paese. Le modeste condizioni della famiglia non gli avevano permesso di continuare gli studi, ma non era il lavoro il suo problema più grande. Lui sognava l’Europa e quello che rappresentava. Vedeva intorno a sé, un mondo diverso, cose che nel suo paese erano vietate, spesso sconosciute e molte volte desiderate. Il Marocco per quanto evoluto e teso verso il progresso, restava fedele alle tradizioni, alla religione. Secoli di storia avevano creato un ambiente dove era complicato muoversi senza incorrere nei molteplici divieti che la religione imponeva. Kaddour era fermamente deciso a partire verso quella costa che vedeva all’orizzonte, stava cercando di risparmiare i soldi necessari per ottenere un passaggio su uno di quei barconi che facevano la spola fra i due mondi. La madre aveva capito le sue intenzioni e cercava di dissuaderlo dal compiere un gesto irrazionale.
«Ti rendi conto - gli diceva la madre – di cosa vuoi fare, non c’è motivo che tu parta, sarai un estraneo, non parli la loro lingua, sarai emarginato e non ti offriranno certo un lavoro migliore, starai peggio di qua. Posso capire che il tuo lavoro non ti piaccia, possiamo trovarne altro, sei a casa nella tua terra, non c’è niente che ti minacci. Perché vuoi andare, quelli che vedi andare via, scappano da qualcosa di veramente terribile, dalle guerre, dalla fame, per fortuna qui non c’è niente di tutto questo, hai una vita serena e tranquilla.»
«Troppo tranquilla, madre, io sono giovane e vorrei avere una vita che valga la pena vivere, sono pronto a soffrire. Il lavoro non potrà essere più duro di quello che faccio adesso. Io voglio essere libero di poter fare quello che desidero, tu li vedi in televisione i giovani dall’altra parte, vanno a scuola, studiano, vivono in case moderne, si riuniscono fra loro, si divertono, frequentano le ragazze e, soprattutto, gli anziani non intervengono sui loro comportamenti, non sono legati alla religione come noi.»
« cosa dici figlio, non riconosci il nostro credo! Tu sei musulmano e la tua religione è questa, loro sono degli infedeli, non prendono sul serio niente, nemmeno il loro Dio.»
«Lo so madre, la nostra religione però è troppo rigida, è ferma da secoli, non si è mossa di un passo verso l’era moderna. Riesce difficile, quando il lavoro non te lo permette, mettersi a pregare alle ore stabilite e nel modo tradizionale. Gli imam perché non possono apportare un minimo di cambiamento, quel tanto che basta per adeguarsi ai tempi. Non siamo più nel periodo che c’era solo il deserto con i cammelli e le palme, anche da noi la modernità è arrivata, e noi ci portiamo dietro ancora il tappetino per la preghiera, se preghiamo in piedi non è lo stesso?»
« Zitto sciagurato, non bestemmiare in mia presenza, come osi parlare in questa maniera, se tuo padre lo venisse a sapere, sarebbe capace anche di ucciderti lo sai vero? Non ti è permesso parlare così.»
«Cosa ti dicevo, “non ti è permesso” è per questo che voglio andar via, non posso restare a vivere in un mondo che non condivido, che è lontano da me e dalle mie aspettative. Aiutami a raccogliere i soldi necessari, appena possibile partirò.»
La madre tacque, non disse altro, capì che il figlio era ormai perso. Era convinto delle sue idee e non si poteva recuperare nemmeno con le minacce, era meglio che partisse. Il padre non avrebbe accettato una sola parola di quanto aveva detto, era capace davvero di ucciderlo, non si poteva mettere in discussione la religione.
Aiutato dai risparmi della madre e dalla sua complicità, due settimane dopo il giovane Kaddour era su una spiaggia libica, aspettando il barcone che doveva portarlo verso il continente. Con lui c’erano centinaia di altre persone che, nel buio della notte, attendevano trepidanti il momento del distacco.
Erano al terzo giorno di navigazione nel Mediterraneo. La barca era sovraccarica, molti soffrivano il mal di mare. La puzza stava diventando insopportabile, vomito ed escrementi riempivano lo scafo. Qualcuno, all’improvviso, gridò di aver visto all’orizzonte una macchia scura, la terra era vicina! L’eccitazione fece risollevare gli animi dei profughi. Kaddour stava abbastanza bene, era giovane e il mare non gli dava fastidio. L’avvistamento gli aveva risollevato l’animo; fra non molto avrebbe messo piede sulla sua terra promessa. D’improvviso, si profilò la sagoma di un'imbarcazione militare, stavano per essere intercettati e, pensò, questo avrebbe facilitato le cose. Le donne e i bambini presenti sarebbero saliti a bordo lasciando gli altri più liberi. Non appena la nave militare accostò il barcone, tutti si riversarono su quel lato, per chiedere acqua e per salire a bordo. Fu l’onda di ritorno della scia che fece urtare i due natanti. La barca con i profughi ondeggiò, s’inclinò in modo impressionante, coloro che erano rivolti verso la nave caddero in mare trascinando gli altri nella caduta. Una volta in acqua nel tentativo di risalire fecero capovolgere il gommone che si ribaltò ricadendo su di loro, sommergendoli e impedendo una qualsiasi risalita. I marinai riuscirono a tirar su qualche decina di persone, ma tutti gli altri ormai erano stati inghiottiti dalle acque. Kaddour, mentre il suo corpo scendeva lento nel buio degli abissi, lanciò un ultimo sguardo verso l’alto con la mano tesa verso il suo sogno, confuso nella luce tremolante della superficie che diventava sempre più debole, sempre più lontana.